domenica 4 dicembre 2011

Che disastro cumpa’

Mio caro amico,

Della mafia, diciamolo senza vergogna, non gliene frega niente a nessuno, tranne, come diceva Leonardo Sciascia ai “professionisti dell’antimafia” di ogni ordine e grado. Non servono a niente, tranne a loro stessi, e qualche volta fanno anche danni.

Ma il fatto è, amico mio, che l'Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua.

La grande e la piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia.

Mio caro amico, se non si riesce nemmeno a coinvolgere emotivamente uno sparuto pubblico presente con la solita retorica nazionale, che in questo momento del problema della mafia si bea come prima si beava di ignorarlo alluvionata di altra retorica, vuol dire che siamo oltre la farsa.

Bastavano i conti della serva per conclamarne il fallimento: 95 associazioni (alcune rispuntano come funghi alle prime piogge autunnali), 3 sigle sindacali, 9 partiti. Se per ogni associazione fossero venute mediamente 2 persone; se per le sigle sindacali 10; se per i partiti, così suddivisi: PD 100 (10 a circolo), 20 per SEL, 10 per UDC, 10 per i Verdi, 5 per FDS, 2 per i Radicali, almeno 50 per il PDL, 2 per il PSI, 10 per l’IDV, avrebbero dovuto esserci almeno 450 persone, escludendo i cittadini. E invece erano poco più di 150 e non certo perché la gente avesse paura di farsi vedere in piazza.

E’ andata in scena la solita retorica, la solita proposta di un Osservatorio per la Sicurezza e la legalità, che non serve a niente, soprattutto se si limita, come è consuetudine e come è accaduto anche venerdì, ad elencare (con gravi omissioni) gli episodi criminali accertati dalle forze dell’ordine. Ci sono fonti più qualificate per questo compito.

Caro amico mio, l'antimafia è uno strumento di potere anche in un sistema democratico, retorica aiutando e spirito critico mancando. E ne abbiamo qualche sintomo, qualche avvisaglia. Prendiamo, per esempio, un politico che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi (in interviste sulla stampa o nei cortei) come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei tanti problemi della città, si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno molto timidamente, oserà rimproverargli lo scarso impegno amministrativo; e dal di fuori. Ma dal di dentro, nell’amministrazione e nel suo partito, chi mai oserà ? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno.

Per il politico che porta il proprio Sindaco nelle spiagge assegnate con bandi regolari ai mafiosi e che strilla in piazza alla legalità; per il politico che sfrutta le regole di un sistema che utilizza regimi commissariale e grida in piazza parità costituzionale dei diritti, i simboli sono importanti? Approssimazione, superficialità, apparenza che scalza la sostanza, insofferenza ad ogni forma di disciplina, mi risponderai amico mio.

I simboli sono molto importanti. Sono così importanti che vedere simbolicamente sul manifesto o in piazza chi al suo interno non ha fatto mai chiarezza sull’amoralità di certi comportamenti, anche sulle infiltrazioni mafiose, è simbolicamente immorale.

La mafia, intesa anche come "immoralità" diffusa, come sensazione di impunità che circonda il Potere, si è incistata da decenni nei meccanismi dei diversi livelli di governo e della politica. La politica, oggi più mediatica che mai, fatta di simboli, intacca un corpo già molle e macilento, come quello della moralità, della morale, del senso comune della società italiana, la borghesia più ignorante d'Europa, diceva Pasolini. Ma l'origine del male, come sempre, è nella storia materiale dei poteri e degli equilibri tra i poteri.

Che disastro cumpa’. Non spero nel lieto fine, ma almeno che sia edificante.



(Il testo contiene stralci liberamente tratti da: “A ciascuno il suo”, Einaudi, Torino, 1966, “I Professionisti dell’antimafia”, 2001, italialibri.net, Milano, "La palma che va al Nord", Quaderni Radicali, Roma 1980, tutti di Leonardo Sciascia. Il Link agli interventi di venerdì, 2 dicembre 2011, in occasione della fiaccolata "Liberiamo Ostia dalle mafie").

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