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mercoledì 22 febbraio 2012

Game Over - Assemblea Pubblica: Grandi Eventi e Crisi - Il mio intervento

E’ evidente che le cose da dire sarebbero tantissime e pertanto proverò solo a toccare alcuni punti rimandando gli approfondimenti all’interno dell’osservatorio cittadino.

Parto proprio dalla domanda posta da Ylenia: “perché nessuna opposizione politica, tranne quelle che abbiamo invitato oggi in sala, si è scagliata contro Roma 2020? C’è un disegno di città ? Rispondo subito alla seconda domanda: No, non c’è. C’è invece un’idea di città, decisamente pessima, visti i risultati evidenti per i cittadini.

In merito alla prima domanda circa l’assenza di opposizione la risposta è altrettanto semplice: siamo da anni di fronte al “pensiero unico”. Ad esempio, solo in campo urbanistico (ma dovrei più precisamente definirlo edilizio) c’è qualcuno che mette in discussione (a parte i presenti e pochi altri) “l’urbanistica contrattata” che sottrae alla trasparenza il rapporto tra il pubblico e il privato e subordina il primo al secondo? C’è qualcuno che mette in discussione la “perequazione” e la “compensazione urbanistica” che hanno premiato ed incentivato solo la formazione di plusvalori fondiari? C’è qualcuno che mette in discussione gli “accordi di programma” che vanno in deroga alla pianificazione ordinaria ? C’è qualcuno che mette in discussioni i “diritti edificatori”, invenzione degli urbanisti del PRG di Roma ? C’è qualcuno che si oppone al fatto che le città e Roma in particolare si espandano in base agli interessi degli investitori? No, anzi, c’è addirittura una nuova proposta di legge, promossa dalla struttura delle Camere di commercio, volte a valorizzare le iniziative immobiliari con la complicità del Consiglio nazionale degli architetti, dei pianificatori, dei paesaggisti e degli ingegneri!
E poi si lamentano pure, come il personaggio di Guzzanti, il mitico Quelo, che “c’è crisi, c’è grossa crisi” e allora via alla logica del grande evento, poteri commissariali, deroghe. Infatti si sono visti i risultati: Veltroni e anche Alemanno hanno avuto poteri commissariali sulla mobilità e sono riusciti solo a combinare nulla quando non addirittura disastri, lasciando le casse vuote per qualunque altro servizio essenziale alla vita dei cittadini. “Non ci sono soldi” e il pensiero unico ha pronta la soluzione: un nuovo slogan dell’ideologia neoliberista “primato del privato sul pubblico, del mercato sullo stato, dell’economia sulla politica”.

Le prove ? Giusto qualche assaggio in ambito sportivo: si inizia con Veltroni 6 anni fa, per passare poi ad Alemanno e finire con la bocciatura di Monti della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. Con Alemanno si raggiungono apici degni del pensiero unico: oltre alle chiacchiere esportate anche all’estero nelle borse immobiliari, si butta giù il velodromo, non si realizzano nuovi impianti, si propone la F1 e si fa la figuraccia mondiale in tema di impiantistica natatoria. E mentre il bilancio del Comune di Roma piange 12 miliardi, si starnazza la panacea a tutti i mali: “il privato è bello”. Peccato che centinaia di milioni di euro derivanti dal dovuto pagamento degli oneri concessori non vengono incassati dagli impianti nati per i Mondiali di Nuoto. Solo il Salaria sport Village avrebbe dovuto riconoscere al Comune di Roma 10 milioni di euro. Insomma, il privato è bello quando non paga i soldi dovuti al pubblico e il pubblico paga quello che doveva pagare il privato!

Vogliamo dimenticarci delle dichiarazioni del Presidente del Coni, Gianni Petrucci, subito dopo l'assegnazione dei Mondiali di Nuoto del 2009 a Roma ? "Sono molto contento per l’assegnazione. Credo che si tratti di un giusto riconoscimento al lavoro della Federazione Italiana Nuoto, all’abnegazione del Suo presidente, Paolo Barelli, e al grande impegno profuso dal Sindaco di Roma, Walter Veltroni, che sin dall’inizio ha creduto fortemente in questa avventura. Grazie ai Mondiali di nuoto del 2009, Roma potrà avere un Polo Natatorio all’avanguardia nell’area di Tor Vergata che sicuramente diventerà un punto di riferimento per l’impiantistica sportiva romana". Era il 16 luglio 2005.


