sabato 24 settembre 2016

OLIMPIADI ROMA: RICATTI E MENZOGNE DI RENZI-MALAGO'



L'ignobile ricatto al Comune di Roma fatto in questi giorni da Giovanni Malagò, Presidente del CONI, a seguito del ritiro della candidatura della Capitale dai Giochi Olimpici del 2024, non ha alcun fondamento giuridico o amministrativo. Malagò non può invocare alcun 'danno erariale' alla giunta Raggi. Infatti ad oggi, esiste solo la Mozione di Assemblea Capitolina del 25 giugno 2015 con la quale si impegnava il Sindaco Marino a proporre la candidatura olimpica di Roma e mai tale mozione è stata seguita dalla necessaria deliberazione con cui tale impegno doveva essere formalizzato a livello amministrativo. Perché gli organi dell’informazione non lo dicono? Malagò ha minacciato di agire contro il Comune di Roma per presunto 'danno erariale', in quanto il ritiro della candidatura comporterebbe una, inesistente, interruzione della "continuità amministrativa". Il 'danno' sarebbe, sempre secondo il CONI, di circa 20 milioni di euro, quasi 700 mila euro imputabili a ogni singolo consigliere capitolino del M5S. Invitiamo dunque Malagò, il PD e la stampa, in particolare La Repubblica, di informarsi sul significato di Mozione di Assemblea Capitolina, così come descritto anche nel "Regolamento del Consiglio Comunale" di Roma:

Articolo 109 (Contenuto, forma e discussione delle mozioni)

1. La mozione è un atto di indirizzo deliberato dal Consiglio Comunale per impegnare il Sindaco e la Giunta al compimento di atti o all’adozione di iniziative di propria competenza


Quindi, la 'mozione' non è un atto giuridico né tantomeno amministrativo, ma un atto di indirizzo politico che ha il solo fine di promuovere un dibattito su una specifica questione per poi fornire alla Giunta o al Sindaco orientamenti su come trattare la questione stessa. Nel caso specifico della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, nulla di più di un testo sottoposto al voto dell'Assemblea Capitolina teso ad indirizzare la politica del Comune (rappresentata dal Sindaco e dalla sua Giunta) sulla questione Olimpiadi.
Dopo la 'mozione' per la candidatura sarebbe stata necessaria una deliberazione che impegnasse e vincolasse il Sindaco Marino e la sua Giunta ad adempiere al contenuto riportato nella deliberazione stessa, perché una Deliberazione di Assemblea Capitolina rappresenta un atto giuridico e amministrativo attraverso il quale l'Assemblea adotta le proprie decisioni che hanno la precisa natura di 'regolamento'.

E’ curioso rilevare che sotto l'ex Sindaco Gianni Alemanno, l'iter seguito fu il seguente (corretto da un punto di vista sia politico sia amministrativo)
21 gennaio 2010 - ordine del giorno n.21 che, approvato all’unanimità dall'Assemblea Capitolina, impegna il Sindaco a presentare al CONI la candidatura di Roma ad ospitare i XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020;
18 maggio 2010 - il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
08 giugno 2011 - il Direttore del Dipartimento Sport esprime parere favorevole circa la regolarità tecnica della deliberazione in oggetto;
12 luglio 2011 - il Ragioniere Generale esprime parere favorevole circa la regolarità contabile della deliberazione in oggetto;
14 luglio 2011 - con deliberazione n.54 dell'Assemblea Capitolina approva con 51 voti favorevoli, 2 contrari e l’astensione dei Consiglieri Rossin e Storace, la "Autorizzazione alla candidatura della città di Roma ai XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020 e costituzione del relativo Comitato Promotore".

Monti ‘bocciò’ la candidatura alle Olimpiadi 2020. Con l’arrivo di Ignazio Marino e Matteo Renzi, le cose andarono diversamente:  

15 dicembre 2014 - Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annuncia che Roma si candiderà alle Olimpiadi del 2024 e che Giovanni Malagò, presidente del CONI, assumerò la guida del Comitato Promotore anche se tale dichiarazione non ha mai rappresentato un impegno formale per il Comitato Olimpico Internazionale (CIO);
25 giugno 2015 - L'Assemblea Capitolina approva la mozione per impegnare il Sindaco e la Giunta alla candidatura di Roma 2024;
02 luglio 2015 - il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
15 settembre 2015 - Roma presenta la sua candidatura ai giochi olimpici nella cosiddetta "prima fase";
17 febbraio 2016 - consegna al CIO della fase 1 del dossier;
Fino ad oggi dunque c’è stata solo una manovra politica del Governo Renzi, nata per far dimenticare anche le vicende di Mafia Capitale. Non a caso, mentre si votava la mozione, Francesco D'Ausilio si dimetteva da capogruppo capitolino del PD e veniva partorito un dossier ricco di imbarazzanti affermazioni. Ne riportiamo alcune:

