domenica 31 ottobre 2010
martedì 26 ottobre 2010
Malagò e i suoi fratelli - 1a puntata
Non sappiamo se Malagò abbia fratelli carnali (e non ci interessa), di certo sappiamo che ne ha molti ‘acquisiti’, e di questi vogliamo parlare.
Ben due delibere della Giunta del Comune di Roma (la 196 del 30 giugno 2010 e la 290 del 22 settembre 2010) vengono partorite per salvare l'Aquaniene di Giovanni Malagò, esattamente dopo un anno dai Mondiali di Nuoto Roma 2009. Due delibere fatte alla ‘meno peggio’ (per essere gentili) che occultano quella del Consiglio Comunale nr.85 del 21 maggio 2007, l'unica che doveva regolamentare l'approvazione del piano delle opere e degli interventi previsti per lo svolgimento dei Mondiali di Nuoto Roma '09. Nella delibera n°85 infatti si subordinava l'autorizzazione degli interventi proposti da soggetti pubblici o privati alla sottoscrizione di atto d'obbligo di ultimazione dei lavori, collaudo degli stessi e omologazione da parte della Federazione Italiana Nuoto, entro il 31 marzo 2009. In altre parole, gli impianti dovevano essere pronti almeno 3 mesi prima del Grande Evento, fissato per il 18 luglio 2009. Che senso avrebbe avuto infatti fare delle piscine per i Mondiali a gare iniziate ? In fondo con 4 anni di anticipo e l'impiego della Protezione Civile, dotata di poteri e fondi straordinari, il problema delle lungaggini burocratiche avrebbe dovuto essere risolto. Invece non è stato così. Giovanni Malagò (ma non solo lui) ha potuto fare per l’Aquaniene come meglio gli è parso, grazie alla benevola compiacenza del Sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Le date parlano chiaro: il collaudo statico è stato depositato il 4 agosto 2009, cioè ben 5 mesi dopo, mentre il collaudo tecnico-amministrativo è addirittura del 24 febbraio 2010, cioè un anno dopo ! Ora, se, come sostiene il Comune di Roma, l'Aquaniene è un impianto pubblico, questi due episodi sono ancora più gravi perché i collaudi prevedono l'esame, le verifiche e le prove necessarie ad accertare la rispondenza tecnica delle opere eseguite alle prescrizioni del progetto e del contratto e delle eventuali perizie di variante approvate prima dell’impiego della struttura per i Mondiali di Nuoto, che però si sono tenuti a Luglio 2009.
Sempre studiando le carte, risulta anche che i progetti dell'Aquaniene sono pervenuti con fortissimo ritardo al Comune di Roma: il progetto di realizzazione, ad esempio, il 12 aprile 2010; il progetto architettonico esecutivo il 4 maggio 2010; il progetto architettonico definitivo il 10 maggio 2010, tanto che il provvedimento di validazione del progetto è stato firmato dal Dipartimento Tutela Ambiente e del Verde – Promozione dello Sport il 4 giugno 2010, giusto in tempo per fare la prima delibera salva-Aquaniene del 30 giugno 2010. Quindi dopo i Mondiali di Nuoto !
A peggiorare le cose, le dichiarazioni dell'avvocato Carlo Longari, legale di Giovanni Malagò, che ha dichiarato che il certificato di agibilità dell'Aquaniene è stato protocollato il 28 dicembre 2009 dal Comune di Roma. Lui stesso ricorda come il d.P.R. 380 del 2001 (Testo Unico per l'Edilizia) stabilisca che, decorsi 60 giorni, si forma il silenzio-assenso, ma dimentica che la richiesta deve essere presentata, in carta bollata, al Sindaco entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori. Ciò vuole dire che i lavori dell'Aquaniene sono terminati almeno il 14 dicembre 2009, cioè 8 mesi dopo quanto previsto dalla Delibera nr.85 !
Vale la pena ricordare, a chi lo ignora, che il rilascio del certificato serve ad attestare che sono state rispettate tutte le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto disposto dalla normativa vigente.
Insomma, sempre secondo la delibera n°85, all'Aquaniene dovrebbe essere ritirata la concessione, soprattutto ora che Alemanno lo ha dichiarato impianto pubblico. Tutte queste irregolarità, se le avesse compiute un semplice cittadino, avrebbero comportato l'immediato sequestro del cantiere, invece Giovanni Malagò ci ha costruito dentro pure un ristorante, dove Giovedì 21 ottobre alle 19:30 si è svolta una 'bicchierata' per il dissequestro dell'impianto. Chissà se c'erano Letta ed Alemanno.
