Nella demolizione delle strutture preesistenti di via Predoi all’Infernetto si vede chiaramente l’uso di mezzi meccanici non idonei
alla rimozione del tetto in eternit, più correttamente chiamato “fibrocemento“. La copertura viene
demolita senza curarsi dello spargimento delle fibre di amianto. Neppure si è
presa alcuna precauzione, almeno da quanto emerge da foto e filmati in nostro
possesso, riguardo le polveri contenenti amianto che potevano essere presenti
sul solaio o nei punti di ancoraggio delle lastre di eternit con cui erano
realizzati i tetti.
Il cantiere, e comunque tutta la zona dei lavori (che comprende la prima parte di via Predoi dove esistono altre abitazioni), per quanto piccola, doveva essere segnalata e l’accesso ad essa interdetto a chi non autorizzato. Gli stessi operatori che hanno eseguito i lavori, dovevano essere protetti da particolari indumenti e altri accessori, per evitare il contatto del corpo con le fibre di amianto e soprattutto per impedirne la respirazione. Nulla di tutto ciò. La polvere derivante dalla demolizione selvaggia è andata a ridosso delle case e gli operatori stazionavano nei pressi senza alcuna protezione. Lo dimostrano le foto.
Il cantiere, e comunque tutta la zona dei lavori (che comprende la prima parte di via Predoi dove esistono altre abitazioni), per quanto piccola, doveva essere segnalata e l’accesso ad essa interdetto a chi non autorizzato. Gli stessi operatori che hanno eseguito i lavori, dovevano essere protetti da particolari indumenti e altri accessori, per evitare il contatto del corpo con le fibre di amianto e soprattutto per impedirne la respirazione. Nulla di tutto ciò. La polvere derivante dalla demolizione selvaggia è andata a ridosso delle case e gli operatori stazionavano nei pressi senza alcuna protezione. Lo dimostrano le foto.
La Legge è chiara ed è normativa nazionale, specializzata
regione per regione. E’ l’articolo 12 al comma 5 della Legge 257/92 e
l’articolo 12 del DPR dell’8 agosto 1994 a dettare le disposizioni generali che
sono poi recepite e integrate da ogni singola regione attraverso proprie leggi
regionali. Se è vero che a livello nazionale non esiste l’obbligo di
segnalazione per l’eternit verso le strutture sanitarie preposte, è anche vero
che esiste a disposizione degli operatori un algoritmo per la valutazione dello
stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto (algoritmo chiamato
AMLETO) che anche al proprietario più sprovveduto di un’area (dove è presente
eternit) suggerisce come valutare il rischio. Di solito le attività di
segnalazione, accertamento, messa in sicurezza e smaltimento vengono affidate
ad apposite ditte specializzate il cui elenco è pubblico (nel Lazio ce ne sono
112).
In Via Predoi all’Infernetto sembra invece esser stato fatto un ‘fai-da-te‘ sicuramente più economico rispetto ai costi di mercato, ma anche pericolosissimo per le limitrofe abitazioni.
In Via Predoi all’Infernetto sembra invece esser stato fatto un ‘fai-da-te‘ sicuramente più economico rispetto ai costi di mercato, ma anche pericolosissimo per le limitrofe abitazioni.
L’urbanistica non è edilizia e tantomeno la verifica dei
controlli che le Autorità preposte dovrebbero eseguire sui posti di lavoro, ma
riteniamo che a questo caso si debba rivolgere una particolare attenzione
perché non è possibile che nel 2016 semplici operazioni di smaltimento eternit
debbano essere condotte in un quartiere residenziale con modalità da Terzo
Mondo.
Le lastre di eternit, prima di qualsiasi manipolazione,
dovevano essere incapsulate con appositi prodotti applicati da pistole a
spruzzo al fine di realizzare una patina di rivestimento per evitare che le
fibre di amianto si liberassero nell’aria. Poichè i prodotti incapsulanti
richiedono un determinato tempo per l’asciugatura, particolare attenzione
doveva essere data alla rimozione delle lastre di eternit, affinchè
l’operazione di incapsulamento potesse ripetersi per coprire le nuove parti
così venute alla luce. Solo dopo aver verificato che i prodotti incapsulanti
fossero asciutti, le lastre potevano essere smontate, svitandone i supporti,
senza però mai usare martelli o altri strumenti meccanici col fine di rompere
le stesse. Questo perché sui bordi di rottura le fibre di amianto possono
facilmente liberarsi nell’aria.
Dalle sequenze fotografiche in nostro possesso anche
queste operazioni non sono state condotte a dovere. Ora qualcuno dovrà dare
qualche spiegazione, se non il proprietario almeno la ditta che ha eseguito le
operazioni e l’eventuale (se c’è stato) smaltimento in apposita discarica
autorizzata. I lavori sono stati eseguiti giovedì 29 settembre 2016 e “si sono protratti per l’intera giornata, anche
negli spazi temporali dedicati al silenzio“. Anche questo senza
alcun controllo?
paula de jesus
per LabUr