Ma la cosa più triste è un’altra. Poco meno di un anno dopo dalle dichiarazioni di Petrucci, marzo 2006, nell’aula del consiglio comunale inizia il dibattito sul nuovo piano regolatore di Roma, e il Comune sigla un protocollo d’intesa con sindacati e associazioni di categoria per istituire il Piano regolatore dello Sport. Veltroni dichiara: «È un protocollo sull’impiantistica sportivo-comunale e non solo, frutto di un lavoro di mesi e serve a tenere insieme tutte le realtà articolate del mondo sportivo di Roma». L’accordo prevede inoltre di dar vita con Regione e Provincia a un ‘Ente dello sport’ e avvia l’istituzione della ‘Consulta cittadina dello sport’. Dunque, mentre si faceva il PRG di Roma già si pensava a come fregarlo, fu Veltroni infatti a proporre il PRG dello sport.

Tradotto: “Roma non ha, dunque Roma ha bisogno” e siccome non ci sono i soldi vai con il grande evento. Alemanno addirittura è più esplicito, appena insediatosi dichiara: «non esiste un'impiantistica adeguata». «Ci vuole un disegno che parta dalla logica dei grandi eventi per fare un salto di qualità». «Per la realizzazione del Prg degli impianti sportivi gli imprenditori devono trovare la strada aperta, se non un'autostrada, per non scontrarsi nella burocrazia». «Non è possibile utilizzare solo risorse pubbliche ma serve una sinergia tra pubblico e imprenditoria privata». «E’ stata istituita d'intesa con il comune, una commissione per l'impiantistica di vertice e la sua gestione per garantire le necessarie autorizzazioni e snellire le pratiche burocratiche».

Più chiaro di così!

Ma anche Malagò non scherza. Ottobre 2008 lancia l'allarme sul ruolo della Capitale nei grandi eventi sportivi. «Roma è sempre al centro di polemiche legate a problemi negli impianti sportivi. Diamo una volta per tutte una risposta definitiva». «importantissima» a tal fine, la mappatura degli impianti sportivi annunciata dal delegato del sindaco per le Politiche sportive Alessandro Cochi

E Cochi, che naturalmente non è nemmeno un assessore, ma solo un semplice delegato allo Sport (a dimostrazione di quanto ci tenga la capitale allo sport) nel febbraio 2009 accontenta Malagò. Infatti, nella delibera di Giunta Comunale n.14 del 4 febbraio 2009, si approva il progetto per la realizzazione del Piano Regolatore dell'impiantistica sportiva e dello Sport (PRISP) per la Città di Roma, articolato in 4 fasi. Vi si leggono cose al limite dell’aberrante come queste:

– I FASE: ricerca di sfondo (ripeto la parola) – la condizione sociale della città (che tenerezza!) i comportamenti e la pratica sportiva (tra parentesi specificano attuata)
– II FASE: analisi generale dell’impiantistica sportiva comunale; analisi generale (tra parentesi, anche qui specificano attuata)
– III FASE: costruzione del Sistema Informativo Territoriale;
– IV FASE: programmazione dello sviluppo dell’impiantistica sportiva;

Il primo punto non è mai pervenuto, mentre perviene a febbraio 2010 il secondo punto. Infatti viene presentata in Campidoglio la mappatura degli impianti sportivi: lo "Studio sull'impatto economico dello sport nella città di Roma" (a cura delle Università La Sapienza e Foro Italico) evidenzia tutte le strutture della Capitale nelle quali è possibile fare sport, oltre 2.500, per 1 milione e mezzo di praticanti, 170.000 tesserati, 45.900 addetti, di cui oltre 27.000 volontari (!!!). Totale di spesa generata dallo sport 3.2 miliardi, quella pubblica e privata, che riguarda grandi organismi sportivi, sponsorizzazioni e diritti tv, enti pubblici, si attesta sui circa 450 milioni di euro, mentre quella delle famiglie per lo sport ammonta a 2 miliardi e 792 milioni di euro: di questi, 810 milioni per la pratica, poco più di un miliardo per abbigliamento e attrezzature, 93 milioni per giochi e scommesse, 283 per i media, 343 per turismo e costi indiretti. Strutture suddivise per aree territoriali, per discipline sportive e per tipologia, comprese quelle nelle scuole e nelle parrocchie, le piste ciclabili, le zone militari e i punti verdi qualità. Due fasi già concluse ma del Sistema Informativo Territoriale e della programmazione, nulla. Dunque solo FASE II, senza nemmeno la FASE I dal 4 marzo 2009 al 5 marzo 2010 (1 anno!). E pochi giorni fa la bocciatura di Monti.

