«Quando boxavo, boxavo contro il mondo, e il mondo contro
di me. Oggi Cuba è contro il mondo e il mondo è contro Cuba. E allora a me
spetta un compito. Quello di difendere il mio paese». Proprio la particolarità
della boxe a Cuba è il nocciolo del problema: la chiamano «boxe sociale» perché
tiene bene in conto la sicurezza e l’attenzione all’atleta. Si spiega così la
scelta del dilettantismo, di una boxe che non punta alla distruzione
dell’avversario o alla mancanza di rispetto. Il professionismo è molto più
pericoloso e i pugili subiscono molti più danni, ma è anche vero che un
professionista combatte molto poco mentre un dilettante lo fa in continuazione.
La boxe a Cuba ha l’obiettivo di creare una forma sana di sport eliminando
qualsiasi tipo di mercato economico attorno agli atleti, insomma uno sport
anticapitalista (1).
Con questo spirito, lunedì 20 marzo, il pluricampione italiano dei pesi medio-massimi, il Maestro Marcello Paciucci, fondatore dell’ASD Champio Club di Acilia (2), nel cuore dell’entroterra del Municipio X della Capitale, Frank Gonzalez, inviato della più importante Agenzia di Stampa Latinoamericana, Prensa Latina-Cuba, è venuto ad intervistare le donne che fanno pugilato, perché a Cuba il pugilato femminile è proibito. Ospite d’eccezione Monica Gentili, che ha animato l’allenamento del corso delle 13.30. Pienone di atleti, abbracci, gioia e orgoglio per la sua presenza. Donna dolcissima, un po’ timida, ma una tigre sul ring e negli allenamenti. Un onore per tutte le ragazze e i ragazzi della palestra. Per loro i numeri non contano. Monica, ranking mondiale 35/123 con 13 incontri, 78 round, 6 vittorie (di cui una per KO tecnico) è soprattutto la pugile laziale nel cartellino di Paciucci, che ha con grande coraggio sfidato l’imbattuta irlandese Katie Taylor tre settimane fa allo 02 Arena - Millenium Dome, di fronte ad un pubblico di oltre 25mila persone.
(F) - Monica, hai iniziato il pugilato da giovane?
(M) - No, avevo 31 anni e ho iniziato per gioco. Volevo dare una svolta alla mia vita. Per tanti anni mi ero dedicata al culturismo. Un mio amico mi portò a fare una prova di pugilato. Mi era piaciuta, ma non avevo ancora chiuso un ciclo della mia vita. Così non ho dato seguito, ma dopo un annetto sono ritornata nella stessa palestra e da lì non ho più lasciato il Maestro con cui avevo iniziato. Avendo un carattere da guerriera sin da piccola, la boxe ha saputo scavarmi e ha plasmato quel carattere tanto che poi ho deciso di salire sul ring ed iniziare questa carriera che mi dà molte soddisfazioni.
(F) - Tu sei una professionista nella boxe, è l’unica attività che fai nella vita?
(M) - No, purtroppo lavoro in Aeroporto, settore sicurezza. Questo mi toglie molto tempo alla boxe. Fisicamente è dura perché la mattina mi alzo alle 3, vado al lavoro, torno e poi si parte con gli allenamenti. Poi c’è la casa, la famiglia. Non è facile, ma il pugilato per me è passione pura per cui la fatica non la sento. Mi fa star bene, mi rende felice, perché ogni giorno mi alzo sapendo che nel pomeriggio posso dedicare quelle due/tre ore all’allenamento.
(F) - Attorno alla boxe in Italia c’è un luogo comune duro a morire, che sia uno sport violento, figuriamoci il pugilato femminile …
(M) - Sì, purtroppo c’è ancora questa idea. Salire sul ring rimane per molti un discorso che si limita al picchiarsi, alla violenza. Purtroppo la gente ignora cosa sia realmente la boxe. Non sa che prima di arrivare lì c’è tutta una storia dietro, una storia fatta di passione e di insegnamenti: il rispetto, l’amare la vita, il sacrificio. Alzarsi tutte le mattine, anche nei giorni del dolore, e sapere che la boxe mi aiuterà a contenere questo dolore con la consapevolezza che la vita andrà avanti è una cosa impagabile.
