domenica 11 novembre 2012

PPP - 10 novembre 2012 - L'evento (Ostia, p.zza Anco Marzio)



Video, immagini e interventi del secondo appuntamento, tenutosi sabato 10 novembre 2012, alle ore 17, in p.zza Anco Marzio ad Ostia, per commemorare il grande intellettuale Pier Paolo Pasolini.




Stefano Salvemme (PDL), Vice Presidente del Consiglio del XIII Municipio

Stralcio del documentario “Sabaudia e la civiltà dei consumi”

Leonardo Ragozzino, Responsabile Cultura SEL Roma Area Metropolitana
Paolo Surini, Esecutivo Regionale IDV Lazio e portavoce IDV XIII Municipio, purtroppo ha dovuto abbandonarci per gravi motivi familiari.
Lettura dell'estratto del capitolo del libro "Vite periferiche di Enzo Scandurra (Ed. Ediesse, 2012), storie di solitudine e marginalità in dieci quartieri di Roma. Qui sotto il testo integrale.

"All’Idroscalo ci si arrivava percorrendo il lungomare a Ponente. Giri a destra alla fine della Via del Mare e prosegui fino in fondo. E così ora le tombe sono due. Quella di Pier Paolo a poche centinaia 
di metri e questa dell’Idroscalo. Che sia una tomba lo testimonia un cancello e un perimetro di blocchi di cemento, quelli che in genere si pongono a cavallo delle due corsie delle autostrade.
Sul cancello la scritta: «Cancello della vergogna, da qui non passerà più nessuno». Su quel cancello sono appese delle vecchie scarpe. La scritta continua così: «Queste le scarpe di coloro che questo territorio lo hanno attraversato per tanto tempo». Ma ormai è passato un anno da quel giorno, il cancello si è riempito di scarpe, i lavori per la riqualificazione dell’area, promessi dal sindaco di Roma, non sono mai iniziati. Torno indietro verso quello che una volta era un piazzale rotondo sterrato e che ora in parte ancora lo è ma con mezza circonferenza senza più confine. Il semicerchio ora si apre direttamente sul mare. La piazza, quello che di essa resta, è anche il capolinea di due autobus: 014 e 015, vanno a Roma. Guardo per vedere se c’è un bar; c’è una casetta rosa con sopra la scritta: «sede del comitato» e un numero di cellulare a seguire. «Me lo farebbe un caffè?», chiedo all’unica persona dentro il locale. «Ci provo» mi risponde quello poco convinto e azionando la macchina. Dopo di me entra un’altra persona: «Se ci riesci, fammelo pure a me». Mi metto sull’uscio del locale come a far capire al signore della macchina che non me ne sono andato, che aspetto fiducioso. Sulla piazza solo poche persone e i soliti cani. Questi cani dell’Idroscalo sono un po’ particolari. In genere sono brutti e spellati, ma di loro colpisce la pigrizia. Sì, dico pigrizia perché stanno fermi seduti in terra o si muovono lentamente, come gli abitanti, quasi indecisi su dove andare. Girano e rigirano, ma poi ritornano dove erano. Incuriosirebbero perfino Charles Darwin questi cani, tante sono le varietà che appaiono e scompaiono dai vicoli. Piccoli, grandi, con pelo e senza, di tanti colori, ma in genere colpisce la loro «tristezza», del tutto compatibile con quella di questi luoghi. Il signore del caffè bofonchia. L’altro cliente che era insieme a me se ne è andato. Dico, come a farmi perdonare di una richiesta inopportuna: «Se non ci riesce fa niente». Lui nemmeno risponde, vedo che ogni tanto riempie la tazzina del caffè per poi versarne il contenuto nel lavandino. Mi ricordo che i «primi» caffè vanno buttati perché non sono buoni. Ma non sembra questo il motivo dell’insuccesso. Torno ai miei pensieri, all’Idroscalo. Mi dicono che i 153 abitanti sono stati trasferiti alla Madonna del Divino Amore, altri ad Acilia. Non vedranno più il mare né sentiranno il suo rumore di notte. Vorrei sapere se anche le case rimaste, più lontane dal mare di quelle abbattute, saranno prima o poi demolite. In assenza di interlocutori, lo chiedo all’uomo della macchina del caffè che non risponde nemmeno questa volta, interamente assorto nel tentativo di far funzionare l’aggeggio. Continuo a girare per la piazza; al caffè ci ho rinunciato ma non so come dirlo al gestore del presunto bar. Ci pensa lui, esce dal locale e lo sento dire che la macchina del caffè non va in pressione, chiede aiuto all’altro con cui sta conversando al telefono. Ora posso
andarmene, risalgo sulla mia auto, faccio un mezzo giro della piazza e riprendo via dell’Idroscalo. Alla mia destra c’è ormai il muro del Nuovo Porto di Roma dal quale sporgono centinaia di alberi di navi. Quando il muro si interrompe so che il piccolo monumento funebre dedicato a Pier Paolo è vicino. Non c’è parcheggio, il cancello è chiuso e sopra c’è la scritta: «giardino letterario». Per visitarlo devi rivolgerti alla Lipu. Il giardino, visto da fuori, è una sorta di piccola oasi nel bailamme del paesaggio. Il monumento si scorge bene: una colonna greca monca a simboleggiare la vita spezzata di Pier Paolo; intorno due colombe spiegano le ali in segno di libertà sovrastate da una luna piena, il simbolo della poesia. Ricordo quando quell’uomo, a me sconosciuto, girava nel mio
quartiere al Prenestino sempre circondato da persone. Sapevamo che era «qualcuno», ma chi? Si diceva «è un frocio!», faceva l’attore, il regista, insomma era nel cinema. Allora girava Accattone e molte delle persone del film le aveva reclutate sul posto. Qualche volta – avevo 14 anni – lo sentii parlare. Pensai che non era dei «nostri», parlava una lingua colta, senza accenti, si muoveva quasi
scattando, sembrava possedere una grande energia e forza fisica. Tanti anni dopo – era il Sessantotto – lo sentii di nuovo parlare in un’assemblea pubblica a Villa Borghese. Eravamo diffidenti ma affascinati dalla sua prosa diretta, decisa, rabbiosa. Mi volgo all’indietro, a sinistra, dalla parte opposta al mare, scorgo il Maschio commissionato a Michelangelo dai papi Pio IV e
Pio V. È la torre di San Michele voluta da questi papi per garantire la sicurezza della navigazione. Un tempo i papi possedevano un’intera flotta di navi e un arsenale dove venivano fabbricate che, ancora oggi, quasi intatto, sta accanto a Porta Portese. Poco più avanti, sulla destra, c’è l’ingresso al Nuovo Porto. Ci entro perché cerco un bar: chiedere al gestore del caffè dell’Idroscalo se c’era un bagno, non me la sono sentita. Qui sicuramente un bagno per fare pipì lo trovo.




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