Da 6 anni a questa parte ne abbiamo viste di tutti i colori, ma non si è fatto alcun nuovo impianto degno di questo nome. Nessuna ristrutturazione di quelli vecchi, ma in compenso si è demolito il velodromo (che però è stato riproposto nella candidatura olimpica), così come sono stati demoliti tanti campi da calcio in periferia per portarci cemento inutile ai cittadini. Ma al danno si è aggiunta la beffa: gli impianti ad esempio sorti per i mondiali di nuoto non hanno mai pagato gli oneri concessori. Ma le prebende sono state moltissime. Prendiamo il caso dell’impianto privato Babel all’Infernetto: si inserisce in una zona di riqualificazione urbana, in un’area che si è resa edificabile, dove si è caricato tutto intorno un peso urbanistico e Babel non ha, anche lui come il Salaria, pagato i quasi 10 milioni di oneri concessori.

Per concludere, occupandomi di urbanistica, dico che dentro il PRG le caserme, gli impianti sportivi, l’edilizia economica e popolare ecc. ecc. vengono sventolati solo per un motivo fondamentale: per fare i c.d. “piani di sviluppo strategico”. Ma strategico per chi ? La risposta è davanti agli occhi di tutti, eppure non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

In altri termini Roma si è dotata di un Piano Regolatore solo perché non poteva non farlo, ma siccome è troppo “rigido” si è portato avanti da anni la scusa della carenza edilizia (che di volta in volta è cambiata, dallo sport al problema della casa, senza mai risolverla) sfruttando, quando non addirittura inventandoli, tutti gli strumenti che sfasciavano il PRG (che già era molto discutibile). Il secondo polo turistico, su cui è tornato all’attacco Alemanno dopo la bocciatura di Monti, è solo la scusa per fare il distretto turistico balneare che include però realtà come il parco di Magic Land a Valmontone, i campi da golf, l’ACER ecc. ecc. che nulla c’entrano con la parte balneare.

Se l’urbanistica è morta voglio almeno poter dire basta ai compromessi, perché qui è ormai tutto compromesso.


sabato 18 febbraio 2012

Assemblea pubblica: Grandi eventi e crisi



Assemblea pubblica

Grandi eventi e crisi

Roma, mercoledì 22 febbraio 2012, ore 16

Con Pietro Mennea, autore del libro I costi delle Olimpiadi

da Atene, Dimitra Siatitsa – Inura

Sala conferenze Esquilino, via Galilei 53 (metro Manzoni)


Monti ha bocciato Alemanno. Noi bocciamo entrambi. E con loro Pescante, Carraro, Montezemolo, Caltagirone, Della Valle, Marcegaglia, Regina, Malagò, De Laurentiis, Elkann.

Non abbiamo mai considerato Roma 2020 un’opportunità per la città. Il premier Monti si è invece limitato ad un no motivato unicamente dalla crisi economica. Dal governo, nessun riferimento al sistema dei grandi eventi a giustificazione delle grandi opere. Nessun richiamo al lavoro del comitato olimpico. Nessuna analisi delle opere proposte da Alemanno.

L’assemblea pubblica dal titolo “Grandi eventi e crisi” si pone l’obiettivo di discutere nel merito non solo di Roma 2020 e del “sistema olimpiadi”, ma dei Global events come unica via di uscita dalla crisi e unica strada per il disegno delle città.

Bocciata l’operazione Roma 2020, Alemanno rilancia il progetto Millennium. È la prova che le Olimpiadi non erano altro che lo strumento scelto per perseguire gli obiettivi del Piano strategico di sviluppo presentato un anno fa agli Stati generali della città, dove è nata l’operazione bipartisan “Roma 2020”.

Per questo chiamiamo la città e gli organi di informazione all’assemblea pubblica alla quale interverranno: Pietro Mennea, recordman olimpionico e autore del libro “I costi delle Olimpiadi”; Dimitra Siatitsa, INURA (International network for urban research and action) da Atene; Paolo Berdini (urbanista); Ferdinando Imposimato (giudice); Marcel Vuplis (Sporteconomy); Paula De Jesus (urbanista); Irene Di Noto (Metropoliz); Ylenia Sina (giornalista); Stefano Pedica (Idv); Andrea Catarci (pres. XI Municipio, Sel); Fabio Alberti (Fds)

Game Over



mercoledì 12 ottobre 2011

No ad Olimpiadi bene comune

Se è poco comprensibile che i paesi di tutto il mondo si azzuffino per ospitare le Olimpiadi lo è ancora di più sentire parlare di “Olimpiadi bene comune”.