(F) - A Cuba, da dove provengo, esiste una tradizione pugilistica antica e riconosciuta in tutto il mondo. Sono migliaia i pugili a Cuba e la bellezza e la grazia della escuela de boxeo cubana resiste. Ho sempre paragonato un incontro di pugilato a Cuba ad una coppia di ballo. Danzano con tecnica sopraffina e alla fine dell’incontro è bellissimo vedere come i due pugili ritrovino la loro amicizia, magari seduti a terra a parlare della rivoluzione, dei grandi campioni che hanno fatto la storia del pugilato a Cuba, anche di quella politica. E’ una esperienza che si vive anche fuori da Cuba?
(M) - Per quanto riguarda lo spirito di amicizia direi di sì. Diciamo che il 90% delle volte è così. Ho fatto anche degli incontri in cui sono capitati piccoli screzi con l’avversario, però se c’è una cosa che contraddistingue questo sport è proprio il rispetto verso la persona che hai di fronte. Non sono mai salita sul ring pensando “Odio quella persona”. Certo, ci metto cattiveria, perché voglio vincere per dimostrare a me stessa non tanto che sono la più forte, ma che posso dare tutta me stessa, giocarmi il tutto per tutto. Quando finisco il combattimento per me l’avversario è una persona alla quale portare solo rispetto. Per quanto riguarda l'aspetto politico direi di no. Certo, il fatto che la RAI abbia abdicato dalla boxe perché considerato uno sport diseducativo la dice lunga...
(F) - Due settimane fa a Londra ti sei confrontata con Katie Taylor. Non è da tutti combattere davanti a 25mila persone contro un calibro come l’irlandese …
(M) - Ho fatto molte esperienze internazionali, ma l’ultima è stata una delle esperienze più belle della mia vita perché combattere davanti ad un pubblico di 25mila persone, forse anche di più, è qualcosa che può paralizzarti. Credo che non sia da tutti, soprattutto confrontarsi contro forse la più forte al mondo. Ho perso, ma ho portato a casa la mia vittoria.
Con questo spirito, lunedì 20 marzo, il pluricampione italiano dei pesi medio-massimi, il Maestro Marcello Paciucci, fondatore dell’ASD Champio Club di Acilia (2), nel cuore dell’entroterra del Municipio X della Capitale, Frank Gonzalez, inviato della più importante Agenzia di Stampa Latinoamericana, Prensa Latina-Cuba, è venuto ad intervistare le donne che fanno pugilato, perché a Cuba il pugilato femminile è proibito. Ospite d’eccezione Monica Gentili, che ha animato l’allenamento del corso delle 13.30. Pienone di atleti, abbracci, gioia e orgoglio per la sua presenza. Donna dolcissima, un po’ timida, ma una tigre sul ring e negli allenamenti. Un onore per tutte le ragazze e i ragazzi della palestra. Per loro i numeri non contano. Monica, ranking mondiale 35/123 con 13 incontri, 78 round, 6 vittorie (di cui una per KO tecnico) è soprattutto la pugile laziale nel cartellino di Paciucci, che ha con grande coraggio sfidato l’imbattuta irlandese Katie Taylor tre settimane fa allo 02 Arena - Millenium Dome, di fronte ad un pubblico di oltre 25mila persone.
(F) - Monica, hai iniziato il pugilato da giovane?
(M) - No, avevo 31 anni e ho iniziato per gioco. Volevo dare una svolta alla mia vita. Per tanti anni mi ero dedicata al culturismo. Un mio amico mi portò a fare una prova di pugilato. Mi era piaciuta, ma non avevo ancora chiuso un ciclo della mia vita. Così non ho dato seguito, ma dopo un annetto sono ritornata nella stessa palestra e da lì non ho più lasciato il Maestro con cui avevo iniziato. Avendo un carattere da guerriera sin da piccola, la boxe ha saputo scavarmi e ha plasmato quel carattere tanto che poi ho deciso di salire sul ring ed iniziare questa carriera che mi dà molte soddisfazioni.
(F) - Tu sei una professionista nella boxe, è l’unica attività che fai nella vita?
