lunedì 19 aprile 2021

"OSTIA CRIMINALE": 77 MINUTI DI SMORFIA

Non è il movimento (politico) del '77. Assomiglia di più all 77 della smorfia napoletana indicante le gambe delle donne e dunque il demone. 77 minuti è la durata di "un documentario che racconta una storia vera" - così lo definisce la produzione - un numero palindromo, peccato che non lo sia il docufilm, così come non è un "documentario di inchiesta". Tutte cose vecchie almeno di 20 anni, come ben ha ricordato Giulio Mancini in questo articolo (*). Una voce autorevole come quella di Antonio Del Greco ha impiegato meno di 7 secondi, definendolo "imbarazzante" (**).
Per smontare un falso teorema ci vuole molto tempo. Se hanno impiegato 77 minuti per montarlo, come minimo ce ne vogliono 777 per smontarlo , cioè 12,95 ore, improponibile su un post su fb.
Provo in 7 minuti ad evidenziare uno dei punti che salta subito agli occhi: come hanno potuto due persone come il Comandante della Mobile di Roma Luigi Silipo e il Colonnello Pasqualino Toscani dell'Arma dei Carabinieri essere affiancati in un film da persone le cui "parole più preziose", non mi pare che "arrivano dalle testimonianze di colore che, sfidando il potere aberrante delle mafie, hanno aiutato a combatterle nel nome della giustizia e della libertà"?
Lo chiedo perché il "documentario di inchiesta" è firmato dal giornalista Daniele Auteri che il 16 ottobre ha scritto una recensione di 3 pagine sul film "Punta Sacra" (che riporto nei commenti al post), in concorso al festival del cinema di Roma, per Venerdì di Repubblica, girato all'Idroscalo di Ostia, che così descrive: "è rimasto sempre ai margini delle grande inchieste giudiziarie che hanno sgominato le mafie di Ostia ... lontani anni luce da quei clan ... che hanno messo Ostia sulle mappe del crimine organizzato". Eppure nel suo film le immagini sull'Idroscalo sono tantissime e sparse ovunque, spesso scollegate con la narrazione e che dice l'opposto di quanto lo stesso Autieri ha scritto pochi mesi dopo le riprese del suo docufilm, anche lui in concorso al festival.
Come è stato possibile che
Daniele Autieri
non sapesse che <<con determinazione dirigenziale n. 302 del 18.06.2010 il Comune di Roma disponeva lo sgombero dell’alloggio sito in via Antonio Forni n. 22 occupato da Silvano Spada. Il 24 giugno agenti della Polizia municipale arrivati sul posto circa alle 8.30, supportati da Polizia e Carabinieri, bloccavano l’entrata del palazzo. Due ore dopo, alle 10.30, una decina di persone tentavano di varcare il cordone per salire nell’appartamento al secondo piano ma venivano respinte a forza ottenendo comunque una proroga di 15 giorni dello sfratto. Tra queste persone, oltre a Massimiliano Spada (fratello di Silvano) anche S.G., segretaria (dal 2006 al 2015) della sede del PD di via Forni 16, sede chiusa per morosità per non aver mai pagato l’affitto al Comune di Roma. Una sede che invece, secondo i collaboratori di giustizia, avrebbe regolarmente pagato per anni il ‘pizzo’ al clan Baficchio, rivali degli Spada (come riportato dalla Procura di Roma). Secondo la versione di S.G., rilasciata alla stampa, Silvano Spada aveva sempre vissuto lì, prima con la nonna (che era l’assegnataria della casa) e poi, dopo la morte della nonna, con sua figlia.
S.G. con l’avvocato L. I. utilizzò a quel tempo i 15 giorni di proroga dello sfratto per fare ricorso al TAR che però il 15 settembre 2010 (n.04018/2010 Reg.Ord.Sosp.) respinse la domanda incidentale di sospensione dello sfratto ritenendo che non vi fossero "gli elementi per ritenere che il ricorrente (Silvano Spada) facesse parte del nucleo familiare dell’assegnataria (la nonna)".
