Il silenzio della nuova giunta di Ostia sulle recenti operazioni di polizia è
inquietante, soprattutto perché accompagnato da una impropria logorrea quando
si parla invece di interventi pubblici. Nessuna cautela. Tutti hanno ora
necessità di far vedere che l'emergenza è superata e che è ora di 'fare'. E sul
'fare' sono tutti d’accordo, ma nessuno che si degni, almeno per senso di responsabilità,
di parlare di legalità e sicurezza. Mentre a Fiumicino si mette all’ordine del
giorno l’“anti mafia”, ad Ostia si parla degli F35. Nessuna richiesta di
costituirsi parte civile nei processi contro le attività criminose di stampo
mafioso afferenti il nostro territorio. Nessuna richiesta di strumenti
amministrativi per rafforzare la trasparenza, la legalità e il controllo delle
procedure di appalto, di lavori, servizi e forniture. Nessuna richiesta di
coinvolgimento delle realtà civiche al fine di promuovere la partecipazione a
garanzia della legalità e della vita democratica locale.
Anzi, riparte la solita manifrina propagandistica per regalare illusioni ai cittadini sul
raddoppio del Ponte della Scafa, questa volta definendolo "low cost", che poi “low” non è e l’iter
non è affatto a buon punto, come dichiara invece Andrea Tassone.
L'Assessore Comunale alla Trasformazione Urbana, Giovanni
Caudo, cancella il processo partecipativo sul Waterfront (di cui però fa parte anche l’ampliamento del
Porto di Roma). Quello municipale, Giacomina Di Salvo, vuole tavoli tecnici
universitari per rimanere nelle quattro mura sicure della “casa accademica”. Il Presidente del Municipio X,
Andrea Tassone, dichiara di non voler utilizzare la parola internazionale “waterfront”,
però (a sproposito) "low cost" sì. Insomma, una sorta di damnatio memoriae
il
cui principale obiettivo non è cancellare i cinque anni di Alemanno,
bensì fingere che i cinque anni siano trascorsi con un nulla di fatto,
quando invece per la prima volta
si è riusciti a costruire nel Municipio X un tavolo (il Tavolo
Partecipato sul
Waterfront di Roma Capitale) intorno al quale tutte le forze civiche del
territorio (imprenditoriali, sindacali, professionali e cittadine) sono
in
grado di discutere con elevata competenza della riqualificazione del
Lungomare
e hanno già fatto ciò che auspica il Vice Presidente del Municipio X,
Sandro
Lorenzatti, sempre assente come tutti gli altri, ad eccezione
dell’Assessore
ai LL.PP. del Municipio X, Antonio Caliendo.
Ad interessarsi del Tavolo è invece l’Assessore comunale Caudo. La nuova giunta, nel vuoto
pneumatico di idee proprie ed originali, dopo il fallimento per loro stessa
ammissione delle politiche urbanistiche per il Litorale dal 1993 ad oggi, riesuma
il 'Progetto Litorale' addirittura di 30 anni fa (forse per pubblicizzare il
libro del capogruppo del PD in Campidoglio Francesco D’Ausilio), come se il
resto del mondo fosse rimasto immobile. Ripropone il solito refrain dei privati
illuminati e architetti più o meno famosi e il sacrificio delle aree demaniali
dentro il processo di trasformazione urbana. E come se non bastasse aprono il
confronto con i balneari e con le forze imprenditoriali del territorio,
compreso il Porto di Roma, scosso dalla bufera delle recenti indagini
giudiziarie, esattamente come ha fatto il centro-destra.
La politica ancora una volta si dimostra vecchia e miope e in barba al
regolamento di partecipazione del Comune di Roma non dialoga con le realtà
civiche tutte, ma discute con i soliti noti di progetti ammuffiti nei cassetti.
Primo tra tutti, appunto, quell'inutile 'Progetto Litorale' che già dal 1981
imponeva il Porto ad Ostia (il settore diportistico da anni è in forte
crisi), l'arretramento del lungomare e un maxi campeggio dentro Castelfusano
(oltre 600 milioni di allora per realizzarlo).
Come diceva Gaber in una famosa canzone, qualcuno era comunista. Forse varrebbe
proprio la pena riascoltarla.
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