mercoledì 13 febbraio 2013

Dal 16 febbraio una Legge per garantire il verde pubblico ai cittadini

Verde non significa, come ovvio, solo superfici non edificate e disponibili per la vegetazione, ma anche qualità: però una cosa non esclude l'altra. Con qualche ironia, contenuti e innovazioni della nuova legge.Scritto da me per Eddyburg e disponibile anche a questo  LINK.



Finalmente una legge per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. Si tratta della Legge 14 gennaio 2013, n. 10,  “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” (GU n.27 del 1-2-2013), anche se manca ancora il decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per definire la composizione e le modalità di funzionamento del "Comitato per lo sviluppo del verde pubblico". Sarà questo Comitato a monitorare l'attuazione della disattesa legge 29 gennaio 1992, n. 113 che impone l'obbligo ai comuni con più di 15mila abitanti di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica. Se è vero che la messa a dimora può essere differita in caso di avversità stagionali o per gravi ragioni di ordine tecnico, di fatto nessuno sa dire dove sono stati piantati tutti questi alberi e se sì difficilmente è in grado di dire se sono ancora vivi e vegeti. Con l'entrata in vigore del provvedimento il 16/02/2013 saranno i Sindaci a dover render noto il bilancio arboreo del proprio Comune, indicando il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente all'inizio e al termine del mandato stesso. A prescindere dalle ravvicinate scadenze di mandato, come nel caso di Roma, di fatto i Sindaci delle grandi città italiane difficilmente forniranno questi dati. I motivi principali? Rendita fondiaria, moneta urbanistica, consumo del territorio e soprattutto malgoverno, tanto che da anni sono saltate tutte le misure per la salvaguardia e la gestione delle dotazioni territoriali di standard previste nell'ambito degli strumenti urbanistici attuativi dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. La dotazione di verde pubblico per ogni abitante, così come previsto per legge, infatti non c’è. Dunque, se non ci sono le aree verdi, dove si potranno piantare i nuovi alberi?  Forse nelle rotatorie o nelle fasce intermedie o nelle superfici inaccessibili che indegnamente si fanno rientrare negli standard di verde pubblico? Il verde pubblico deve essere fruibile e non essere semplicemente un'area di colore verde non fruibile.
La nuova legge (che prende spunto dal riconoscimento del 21 novembre quale «Giornata nazionale degli alberi», con l’obiettivo di perseguire il rispetto del protocollo di Kyoto, la valorizzazione del patrimonio arboreo e boschivo, la riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il miglioramento della qualità dell'aria e la valorizzazione delle tradizioni legate all'albero), interviene in realtà su un aspetto del tutto dimenticato da parte delle amministrazioni italiane: la vivibilità degli insediamenti urbani. Come possiamo vivere in agglomerati di cemento e ferro senza pubblici spazi verdi di 'natura'? Vediamo come l'articolo 4 di questa legge protegge il decreto del Ministro dei lavori pubblici del 2 aprile 1968, n. 1444,
- rapporto annuale del Comitato sull'applicazione nei comuni italiani delle disposizioni del decreto ministeriale 1444
- obbligo per i comuni di approvare le necessarie varianti urbanistiche per il verde e i servizi entro il 31 dicembre di ogni anno
- destinazione delle maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo.
E' finita dunque l'era di amministrazioni che mistificano i parcheggi pubblici con le aree verdi per raggiungere gli standard? E' finita l'era in cui le varianti urbanistiche servono solo per consumare territorio? E' finita l'era in cui le amministrazioni battono moneta urbanistica per concedere cemento ai costruttori solo per pagare i consulenti del Sindaco, lasciando città senza opere di urbanizzazione?
Sembrerebbe di sì, ma solo a patto che venga istituito il Comitato di vigilanza (e bisognerà vedere come sarà composto, perché nulla si dice a riguardo) libero da influenze politiche, altrimenti la Legge non trova di fatto applicabilità, venendo a mancare l’organo essenziale, quello di controllo, cosa che accade sovente nel nostro Paese. Lo strumento di legge ora c’è e sicuramente può consentire comportamenti meno discrezionali da parte dei Sindaci. Addirittura con la nuova legge i Sindaci possono incentivare iniziative finalizzate a favorire l'assorbimento delle emissioni di anidride carbonica (Co2) dall'atmosfera tramite l'incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo delle aree urbane, senza contare le nuove disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali o la promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani per consentire l'assorbimento delle polveri sottili e per ridurre l'effetto «isola di calore estiva», favorendo al contempo una regolare raccolta delle acque piovane.
Il prossimo 21 novembre è ancora lontano, ma non troppo. E’ necessario però fare pressione perché almeno per quella data il “Comitato per lo sviluppo del verde pubblico" sia già stato istituito e sia soprattutto libero da influenze politiche, altrimenti avremo in Italia l'ennesima bella legge non attuabile.