Cronologia:
31 marzo 2009 - consegna impianti
04 agosto 2009 - collaudo statico
14 dicembre 2009 - fine lavori
28 dicembre 2009 - protocollo certificato di agibilità
24 febbraio 2010 - collaudo tecnico-amministrativo
12 aprile 2010 - progetto di realizzazione
04 maggio 2010 - progetto architettonico esecutivo
10 maggio 2010 - progetto architettonico definitivo
04 giugno 2010 - validazione del progetto da parte del Comune
30 giugno 2010 - prima delibera salva-Aquaniene
sabato 23 ottobre 2010
PD XIII: il Partito (del) Dissequestro
Incredibile ma vero. Si è deciso infatti oggi in aula Massimo di Somma di fare i lavori in danno al proprietario e reperire i fondi necessari da un bilancio al limite della sopravvivenza.
La storia di questa vicenda parte nel 2007. Un privato inizia i lavori di realizzazione di un parcheggio senza permesso di costruzione. Il cantiere viene sequestrato, ma nel frattempo il terrapieno cede e poco dopo anche la strada, che dunque viene chiusa al traffico pesante (AMA e linea ATAC 013). I cartelli vengono rimossi, ma i mezzi di cantiere continuano a passare fino a che, nel 2009, c'è un nuovo cedimento. La Polizia Municipale chiude questa volta la strada con barriere new jersey. A luglio 2010 la strada viene riaperta e al proprietario intimato di metterla in sicurezza e di ripristinare lo stato dei luoghi, ma tutto questo verrà disatteso.
Dunque, oggi, 21 ottobre 2010, accade l'imponderabile. Incapace a far rispettare la legge, il XIII Municipio si accorda trasversalmente sul dissequestro del cantiere al fine di eseguire i lavori a sue spese, senza un progetto esecutivo e una certezza dei tempi di ultimazione dei lavori, dato che si va incontro al cattivo tempo. I soldi ? Si brancola nel buio.
E come se non bastasse l'odierno Consiglio Municipale (prot.93141 del 15 ottobre 2010) è stato convocato in via ordinaria ed in seduta pubblica per l'esame degli argomenti iscritti all'ordine dei lavori n.33 e cioè:
Risposta all'interrogazione del Cons. Paletta (Gruppo Misto - UDC) prot. 89073/2010 relativa a "Problematiche assegnatari spiagge", che riceve, inspiegabilmente, risposta orale ma non scritta; Approvazione dei verbali delle sedute di Consiglio del 26 agosto, 27 agosto, 2 settembre, 9 settembre, 24 settembre, 30 settembre, 1 ottobre, pratica ormai costante nel XIII Municipio; Atti eventualmente non esaminati nella seduta del 14 ottobre 2010, tanto per non cambiare; Mozione presentata dai Conss. Orneli, Tassone, Caliendo, Spanò, Bergamini, Sesa, Paltoni, Belmonte (tutti del PD) e Ricci (Gruppo Misto - Verdi) relativa a "Problematiche del quartiere Nuova Ostia", ma di quest’ultimo argomento il nulla assoluto, sebbene fosse stata la ragione della richiesta di un Consiglio straordinario deil 2 settembre 2010 (andato fallito per mancanza del numero legale) e sebbene 3 giorni fa sia andato in onda, su un emittente televisiva locale, la dichiarazione che il circolo del PD di Nuova Ostia avrebbe raccolto 800 firme, ma in aula, tra i cittadini, degli 800 nemmeno l'ombra.
All’ "Hospital Day", più volte citato dal consigliere del PDL, Tommaso D’Annibale, che l’inglese lo mastica come un “ciungam”, bisognerebbe portarci anche i consiglieri del PD per un tagliando sui principi e le regole di una democrazia.
Porto di Roma: dopo Gianni e Pinotto, Gianni Pinocchio.
La Giunta capitolina afferma che ha per ora approvato solo una delibera che prevede il "Progetto dell'ampliamento del Porto di Roma".
La società ‘Porto Turistico srl’, che viene indicata dal Comune come l’attuale gestore del porto e come colei che si occuperà della sua riqualificazione, ha dichiarato di voler donare 1.000.000 di euro per il restauro di Tor San Michele (in totale, ne servono 2 di milioni, secondo quanto dichiara sempre il Comune).
Salta però subito all’occhio che il titolare della concessione dell'area è la "Attività Turistiche Imprenditoriali srl" (in breve "A.T.I. srl", con sede legale in Via Capo Palinuro 10/12), la cui attività è la costruzione e gestione del Porto Turistico di Ostia. A meno che l'ampliamento sia inteso come un nuovo porto, cosa c’entra dunque la 'Porto Turistico srl' (con sede in Largo del Porto di Roma, 5) ? Per altro, l'attività di quest'ultima non risulta essere stata dichiarata all'ufficio del Registro delle Imprese, mentre l'archivio anagrafico dell'Agenzia delle Entrate recita: "altre attività connesse ai trasporti per via d'acqua".
