lunedì 19 luglio 2021
OSTIA, “CONTRATTO DI FIUME”: INGERENZA DEL MUNICIPIO X
In
data 8 giugno 2021 con Pro. CO/76935 da parte di Francesco Vitolo (M5S) che
presiede la Commissione Ambiente Territorio e Sicurezza viene redatta una
proposta di risoluzione per lo Sviluppo di parchi di affaccio sul Tevere per i
quartieri in riva idraulica del tratto di pertinenza del Municipio X con l’obiettivo “di dare mandato alla Presidente
e alla Giunta del Municipio X affinché attivi la segreteria tecnica del
Contratto di Fiume Tevere Castel Giubileo – Foce sulle progettualità necessarie
per realizzare aree di affaccio in riva sinistra idraulica del Tevere ricadenti
nel Municipio X individuando opportune aree nei seguenti siti: Idroscalo, Ostia
Antica, Bagnoletto/Dragone, Dragoncello, Casaletto di Giano …” e si aggiunge
che “si risolve di evidenziare che le aree di Ostia Antica e Casaletto di Giano
… siano le prime su cui sviluppare le predette progettualità” attraverso “soluzioni
tecniche che comprendano l’utilizzo dell’argine stipulando accordi e/o servitù
con l’attuale concessionario”. Nel documento, davvero imbarazzante sotto il
profilo tecnico/giuridico/amministrativo, si parla addirittura di “libera fruizione della continuità
spondale, degli argini e delle golene”, di “fruibilità sostenibile”, di
fantomatiche “analisi condotte”. Il
M5S del Municipio X, nel disperato tentativo di mantenere una promessa
elettorale fuori tempo massimo, tenta di forzare la realizzazione del sentiero
cicloturistico sull’argine del Tevere in sponda sinistra che per fortuna ha
smesso almeno di essere chiamato nei documenti ufficiali “Sentiero Pasolini” e
di cui LabUr ha ampiamente parlato evidenziandone tutte le criticità, le
illegittimità e illegalità (LINK 1 LINK
2 LINK
3 LINK
4 LINK
5). Dopo aver dato ampia dimostrazione in 5 anni di non conoscere la
materia demaniale, dopo aver illuso il proprio elettorato cavalcando slogan
privi di fondamento giuridico (confondendo il demanio fluviale con quello
marittimo), dopo che gli organi preposti al controllo gli hanno ribadito in
tutti i consessi che avevano imboccato una strada cieca, dopo aver tentato
senza fortuna di infilare questo sedicente progetto in qualunque tavolo anche
quelli ‘amici’, dopo che la Polizia Municipale è stata inviata anche dal
Prefetto per comprendere il motivo di deliranti affermazioni da parte
dell’Amministrazione municipale, tentano il piano variante Delta in campagna
elettorale. Con la scusa di aver aderito al Contratto di Fiume Tevere Castel
Giubileo-Foce (CFT) attraverso una mozione in cui si motivava la scelta con “intende garantire l’accessibilità e la
fruizione del fiume”, l’Amministrazione pentastellata del Municipio X, nella
totale assenza di pubblicità e trasparenza che ha contraddistinto il suo
operato, chiama dei “tavoli tecnici” per operare di fatto pressioni illecite.
Nell’ultimo tavolo tecnico, tenutosi settimana scorsa (che non è pubblico e
pubblicato), l’Ing. Giorgio Pineschi (Vigilanza e Bacini Idrografici Regione
Lazio) ha testualmente ribadito: “Noi
siamo l’Ufficio preposto alla Vigilanza e Rispetto delle Regole, che sono
quelle del Diritto del Codice Civile e Penale ,che parte dalle concessioni, e
non possiamo avvallare illeciti. Siamo chiamati in ambito idraulico al rispetto
delle regole. Abbiamo fatto diverse denunce, non contro ignoti ma contro noti,
cioè l’associazione che si è resa responsabile di illeciti sull’argine in
sponda sinistra del fiume Tevere. Abbiamo demolito infrastrutture pericolose,
perché la priorità è la sicurezza dei ciclisti e di chi percorre queste aree.
Per noi il rispetto delle regole, come funzionari pubblici, è la prima cosa. Il
Sentiero Pasolini, o come lo volete chiamare, NON esiste. Se mai esisterà
questo percorso dovrà partire dal rispetto delle regole. Questa è la strada
maestra. Le regole sono chiare: ci sono cose che si possono fare e cose che non
si possono fare”. Ricordiamo all’Amministrazione pentastellata del
Municipio X, in particolare all’Assessore Alessandro Ieva e al Presidente della
Commissione Ambiente Francesco Vitolo, che il Contratto di Fiume Castel
Giubileo – Foce non è stato ratificato e comunque non è il luogo preposto per
fare campagna elettorale. Ricordiamo loro che si tratta di uno strumento di
programmazione negoziata e non di imposizione politica da parte di un partito.