martedì 12 febbraio 2013

Movimento 5 Stelle XIII Municipio: l'unica cosa che avanza è l'ignoranza


Progetti segreti, investitori sconosciuti, imprenditori dell'ultima ora. Questa la ricetta del Movimento 5 Stelle nel XIII Municipio. A dichiararlo, dalle pagine di uno dei tanti loro forum, un trentacinquenne grillino, di professione ingegnere, autore di un imbarazzante “progetto turistico-urbanistico-archeologico”: Alessio Lotito. Strano per un ingegnere, che si occupa, in regime di monopolio “de facto”, della ristrutturazione delle palazzine sul lungomare di Roma, definire “progetto” ciò che non può in alcun modo esserlo. Il documento, che dovrebbe definirsi più appropriatamente un commento da bar dello sport, è uno zibaldone di banalità con velleità tecniche ad effetto boomerang, visto l’uso improprio di termini ben lontani dalla termologia dei settori in cui azzarda addentrarsi. La frase più ricorrente è: “Studio e valutazione di fattibilità e costi di eventuali progetti esistenti e ipotesi progettuali alternative sostenibili”, che tradotto per la 'casalinga di Voghera' suonerebbe circa così: ‘Se ci sono dei progetti li studio e li valuto. Non so quali siano e non mi interessa, ma nell’eventualità lo farò. Dopo di che farò delle ipotesi alternative, se ci sono i progetti si intende, altrimenti non li faccio … però li faccio … forse … anzi … comunque … cioè farò delle ipotesi, che non sono progetti, sono ipotesi, sia chiaro, perché i progetti sono costosi e a me non mi paga nessuno per scriverli sul programma elettorale del movimento … poi caso mai si vedrà …’ della serie, “il Presidente si impegna …”, in voga da decenni su tutti gli atti politici di questo Municipio e non solo. Che l’impegno sia solo intestinale e non produca alcuna fuoriuscita ha poca importanza, l’importante è impegnarsi, come a scuola “Il ragazzo si applica, ma i risultati non ci sono, mica per colpa sua, per colpa del sistema …”. E’ sempre colpa del sistema.
In estrema sintesi: aria fritta: nessun progetto, ma ipotesi nebulose. Non è dato nemmeno sapere con quale strumento tecnico venga valutata la bontà dei progetti altrui e quelli eventualmente proposti, ma si sa, si tratta di sciocchezze da tecnici, di quelle che servono al buon amministratore. Forse Lotito interpellerà le Stelle per avere un responso. Un esempio di trasparenza.

Il Lotito-pensiero, guru dell’urbanistica dei grillini del XIII Municipio, ha però un barlume di chiarezza sul modello urbanistico al quale si ispira: fare del litorale romano una 'Riviera romagnola in salsa romana', ma non è chiaro se la piadina la proporranno con la porchetta o la coda alla vaccinara. Comunque, ai “tecnici”, quelli veri, ma soprattutto a quelli che conoscono il territorio del XIII Municipio, è noto il valore etimologico del termine “Riviera”. Lo impiegano tecnicamente e adeguatamente ai tratti di costa marina nati per l'approdo (dal latino "ripa") e, a livello geografico, lo riservano al tratto della costa ligure. Il litorale romano non ha mai avuto questa funzione e gli storici porti fluviali di Ripa e Ripetta ne sono la prova, ma questo Lotito non lo sa.
Ignoranza storica anche sui porti di Ostia e di Porto: per giustificare il termine 'Riviera', il ‘tennico’ Lotito afferma che Ostia era un 'centro residenziale' destinato a 'piccoli scambi marittimi'. In effetti bisognava conoscere la differenza tra città (come era Ostia sotto l'Impero Romano) e 'centro residenziale', ma questo Lotito non lo sa. Così come non sa l'attività del porto fluviale di Ostia e le difficoltà, dovute ai venti del quadrante ovest, che ha sempre avuto il litorale romano, che hanno portato all'insabbiamento del Porto di Claudio, poi a quello di Traiano (entrambi oggi nel comune di Fiumicino, non di Roma, anche questo Lotito non lo sa), fino a quello odierno costruito alla foce del Tevere, scandaloso esempio di progettazione portuale. Anche questo il 'tennico' Lotito non lo sa.