Tutti sanno che i vantaggi economici per un paese che ospita le Olimpiadi sono raramente positivi e quelli non economici sono difficili da misurare. L’unico ricaduta positiva e misurabile è quella sull’esportazioni commerciali, che prescinde dal fatto che la candidatura venga bocciata e dunque non ha nulla a che vedere con l’aumento dei flussi turistici, come invece sostiene il comitato promotore.
Le Olimpiadi sono utilizzate dalla politica per dare un ‘segnale’, che viene pagato quasi sempre a caro prezzo dalla collettività. Non a caso “Olimpiadi bene comune” nasce dalla volontà di alcuni amministratori comunali, provinciali e regionali, e precede due appuntamenti importanti: l’assegnazione delle Olimpiadi 2020 (il 7 settembre 2013 a Buenos Aires) e l’elezione del Sindaco di Roma (a maggio 2013). Le Olimpiadi dunque sono oggetto della campagna elettorale di tutti gli schieramenti.

Nessuno che presenti mai un’analisi costi-benefici. Le Olimpiadi invernali di Torino 2006, ad esempio, hanno lasciato la città sommersa dai debiti. Le Olimpiadi di Atene 2004 hanno lasciato 20 miliardi di euro di debito per le grandi opere, dove hanno speculato banche e grandi imprese di costruzione, mentre allo Stato è rimasto da pagare un conto salatissimo. Senza parlare dei Mondiali di Calcio ’90 e di quelli del Nuoto Roma ’09.
Tutti vogliono sedersi al tavolo, magari in nome del ‘bene comune’. Nessuno però che chieda di sedersi nella cabina di controllo, quella dei costi-benefici.
Le Olimpiadi saranno l’ennesimo appuntamento con la logica del grande evento, poteri commissariali, deroghe e quant’altro, senza alcuna garanzia di trasparenza dei processi decisionali sulla città e sul suo funzionamento. Le trasformazioni che le Olimpiadi comporteranno per Roma, in termini di opere e di cambi d’uso e di proprietà, devono avvenire sulla base di regole chiare, definite in modo trasparente, applicate senza deroghe e favoritismi, condivise con la cittadinanza tutta e non solo con l’associazionismo di base o quello ambientalista. Nella logica del grande evento infatti si perde sempre il controllo sull’uso del suolo, delle urbanizzazioni, del loro uso, che deve servire tutti i cittadini, non solo alcune categorie.

Ricorrere poi alla retorica suggestiva della “mobilità alternativa intermodale con il trasporto pubblico … che porti ad un 10% in meno di auto circolanti”, come sostiene “Olimpiadi bene comune” significa non conoscere, in qualità di amministratori, la grave situazione in cui versa la mobilità della Capitale e che pone la rete di Roma tra le più sottosviluppate in Europa, sia in termini di numero di veicoli circolanti, sia per la percentuale degli spostamenti su trasporto pubblico. Ancora oggi non esiste un PUM (piano urbano della mobilità).

Far passare l’idea, anche questa suggestiva, che le Olimpiadi siano un ‘bene comune’ significa soprattutto rafforzare il concetto, fino ad oggi utilizzato nei grandi eventi, che le opere da realizzare siano di ‘pubblica utilità‘, ma la storia, anche recente dei Mondiali di Nuoto Roma ’09, ci dice che non è così. Nel caso specifico dell’Olimpiadi a Roma significa consentire, da qui al 2020, la costruzione di impianti (pubblici e privati) in deroga al Nuovo Piano Regolatore e al PS5, cioè il piano ‘regolatore’ del fiume Tevere. In particolare il PS5 (Piano di Stralcio 5, da Castel Giubileo alla foce del Tevere) impone vincoli sulla fascia fluviale del PRG, ma paradossalmente le Olimpiadi 2020 sono state pensate lungo tutta la fascia del fiume Tevere.