1)      "La vera forza della candidatura italiana è disporre del 70% degli impianti sportivi" (tra questi, due 'chicche': il Marco Simone Golf & Country Club e i padiglioni della Fiera di Roma per sport indoor);
2)      "Le Olimpiadi consentiranno di realizzare, potenziare e mettere a sistema opere che cambieranno la mobilità a Roma. La “cura del  ferro” sarà il cuore degli interventi infrastrutturali previsti" (tra cui, ovviamente, il potenziamento della Roma-Lido!)
3)      "I costi operativi sono pari a circa 3,2 miliardi e riguardano organizzazione, sicurezza, anti-doping, gestione eventi e impianti temporanei, e saranno interamente coperti dal CIO, dalle sponsorizzazioni, da “marketing”, “merchandising” e proventi della biglietteria. I costi di investimento (2,1 miliardi) riguardano il Villaggio Olimpico, i centri Media, gli impianti sportivi permanenti, gli impianti di allenamento e saranno a carico dello Stato e non delle singole amministrazioni comunali"

In pratica, un insieme di interventi urbanistici (p.es. il Villaggio Olimpico) e infrastrutturali (p.es., il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette), che spaziano dal rifacimento e/o adeguamento degli impianti sportivi fino alla mobilità, pagati dal CIO (1,7 miliardi di euro), dai privati (1,5 miliardi di euro) ma soprattutto dalla pubblica amministrazione (2,1 miliardi di euro). Tutto questo senza che il CONI abbia concordato con il Comune di Roma (città ospitante per volontà di Matteo Renzi), almeno i seguenti punti:
- lo Statuto del Comitato Promotore, per condividere e concertare obiettivi e finalità dell'evento (ma anche la composizione dell'organico)
- un organo di controllo per sovraintendere insieme l’impatto dell’evento sulla città in termini di vivibilità urbana, opere pubbliche e assetto urbanistico, nonché la ricaduta dei progetti anche oltre l’evento olimpico e paraolimpico per il potenziamento dell’impiantistica sportiva e dello sport di base;
- strumenti amministrativi per coordinare le iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’evento olimpico e paraolimpico, stimolando la partecipazione della cittadinanza anche in termini di idee e progetti.

Nulla di tutto questo è stato fatto dal trittico Renzi-Malagò-Marino eppure oggi strillano ad un presunto “danno erariale” compiuto dalla giunta Raggi, senza avere in mano alcun strumento giuridico a supporto e senza aver mai ottemperato all’obbligo di giustificare la spesa di quasi 20 milioni di euro da parte del Comitato Promotore in 18 mesi di attività.

paula de jesus per LabUr- Laboratorio di Urbanistica

venerdì 2 settembre 2016

IL LITORALE ROMANO FRONTIERA DI LEGALITA’