(M) - No, purtroppo lavoro in Aeroporto, settore sicurezza. Questo mi toglie molto tempo alla boxe. Fisicamente è dura perché la mattina mi alzo alle 3, vado al lavoro, torno e poi si parte con gli allenamenti. Poi c’è la casa, la famiglia. Non è facile, ma il pugilato per me è passione pura per cui la fatica non la sento. Mi fa star bene, mi rende felice, perché ogni giorno mi alzo sapendo che nel pomeriggio posso dedicare quelle due/tre ore all’allenamento.
(F) - Attorno alla boxe in Italia c’è un luogo comune duro a morire, che sia uno sport violento, figuriamoci il pugilato femminile …
(M) - Sì, purtroppo c’è ancora questa idea. Salire sul ring rimane per molti un discorso che si limita al picchiarsi, alla violenza. Purtroppo la gente ignora cosa sia realmente la boxe. Non sa che prima di arrivare lì c’è tutta una storia dietro, una storia fatta di passione e di insegnamenti: il rispetto, l’amare la vita, il sacrificio. Alzarsi tutte le mattine, anche nei giorni del dolore, e sapere che la boxe mi aiuterà a contenere questo dolore con la consapevolezza che la vita andrà avanti è una cosa impagabile.
(F) - A Cuba, da dove provengo, esiste una tradizione pugilistica antica e riconosciuta in tutto il mondo. Sono migliaia i pugili a Cuba e la bellezza e la grazia della escuela de boxeo cubana resiste. Ho sempre paragonato un incontro di pugilato a Cuba ad una coppia di ballo. Danzano con tecnica sopraffina e alla fine dell’incontro è bellissimo vedere come i due pugili ritrovino la loro amicizia, magari seduti a terra a parlare della rivoluzione, dei grandi campioni che hanno fatto la storia del pugilato a Cuba, anche di quella politica. E’ una esperienza che si vive anche fuori da Cuba?
(M) - Per quanto riguarda lo spirito di amicizia direi di sì. Diciamo che il 90% delle volte è così. Ho fatto anche degli incontri in cui sono capitati piccoli screzi con l’avversario, però se c’è una cosa che contraddistingue questo sport è proprio il rispetto verso la persona che hai di fronte. Non sono mai salita sul ring pensando “Odio quella persona”. Certo, ci metto cattiveria, perché voglio vincere per dimostrare a me stessa non tanto che sono la più forte, ma che posso dare tutta me stessa, giocarmi il tutto per tutto. Quando finisco il combattimento per me l’avversario è una persona alla quale portare solo rispetto. Per quanto riguarda l'aspetto politico direi di no. Certo, il fatto che la RAI abbia abdicato dalla boxe perché considerato uno sport diseducativo la dice lunga...
(F) - Due settimane fa a Londra ti sei confrontata con Katie Taylor. Non è da tutti combattere davanti a 25mila persone contro un calibro come l’irlandese …
(M) - Ho fatto molte esperienze internazionali, ma l’ultima è stata una delle esperienze più belle della mia vita perché combattere davanti ad un pubblico di 25mila persone, forse anche di più, è qualcosa che può paralizzarti. Credo che non sia da tutti, soprattutto confrontarsi contro forse la più forte al mondo. Ho perso, ma ho portato a casa la mia vittoria.
E così Frank Gonzalez lascia la palestra dopo aver
raccolto le voci diverse di tutte le donne, ma in comune la passione della
boxe. Chissà se la palestra di Marcello Paciucci, grazie anche ai Maestri come
Fabio Zapponi (che ha affiancato il Maestro Valerio Monti all’angolo della
Gentili a Londra), riuscirà, come accaduto tante volte, a sfornare un'altra
campionessa. L'ultima, che ha iniziato proprio con il Maestro Zapponi a 14 anni
fino al suo esordio sul ring, è stata Giordana Sorrentino, un’altra laziale, laureatasi
neo campionessa italiana a Chieti italiana categoria 57 youth nelle scorse
settimane. Rimane fra loro un rapporto indissolubile, di amicizia e di
riconoscenza. E' la magia della boxe.
(1) da Il Manifesto, 1° agosto 2015
(2) LINK
(1) da Il Manifesto, 1° agosto 2015
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