Perché allora la “piadina urbanistica” romagnola? Ce lo dice la ricetta in salsa romanesca del guru dell’urbanistica dei grillini del XIII Municipio: "trarre vero valore e beneficio dalle risorse d’attrattiva turistica" di Ostia! Caspita, sono rimasta sbalordita! Illuminata dalle 5 Stelle ho avuto un momento di commozione.  Peccato che la cittadinanza che vi risiede abbia bocciato (per fortuna) questa ‘visione di città’ al tavolo partecipato sul Waterfront, quello dove il M5S ha ‘partecipato’ subdolamente filmando di nascosto e sempre in silenzio, forse perché Casaleggio non aveva ancora dato istruzioni su come comportarsi nei processi di partecipazione alle scelte urbanistiche, perché impegnato ad inventarsi un modello finanziario per ripianare i debiti della società per azioni.
I cittadini hanno detto no al modello “turistico-urbanistico-archeologico” Rimini-Riccione (che per altro tecnicamente non esiste), fotocopia in salsa 'noisemodeostiamacepiacericcione' dell’idea cafonal della coppia Cutrufo-Alemanno, modello Dubai, che ha partorito l’ipotesi  progettuale del Secondo Polo Turistico. Questo Lotito lo sa, perché ha visionato tutti i filmati ‘rubati’, al tavolo partecipativo del Waterfront, senza autorizzazione degli interessati secondo la legge sulla privacy, ma se ne infischia, perché come hanno scritto sull’invito alla conferenza stampa “vieni alla presentazione del programma, abbiamo bisogno del tuo contributo”, dopo averlo scritto si intende.

Insomma, speravamo in molti di leggere qualcosa di nuovo dal “nuovo che avanza” e invece nemmeno l’ombra.
Certo, in tema di conflitto di interessi ci sarebbe qualcosa da sollevare: Alessio Lotito, ingegnere molto occupato, in regime di monopolio “de facto”, nella ristrutturazione delle palazzine sul lungomare di Roma, compreso quella contestatissima ad Ostia ponente, vicino al moderno Porto, afferma: "All’interno del nostro progetto non sono previste demolizioni o alterazioni degli edifici esistenti o nuove edificazioni, occorre PRIORITARIAMENTE restaurare, recuperare e salvaguardare quanto già a nostra disposizione". Almeno su questo è stato trasparente, perché uno che si presenta dicendo "c'ho i progetti, ma non li faccio vedere sennò me li copiano" è contro ogni logica partecipativa, in cui vige la regola della trasparenza, mentre è molto vicina alla logica imprenditoriale e affaristica, che nulla ha a che vedere con la loro sbandierata "politica dal basso". Anche perché, come ha osservato qualcuno, se un’idea (perché non è un progetto) “è segreto perché altrimenti sarebbe appetibile da ‘forze oscure’, vuol dire che tanto buono poi non deve essere".
Comunque i tecnici attendono con ansia di conoscere i nomi e cognomi degli urbanisti che hanno “visto” e “stimano” questo idea vaga del 'progetto piadina con la porchetta’, perché millantano anche questo, ma non è dato sapere chi siano.

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca: ricordano in effetti il ricettacolo di cialtroni, riciclati e affaristi che hanno attraversato la storia politica di questo Paese.
Il nuovo non “avanza”, è proprio avariato.

(Le amenità di Lotito a questo LINK)