Che ogni soggetto partecipante al tavolo vale quanto gli altri (uno vale uno,
in questo caso sì) e non può portare avanti questioni ideologiche contrarie a
leggi, norme e regolamenti. Ricordiamo loro anche che l’Art. 68 bis Codice
dell’ambiente ( D.Lgs. 152/2006) è molto chiaro: “i contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione
degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e
sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica
e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse
idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla
salvaguardia dal rischio idraulico”. Quindi non perseguono finalità
ludiche, non sono il gingillo del potentato di turno. I CdF devono dare vita a
processi partecipativi aperti e inclusivi, con condivisione di intenti, di
impegni e di responsabilità tra i soggetti aderenti, pubblici e privati, che
hanno come obiettivo primario la tutela dell’ambiente, la prevenzione dei danni
ambientali, la corretta gestione delle risorse idriche, la salvaguardia del
rischio idraulico e la valorizzazione dei territori fluviali che evidentemente
i grillini scambiano per un lunapark. I soggetti che aderiscono al contratto di
fiume hanno tutti lo stesso peso e voce in capitolo. I soggetti aderenti al CdF
definiscono un Programma d’Azione (PA) condiviso tra tutti i firmatari e si
impegnano ad attuarlo attraverso la sottoscrizione di un accordo che, lo
ribadiamo, NON è stato ratificato. L’obiettivo del CdF è quello di ottenere un
livello di protezione ambientale elevato grazie al raggiungimento di risultati
mirati e all’introduzione di nuove formule idonee a dare attuazione, ma mai in
contrasto con leggi, norme e regolamenti nazionali e sovranazionali. Non ci può
essere alcun rendimento economico senza la sostenibilità ambientale e l’utilità
pubblica, secondo i principi di sussidiarietà orizzontale e verticale. I CdF
hanno l’obiettivo di stimolare la progettualità territoriale dal basso, non
dall’alto, attraverso il raggiungimento dell’“equilibrio delle tre E”: Ecologia, Equità, Economia, partendo da
un’analisi delle criticità del bacino e del territorio interessato. In
particolare, l’alto rischio idraulico, la compromissione della qualità delle
acque superficiali, il degrado ambientale del fiume e dei territori
circostanti. E’ uno strumento dunque di soft law, l’approdo di un lungo iter di
studi e comparazioni, che serve alle Regioni per chiedere finanziamenti al
Ministero. In un sistema di governance multilivello i Contratti di fiume si
configurano come processi continui di negoziazione tra le Pubbliche
Amministrazioni e i soggetti privati coinvolti a diversi livelli territoriali e
si sostanziano in accordi multisettoriali e multiscalari caratterizzati dalla
volontarietà e dalla flessibilità tipiche di tali processi decisionali. I CdF
contribuiscono al perseguimento degli obiettivi propri delle normative in
materia ambientale, in particolare in riferimento al raggiungimento del “buono
stato” di qualità dei corpi idrici previsto dalle direttive dell’U.E. in
materia. Qualunque progetto presentato da un CdF, non da un soggetto del CdF,
deve dunque, come ha ribadito fino alla nausea l’Autorità di Vigilanza e Bacini
Idrografici della Regione Lazio rispondere alla leggi ed essere preceduto
dall’analisi sulla fattibilità finanziaria ed economica, cosa mai avvenuta nel
fantomatico Sentiero Pasolini (ora trasformato in affacci sul Tevere spacciati
per opera di pubblica utilità, manifestazione evidente di ignoranza
amministrativa). E tra le analisi preliminari ci sono quelle dei portatori di
interesse e le reti esistenti tra gli stessi. Per questa ragione si parla di “processi partecipativi aperti ed inclusivi“,
proprio perché si cerca di raggiungere una “piena condivisione di intenti”,
cosa anche questa mai avvenuta. Solo al termine di questa attività
preparatoria, si procede alla conclusione del CdF vero e proprio, cioè
quell’atto di impegno vincolante che formalizza le decisioni condivise nel
processo partecipativo, definendo gli impegni specifici di ciascun contraente e
tutte le fasi del procedimento devono essere improntate ad alti standard di
trasparenza. Una parola fuori dai radar di questa Amministrazione.
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