La recente determinazione dirigenziale con cui il Municipio X ha dichiarato la decadenza dalla titolarità della Concessione Demaniale Marittima dello stabilimento balneare MED (ex art.47 del codice della navigazione) desta, a livello urbanistico, elementi di preoccupazione. Da quanto è dato sapere, tra le diverse contestazioni di carattere amministrativo ed edilizio sollevate si sostiene anche che i manufatti realizzati in quell’area, dunque su Demanio Marittimo, non sarebbero conformi alle grandezze edilizie previste dal Nuovo Piano Regolatore Generale (NPRG) del Comune di Roma. Senza scendere nei dettagli, vale la pena ricordare che le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del NPRG, secondo la Delibera di approvazione del Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008, individuano il Demanio Marittimo come zona di “Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” (cfr. Elaborato 3a Stralcio della pianificazione vigente: Piano Regolatore Generale: sistemi e regole, normato dall’art. 85 delle NTA). Inoltre, tra le funzioni ammesse in tale area, le uniche destinazioni possibili sono quelle di verde pubblico ed in particolare di “aree per il gioco dei ragazzi e dei bambini e per il tempo libero degli adulti: eventualmente attrezzati con chioschi, punti di ristoro, servizi igienici” (comma 1, lettera d). A tale destinazione corrispondono (comma 2) determinati parametri e grandezze urbanistico-ecologiche, che si riassumono (per la realizzazione di tali servizi di livello locale) in un indice di edificabilità pari a 0,05 mq/mq. Ciò vuol dire che sui 1.700 mq di concessione del MED sarebbero edificabili solo 85 mq.
Ora, secondo l’elenco delle Concessioni Demaniali Marittime ricadenti nel territorio del Municipio Roma X (pubblicato il 4 gennaio 2016 ed aggiornato recentemente, il 3 agosto 2016) il MED avrebbe 125 mq di opere di facile rimozione (chioschi, cabine, rimessa attrezzi, etc), dunque 40 mq in più. Tale eccedenza esisteva già nella determinazione dirigenziale n.846 del 24 marzo 2014, con cui la concessione dello stabilimento balneare MED è stata dichiarata valida fino al 31 dicembre 2020. Allora cosa è cambiato da quella data ad oggi da determinare la decadenza della concessione? Questa è la domanda che una corretta amministrazione pubblica dovrebbe porsi. In altre parole, per il principio della continuità amministrativa, la prima indagine dovrebbe svolgersi all’interno dei propri uffici per verificare la regolarità della proroga della concessione fino al 2020, avvenuta sotto l’amministrazione di Andrea Tassone, PD, arrestato per Mafia Capitale il 4 giugno 2015. Nulla di questo è stato fatto e la determinazione dirigenziale 846/2014 dal 29 agosto 2016 continua a valere per tutti ad eccezione che per il MED, ledendo un principio fondamentale della legalità e cioè l’applicabilità delle norme e dei regolamenti per tutti e non solo per alcuni.
Questa dislessia amministrativa nella gestione di un bene pubblico, come quello demaniale, pone due questioni: l’interesse pubblico della fascia demaniale e l’attuazione prossima ventura del PUA, cioè del Piano Urbanistico degli Arenili.
Secondo gli studi del Comune di Roma, risulta che su tutto il Litorale romano esiste una capacità insediativa residua che ammonta a ben 17.086,03 mq di SUL (la Superficie Utile Lorda è, in urbanistica, “la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati” comprensive di tutti gli elementi quali, p.es., scale, portici, etc.). Dunque ancora molto è edificabile ed è per questo che occorre disciplinare la fascia demaniale marittima ai fini del rilascio e della regolamentazione delle concessioni. L’obiettivo generale dovrebbe essere il miglioramento dei servizi alla balneazione nel rispetto dei vincoli ambientali e paesistici, cioè in altre parole, riconoscere un interesse pubblico, un interesse collettivo, da tradurre non solo nel diritto di accesso al mare ma, in forma più estesa, nel diritto di fruire del mare e dell’arenile. Potervi accedere, ma non usufruirne non ha alcun senso. Un cattivo esempio, sotto gli occhi di tutti, sono i servizi negati quest’anno sulle spiagge di Castelporziano e di Capocotta, oggetto di un discutibile comportamento amministrativo che ha demolito senza ricostruire, per cui il cittadino trova arenili senza bagnini di salvataggio e relative postazioni, senza servizi igienici, senza presidi sanitari e aree d’ombra assenti o inadeguate, senza alcuna regolamentazione di accesso ai mezzi di trasporto pubblici e privati. Dunque, gli arenili sono stati di fatto sacrificati per una discutibile applicazione della legalità e non si comprende (o forse sì) a favore di chi. Certamente non dei cittadini.
In questo confuso contesto si è inserita la nuova Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche”, di cui recentemente è stato pubblicato anche il Regolamento attuativo. Vale la pena ricordare che da alcuni anni gli stabilimenti balneari sono a tutti gli effetti imprese turistiche e dunque deve esserne ampliato il periodo di apertura delle attività, promuovendo la destagionalizzazione dell’offerta turistica e “lo svolgimento di attività collaterali alla balneazione” mediante utilizzo delle “strutture di facile rimozione utilizzate per finalità turistiche e ricreative, eventualmente presenti sull’area demaniale marittima assentita in concessione“. Una rivoluzione, che dovrà passare per ogni Assemblea Comunale di tutti i comuni marittimi del Lazio, compresa Roma Capitale e dunque Ostia.
Quello a cui si assiste in questi mesi va nella direzione opposta. Ostia, commissariata per mafia per “salvare Roma Capitale dal Commissariamento”, senza alcuna pianificazione territoriale che faccia riferimento ai punti sopra citati, si è caratterizzata durante questa stagione balneare per la spasmodica ricerca delle irregolarità amministrative od edilizie all’interno delle singole concessioni marittime, decontestualizzate da un inquadramento urbanistico che invece doveva avere come riferimento ‘alto’ il raggiungimento dell’interesse pubblico del mare tramite anche l’utilizzo della nuova legge regionale.
Si assiste dunque a inutili (e costose) prove di forza tra amministrazione e concessionari, finalizzate a rimuovere poche decine di mq, demonizzando un’intera categoria, che divengono così gli unici colpevoli, senza ‘indagare’ l’operato degli amministrativi che hanno firmato le precedenti autorizzazioni e senza alcun rispetto verso gli interessi del Cittadino, primus inter pares.
Il mare non è frontiera per l’esibizione del machismo della legalità.
Paula de Jesus per LabUr