La 'Porto Turistico srl' dunque non gestisce il porto, contrariamente a quanto dichiara il Comune di Roma, né può realizzarne un ampliamento, per cui la domanda sorge spontanea: di che cosa si occupa ? Probabilmente di filantropia e mecenatismo: dona infatti 1 milione di euro al Comune. Ma per fare cosa, visto che Tor San Michele non solo non è del Comune di Roma, ma ricade addirittura su area demaniale ?
Alemanno ha una predilezione per le bugie soprattutto in tema demaniale: sono mesi infatti che sostiene che l'Idroscalo di Ostia sia diventato del Comune di Roma e quindi, sempre secondo il Sindaco, anche Tor San Michele. Niente di più falso. Le tappe del federalismo demaniale, incluso in quello fiscale, prevedono che, solo il 21 marzo 2011, un apposito Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiarerà l’assegnazione dei beni demaniali agli enti territoriali che, entro il 21 gennaio 2011, avranno presentato una richiesta motivata di attribuzione all’Agenzia del Demanio. Ad oggi c'è solo la delibera nr.100 della Giunta Comunale dell’8 Aprile 2009, un semplice Protocollo d’Intesa tra l’Agenzia del Demanio e il Comune di Roma nella quale è inclusa la “porzione di area e fabbricati censiti a patrimonio dello Stato con scheda RMB0886 denominata Aeridroscalo di Ostia, sita in Ostia (RM) alla via degli Atlantici". Nulla di più.
Cosa lega dunque il Porto di Ostia a Tor San Michele ? Perché un ampliamento del porto dovrebbe favorire il restauro di un monumento del Demanio ? Tralasciando la boutade della filantropia e del mecenatismo, a cui non crede nessuno, va sottolineato che dietro a tutta questa operazione ci sono i fortissimi interessi dei cantieri navali e il loro ampliamento ai danni dell'abitato dell'Idroscalo di Ostia, terreni su cui il Comune non avrà competenza, almeno fino al 2013.
Sono anni che le amministrazioni, di centro-destra così come di centro-sinistra, vogliono abbattere tutto l'abitato dell'Idroscalo, raddoppiare i cantieri navali esistenti, fare un misero parco fluviale e creare un edificio-faro alla punta dell'Idroscalo, con tanto di ristorante e molto altro. Un piatto ricco e appetibile per molti, anche per gli ambientalisti, visto che l'attuale area della LIPU verrà ingrandita. Solo che c’è un ostacolo ed è quello del Demanio. Infatti, affinché i terreni possano passare al Comune di Roma, devono essere presentati progetti concreti per quelle aree (disponibilità economica, fruibilità pubblica, sostenibilità ambientale, etc.).
Ed è proprio qui che si inserisce il Porto di Ostia: progettato malissimo, tant’è che si insabbia l'ingresso, presenta un progetto per un nuovo braccio a mare al fine di raddoppiare i posti barca e competere con il nuovo e vicinissimo Porto di Fiumicino.
Uno scambio dunque fra le parti: il porto eroga finanziamenti al Comune per il suo progetto e il Comune rende il favore deliberandone l'ampliamento, così i cantieri navali potranno ampliarsi.
Cosa accadrà è tutto da vedere, anche perché l’iter prevede almeno una ventina di autorizzazioni e nulla osta di altri Enti. Non va dimenticato per altro che l'area del porto è ancora a rischio idrogeologico R4 (rischio massimo) per la mancanza di un argine mai costruito e che il Porto di Ostia non ha mai ottemperato ai suoi doveri previsti nella concessione: la caserma della Guardia di Finanza, dileguatasi nelle nebbie, e tutta la viabilità pubblica esterna, retrostante il porto, da via dell'Idroscalo a via Carlo Avegno, che, contrariamente a quanto previsto, sarà pagata con i soldi pubblici presi dalle casse del Comune di Roma.
In attesa della prossima bugia di Gianni Pinocchio, rivediamoci "gli allegri naviganti".
lunedì 18 ottobre 2010
Evento: Idroscalo di Ostia (1975-2010), non solo Pasolini
Storie di demolizioni da Veltroni ad Alemanno. 25 milioni per ‘allagare’ l’Idroscalo di Ostia, 10 milioni per abbatterlo. Si raddoppiano i cantieri navali (che inquinano il Tevere) mentre il Comune di Roma millanta la proprietà dell’Idroscalo, che invece è del Demanio. Progetti ideati da Veltroni che Alemanno esegue con illegittimi sgomberi come quello del 23 febbraio u.s. Questi i principali risultati dell’incontro che ha proposto la trasformazione dell’Idroscalo in Idroburgo.
