Esiste una precisa volontà politica, di natura trasversale
(PD, PdL, Lega), non di vendere le spiagge, ma di condonare le pertinenze
demaniali marittime delle concessioni rilasciate agli stabilimenti balneari. Per
pertinenza demaniale marittima si intende un'opera inamovibile o di difficile
rimozione esistente sul demanio marittimo e tali opere possono appartenere, nel
regime giuridico vigente, anche a privati. Questo è il corretto approccio per
comprendere cosa si nasconde dietro gli emendamenti proposti da tutti i
partiti, in tema di spiagge, nel disegno di legge di Stabilità 2014.
Si tratta di un condono edilizio e fiscale mascherato nel tentativo da parte del Governo di recuperare quei miliardi di euro persi negli ultimi 30 anni a causa dei mancati o sottostimati proventi derivanti dalle concessioni demaniali marittime. Si vendono le aree dove insistono gli stabilimenti balneari (intesi in senso 'fisico'), sinora in concessione, per 'contribuire' al risanamento dei conti pubblici, offrendo agli attuali concessionari il diritto di prelazione all'acquisto. Il ‘capolavoro’, in questo senso, lo fa il PdL che ha proposto addirittura di utilizzare l'eventuale ricavato di questo condono mascherato per finanziare un fondo per l’erogazione di mutui a favore degli stessi titolari di stabilimenti balneari che intendono procedere alla ristrutturazione dei propri immobili. In pratica lo Stato vende quella parte delle spiagge occupata dalle pertinenze demaniali marittime e i soldi che incassa li rende disponibili per gli imprenditori balneari che intendono investire nella ristrutturazione delle pertinenze stesse.
Si tratta di un condono edilizio e fiscale mascherato nel tentativo da parte del Governo di recuperare quei miliardi di euro persi negli ultimi 30 anni a causa dei mancati o sottostimati proventi derivanti dalle concessioni demaniali marittime. Si vendono le aree dove insistono gli stabilimenti balneari (intesi in senso 'fisico'), sinora in concessione, per 'contribuire' al risanamento dei conti pubblici, offrendo agli attuali concessionari il diritto di prelazione all'acquisto. Il ‘capolavoro’, in questo senso, lo fa il PdL che ha proposto addirittura di utilizzare l'eventuale ricavato di questo condono mascherato per finanziare un fondo per l’erogazione di mutui a favore degli stessi titolari di stabilimenti balneari che intendono procedere alla ristrutturazione dei propri immobili. In pratica lo Stato vende quella parte delle spiagge occupata dalle pertinenze demaniali marittime e i soldi che incassa li rende disponibili per gli imprenditori balneari che intendono investire nella ristrutturazione delle pertinenze stesse.
Questo obiettivo comune di PD, PdL e Lega nasce dall'annoso
problema della gestione del demanio marittimo, argomento complesso e ormai
compromesso a causa delle modalità discrezionali di rilascio delle concessioni
delle aree demaniali, nonché della selvaggia realizzazione delle pertinenze
demaniali marittime concessa dai Comuni.
Lo scontro politico di questi giorni dunque non è quello
della “vendita delle spiagge”. Gli stabilimenti balneari infatti si sono trasformati
in vere e proprie ‘imprese turistiche’ dai tempi del Governo Amato in poi
(Legge 29 marzo 2001, n. 135, art.7, c.1) nel silenzio generale. La conseguenza
è che sulle spiagge è stato edificato di tutto: bar, ristoranti, negozi,
piscine, campi da gioco (tennis, calcio, volley, etc.), anche locali per
attività professionali. Strutture spesso abusive che non verranno mai
abbattute, neppure all'eventuale scadenza della concessione che prevede il
ripristino dei luoghi. Si tratta, come nel caso evidente del Litorale romano,
di pertinenze demaniali marittime che hanno ormai finito per compromettere non
solo la natura del demanio marittimo dal punto di vista 'del suolo', ma anche
dal punto di vista funzionale, non essendo più accessorie alla 'balneazione' ma
al 'turismo balneare'.
Tutto è iniziato con il decreto legislativo del 31 marzo
1998, n. 112 (art.105), in cui venivano conferite alle Regioni e agli Enti
Locali le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del Demanio
Marittimo. I Comuni invece, grazie alla subdelega delle Regioni, sono divenuti
i soggetti che applicano i parametri e i criteri per la riscossione del credito
verso i concessionari, fermo restando il principio che l'unico creditore rimane
lo Stato (il che è ovvio, trattandosi di demanio statale) e che in caso di
mancato pagamento provvederà lo Stato attraverso l’Agenzia del Demanio alla
procedura di riscossione coattiva.
Il risultato è che oggi vengono applicati canoni concessori molto bassi
(di media, poco più di 1 euro a mq), che generalmente vengono pagati dal
singolo concessionario, ma canoni pertinenziali quasi sempre evasi per erronee
valutazioni e successivi contenziosi tra Comuni e Agenzia del Demanio. Poiché
il creditore (l'Agenzia del Demanio) entra in contenzioso con l'esattore del
credito (il Comune) di solito il Tribunale ordinario, competente in materia,
sospende il pagamento da parte del concessionario fino a quando l’Agenzia del
Demanio e il Comune non allineano i propri dati e chiedono un canone a prezzo
di mercato. Nel disegno di legge di Stabilità 2014 non si parla dunque di nuova cementificazione delle spiagge, ma si sta tentando in modo trasversale di articolare un vero e proprio condono edilizio e fiscale delle esistenti pertinenze demaniali marittime, avendo la certezza che non verranno mai demolite, qualora gli emendamenti non venissero approvati. Di fatto queste strutture sono già private, perché contemplate nel meccanismo attuale del rinnovo automatico della concessione, e pertanto si tratta di passare da uno stato 'de facto' a uno 'de jure'.
A rimetterci, da sempre, lo Stato, cioè i cittadini.