A prescindere che il processo per i Mondiali di Nuoto Roma ’09, previsto ad ottobre, possa andare in prescrizione e che si tenga quello ad Aprile 2012 contro la ‘cricca’, rimane un fatto: il coinvolgimento di tutti i partiti (a diverso titolo e peso) in queste vicende, gli stessi che oggi si schierano a favore delle Olimpiadi, ma che non hanno mai fatto chiarezza al proprio interno su questi avvenimenti. E’ una questione di credibilità. Per altro risulta ancor meno credibile il Comitato Promotore per le Olimpiadi Roma 2020 che vede al suo interno soggetti inquisiti o condannati o rinviati a giudizio anche per scandali legati ai grandi eventi più recenti. Come ci si può sedere ad un tavolo simile ?
Lo sport di base è sicuramente in sofferenza ma ciò non deve giustificare compromessi con gli speculatori che vogliono distruggere il piano regolatore del Tevere, come nell’ipotesi de villaggio olimpico a Tor di Quinto.
Mentre su Roma va in tour “Olimpiadi bene comune”, nessuno chiede e pretende che venga realizzato il Piano Regolatore dello Sport, sempre annunciato e mai fatto. Occorre serietà e coerenza, è ora di abbandonare finti slogan quali il “rilancio della città“. Le Olimpiadi 2020 non sono un ‘bene comune’, sono solo l’incontro tra politica e affari, soprattutto quello delle multinazionali e dei costruttori, in una città come Roma che da 20 anni fallisce la programmazione sugli impianti sportivi. Un esempio su tutti, il fallimento delle piste ciclabili, realizzate in base alla mobilità alternativa quando invece dal 2006, per la mobilità, esiste un’ordinanza commissariale che assegna al Sindaco di Roma poteri speciali con cui però si stanno compiendo i disastri delle metropolitane, da Veltroni ad Alemanno.
Proporre per il nuovo villaggio olimpico realtà come la Fiera di Roma, Commercity, Tor Vergata (tre fallimenti di Veltroni, tre incapacità di Alemanno) non ha senso a livello urbanistico perché un Villaggio Olimpico deve essere vicino agli impianti sportivi. Parlare poi di impianti diffusi ha senso quando esiste una rete di mobilità degna di questo nome e che Roma non possiede.
Per altro il cuore delle Olimpiadi è l’atletica leggera che si svolgerà nello Stadio Olimpico. Se ci sono aree alternative a quella improponibile di Tor di Quinto per il villaggio olimpico, una vera provocazione sarebbe quella di impiegare le vecchie caserme dismesse di Roma, distribuite in più municipi, e immaginare poi di convertirle, a fine Olimpiadi, in un piano di valorizzazione degli immobili, con servizi per la città come biblioteche, asili, scuole e parchi e una forte quota di edilizia residenziale pubblica. Ciò potrebbe servire anche ad eliminare il rischio della speculazione su aree analoghe da parte dei costruttori, che invece la delibera comunale n° 60 del 2010 favorisce.
Rimaniamo assolutamente contrari, senza se e senza ma, ad ogni utilizzo delle fasce golenali o delle aree di esondazione del Tevere, compreso il riuso del Salaria Sport Village, che va abbattuto.

L’unica vera sfida non è “Olimpiadi bene comune” ma “città bene comune”.

martedì 11 ottobre 2011

Salaria Sport Village: non risulta alcun ricorso al Consiglio di Stato

Nessun ricorso al Consiglio di Stato è mai stato presentato dal Salaria Sport Village contro la sentenza del TAR. Il processo per i Mondiali di Nuoto rischia di cadere in prescrizione. Intanto per le Olimpiadi 2020 si propone il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, che ha analoghi problemi idraulici.