Non si ha notizia di cosa abbia in seguito deciso il TAR, fatto sta che quando il 9 ottobre 2018 (8 anni dopo) spararono al portoncino della casa di Silvano Spada l’indirizzo era sempre quello: via Forni 22. Una casa occupata abusivamente come ha raccontato la stampa: "maxi blitz in stile militare a Ostia per lo sgombero di un’altra casa popolare occupata abusivamente dagli Spada (dopo quello di giovedì scorso). A vivere indisturbati nell’abitazione erano la compagna e i figli di Silvano Spada, attualmente in carcere. Oltre 150 agenti del Corpo di polizia locale di Roma Capitale sono intervenuti in via Forni 22, a Ostia, per il recupero della casa popolare illecitamente occupata".
Questo faceva il circolo PD di via Forni che ad Ostia è chiamata dai residenti la ‘vietta’. In realtà è stata lo stradone della droga: rendeva fino a 15.000 euro al giorno, con tanto di dosi passate dai balconi agli spacciatori. A gestirla per molto tempo, affinchè tutto fosse tranquillo, Michael Cardoni oggi con Tamara Ianni (sua moglie) le fonti ritenute più attendibili da parte della Procura di Roma nel processo contro il clan Spada. Michael Cardoni per quel lavoro percepiva 200 euro al giorno fino a quando non venne ucciso a novembre 2011 il cugino di suo padre, Giovanni Galleoni, capo indiscusso del clan Baficchio, rivale degli Spada. Era di Giovanni Galleoni la palestra abusivamente occupata in via Forni 41-47 poi diventata degli Spada e fatta chiudere sotto Marino. Su via Forni al numero 16 c’era sempre stato il circolo del PD (chiuso il 19 maggio del 2015 per occupazione abusiva) e anche, dal 2005, al civico 39, lo sportello della Romeo Gestioni (davanti alla sede del PD, sul lato opposto) come punto di contatto per le 1042 famiglie delle case Armellini.
Non solo gli Spada furono aiutati dal PD ad occupare le case ma anche i ‘Baficchio’.
Dalle parole di Tamara Ianni, la collaboratrice di giustizia che ha denunciato il clan Spada, emerge il ruolo della ex sede del PD di via Antonio Forni a Nuova Ostia (la ‘vietta’). La sede, che non ha mai pagato per oltre 20 anni un euro al Comune occupando un alloggio che però il Comune pagava al gruppo Armellini, aiutava a ‘regolarizzare’ le occupazioni abusive collegate anche alla criminalità locale. Ciò si evince appunto dalla testimonianza di Tamara Ianni, la moglie di Michael Cardoni, figlio di Massimo a sua volta cugino di Giovanni Galleoni, quest’ultimo noto come «Baficchio» e considerato uno dei discendenti della Banda della Magliana (ucciso a Ostia nel 2011, inizio della predominanza del clan Spada). Galleoni aveva un 'libro mastro' (mai ritrovato) in cui annotava i propri proventi illeciti: pizzo, estorsioni, usura etc. Secondo i collaboratori di giustizia e la magistratura inquirente, anche la sede PD di via Antonio Forni pagava il pizzo. Per le case, il gioco allora era facile. Bastava occupare abusivamente una casa popolare, autodenunciarsi al Comune di Roma (lo sportello della Romeo era in via Forni, davanti alla sede del PD) e attendere l'arrivo dei vigili che prendevano atto dell'occupazione. Eletta la residenza in quella casa, si iniziava a pagare al Comune una indennità di occupazione per poi presentare una istanza di assegnazione della casa occupata grazie agli avvocati messi a 'disposizione' dal PD. Il Comune di Roma, con proprio ufficio, si occupava poi dell'istruttoria delle domande di regolarizzazione delle occupazioni abusive di questi alloggi di edilizia residenziale pubblica. Un metodo semplice e redditizio dal quale scaturivano centinaia di voti per il PD di Ostia>> (***)
Ma lo sa Autieri, ad esempio, che S.G. lavora dall'anno prima delle riprese del suo docufilm come segretaria presso uno stabilimento balneare di Ostia che nel film sono definiti mafiosi? Mi fermo qui per oggi.
Se fai un'inchiesta dovresti sapere queste cose e molte, molte altre verità, che ad Ostia conoscono tutti.
"Imbarazzante" per le persone per bene delle forze dell'ordine. Perché non posso credere che ad esempio il Colonnello Toscani si sarebbe prestato ad una cosa simile.
(segue)
Ma la domanda più importante è un'altra: a chi giova questa sceneggiatura?

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