Ieri, lunedì 18 ottobre 2010, presso il Centro “Affabulazione”, si è tenuto l’evento “Idroscalo di Ostia, non solo Pasolini”. A 35 anni dalla morte di P.P. Pasolini e a 8 mesi dal fallito sgombero di Alemanno, l’Idroscalo di Ostia ha voluto tornare a far parlare di sé, ma in una veste nuova, sfatando i luoghi comuni che lo circondano.
Se sulla morte del poeta e grande intellettuale ancora esistono dubbi, la certezza è che il corpo fu trovato ben più vicino ad Ostia che all’Idroscalo. L’immagine di questa area come luogo di degrado, abusivismo, irregolarità è stata utilizzata sia da Veltroni (la mente) sia da Alemanno (il braccio) ed è servita, nel corso di questi anni, per sostenere la ‘delocalizzazione’ di tutta la comunità che vive da 50 anni alla foce del Tevere. Pretestuosa anche la valutazione del rischio idrogeologico dell’area. E’ stata, infatti, l’Autorità di Bacino del fiume Tevere ad affermare che, per salvare Fiumicino dalla piena di riferimento (quella devastante, ricorrente ogni 200 anni) si debba costruire un manufatto ripartitore a Capo due Rami (progetto TE19), deviando tutta l’acqua del Tevere sul ramo di Fiumara Grande, liberando così il canale di Fiumicino. La stessa Autorità non si è però mai curata di dragare il fiume, di regolare le aree di esondazione a nord di Castel Giubileo, di realizzare casse di espansione e nuove dighe oltre quella di Corbara, affidandosi invece alle ‘traverse’ di Alviano, Ponte Felice, Nazzano e Castel Giubileo, puri e semplici sbarramenti. Il progetto del ripartitore di Capo due Rami (costo previsto: 25 milioni di euro) è fermo dal 2003, mentre è andata avanti la politica dello sgombero di tutto l’Idroscalo di Ostia da parte dei Sindaci di Roma che si sono susseguiti dal 2001. Nessuno però parla del fatto che dal 1983 è stato adottato il Piano di Zona A7 “Idroscalo”, ma che ancora si cercano i terreni; nessuno parla del raddoppio dei cantieri navali, che inquinano il Tevere; nessuno parla del fatto che sarà costruito (per un importo di 5,7 milioni di euro) un edificio faro presso la foce del Tevere, all’interno del quale sono previsti un ristorante e un albergo, così come nessuno parla dei 5 milioni di euro per la creazione di un parco intorno al faro, nell’area demaniale (mai passata al Comune di Roma), che Alemanno ha invaso il 23 febbraio 2010 con una finta ordinanza di protezione civile. Nessuno che si sia domandato fin’ora perché siano previsti investimenti per centinaia di milioni di euro per un’area ‘a rischio idrogeologico’.
Gli affari del porto e dei cantieri navali, che sono come gli abitati dei residenti ugualmente a rischio per colpa di un argine mai realizzato all’interno del Programma di Riqualificazione Urbana di Ostia Nuova, non possono condizionare il futuro di oltre 500 famiglie.
La storia ci insegna che l’antica città di Ostia visse per secoli nelle stesse condizioni e che, per evitare le inondazioni a Roma, si aprì (non si chiuse, come vuole fare l’Autorità di Bacino) la Fossa Traiana, oggi Canale di Fiumicino. Così come ci insegnano paesi come l’Olanda che i progetti di “floating cities” (città galleggianti, in aree soggette ad allagamento) sono ormai la realtà presente e futura con cui confrontarsi.
Gli abitanti dell’Idroscalo non corrono altri rischi se non quelli generati dalla speculazione su queste terre.
Da Idroscalo a “Idroburgo”, dal vecchio concetto di inquinare il Tevere, attraverso l’ampliamento dei cantieri navali, a quello innovativo di ‘pianificazione didattica’, un percorso con il quale coinvolgere i residenti nel progetto di costruzione del loro insediamento pensandolo come un quartiere ecologico. I soldi ci sono, basta saperli spendere bene e non perdere l’occasione per esportare un nuovo modello di politica urbana, che veda al centro la socializzazione della rendita, affinché la trasformazione di un territorio non rappresenti una mera occasione di valorizzazione immobiliare.