Nessun ricorso al Consiglio di Stato è mai stato presentato dal Salaria Sport Village contro la sentenza del TAR che l’ha definito un’opera “non di pubblico interesse”. Così risulta dall’analisi dei 7.909 ricorsi resi pubblici su internet. Scaduti anche i termini di presentazione del ricorso contro la sentenza (60 giorni dalla notifica, art. 28, comma 2, L. 1034/1971). Se non c’è alcun ricorso perché l’impianto sportivo non viene demolito ? Lo dichiarò il 6 maggio Marco Corsini, Assessore all’Urbanistica del Comune di Roma: «La demolizione spetta a loro [IV Municipio] e in queste settimane ci sono stati colloqui tra i tecnici del municipio e quelli dei miei uffici. A fine giugno il Consiglio di Stato si esprimerà sulla sentenza del Tar: di fronte ad una conferma della mancanza di titolo per costruire non ci sottrarremo ai nostri doveri. Potremo demolire il Salaria Village oppure acquisirlo come patrimonio comunale». Sono passati invece 8 mesi dalla sentenza del TAR e nulla accade. Su quali basi Corsini parla dell’intervento del Consiglio di Stato ? Una cosa è certa: per il Salaria Sport Village non si può ritenere valido il necessario nulla osta idraulico rilasciato il 31 marzo 2008 dall’Autorità di Bacino del Fiume Tevere (ABT), proprio in virtù del fatto che l’opera, a suo tempo, fu dichiarata di ‘pubblico interesse’. Cosa impedisce, ai sensi dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, di demolire le opere abusive e di ripristinare lo stato dei luoghi ? Sul Salaria Sport Village tutto tace, tutto è fermo, compreso il processo iniziato il 5 aprile presso l’Aula 7 dell’edificio B del Tribunale di Roma, relativo agli abusi edilizi degli impianti per i Mondiali di Nuoto Roma ‘09. Un processo che secondo il giudice, Maria Luisa Paolicelli, doveva arrivare a sentenza entro luglio 2011 e in cui Alemanno ha deciso «di non costituire l’Amministrazione comunale parte civile». Non solo, ma nel frattempo il “massimo accusatore dei Mondiali di Nuoto”, come è stato definito il PM Sergio Colaiocco, è stato destinato, con il suo consenso, all’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia con funzioni di Ispettore Generale (DD.MM. 13-5-2011 – V° U.C.B. 20-6-2011). Non si abbatte il Salaria Sport Village e si rallenta il processo, forse per portarlo nei termini della prescrizione dei reati. Intanto Malagò, uno dei rinviati a giudizio, siede nel Comitato Promotore per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 che dovrà sciogliere ogni dubbio sulla scelta delle aree degli impianti lungo le sponde del Tevere, come ad esempio il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, che guarda caso, ha un analogo problema del Salaria Sport Village.

(fonte LabUr)

lunedì 17 gennaio 2011

Olimpiadi Roma 2020: con il golf, parte l’attacco frontale alla Riserva Naturale Statale del Litorale Romano.

Lo ha affermato Bruno Cignini, Direttore della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, l’11 dicembre 2010 durante un incontro presso il CEA (Centro Educazione Ambientale, con sede in Via Martin Pescatore 66, all’Infernetto): “Per poter essere presa in considerazione la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 serve che la città si doti di un impianto di golf pubblico”. Dove farlo ? Dentro la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, davanti alla Nuova Fiera di Roma in piena zona golenale dove non si potrebbe fare nulla. Ma Cignini, consapevole di questo, ha aggiunto: “Dobbiamo rendere la Riserva una risorsa attiva per il Comune di Roma”.

Così, oltre agli attacchi quotidiani fatti contro l’integrità della Riserva da parte del Presidente e dall’Assessore all’Urbanistica del XIII Municipio (rispettivamente Vizzani e Pallotta), oltre allo scellerato raddoppio dell’aereoporto di Fiumicino (le nuove piste sorgeranno interamente nella Riserva del Litorale Romano), adesso anche la porzione della Riserva dentro il XV Municipio, viene aggredita.

Eppure il 5 gennaio scorso, grazie a un accordo tra il Comune di Roma, la Federazione Italiana Golf e la Seconda Università di Roma “Tor Vergata”, si annunciò che l’impianto pubblico doveva sorgere in Viale della Sorbona, nel quartiere Tor Vergata. Il Comune avrebbe finanziato con 200.000 euro la realizzazione dell’impianto sportivo, mentre l’università doveva affidare per 20 anni l’area alla Federazione Italiana Golf.

Adesso risorge invece il vecchio accordo (de 22 novembre 2006) tra l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, e l’allora presidente della Federazione Italiana Golf, Franco Chimenti. Un’area di 90 ettari, con ingresso al pubblico di 10 euro, per un percorso di 18 buche per 7 km (uno dei più lunghi in Italia). Un progetto di rara incompatibilità ambientale per uno sport che, guarda caso, tornerà ad essere olimpico nel 2016. Ma nessuno dice nulla, neppure le associazioni ambientaliste che hanno un proprio rappresentante dentro la Commissione di Riserva del Ministero dell’Ambiente, designato dalle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi della legge n. 349/1986. Del resto, cosa ci potevamo aspettare se sul lato opposto del Tevere, sempre dentro la Riserva, ma in un’area ancor più protetta, al km.15,500 della Via del Mare (civico nr.1050) è invece sorto un bel campo da golf, il Green Tiber Golf Club, con ben 18 buche di pitch & putt dove giocano tesserati della Federazione dei Verdi e che Bruno Cignini dice di ignorarne l’esistenza ?