La recente determinazione dirigenziale con cui il
Municipio X ha dichiarato la decadenza dalla titolarità della Concessione
Demaniale Marittima dello stabilimento balneare MED (ex art.47 del codice della
navigazione) desta, a livello urbanistico, elementi di preoccupazione. Da
quanto è dato sapere, tra le diverse contestazioni di carattere amministrativo
ed edilizio sollevate si sostiene anche che i manufatti realizzati in
quell’area, dunque su Demanio Marittimo, non sarebbero conformi alle grandezze
edilizie previste dal Nuovo Piano Regolatore Generale (NPRG) del Comune di
Roma. Senza scendere nei dettagli, vale la pena ricordare che le Norme Tecniche
di Attuazione (NTA) del NPRG, secondo la Delibera di approvazione del Consiglio
Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008, individuano il Demanio Marittimo come zona
di “Verde pubblico e servizi pubblici di livello
locale” (cfr. Elaborato 3a Stralcio della pianificazione vigente:
Piano Regolatore Generale: sistemi e regole, normato dall’art. 85 delle NTA).
Inoltre, tra le funzioni ammesse in tale area, le uniche destinazioni possibili
sono quelle di verde pubblico ed in particolare di “aree
per il gioco dei ragazzi e dei bambini e per il tempo libero degli adulti:
eventualmente attrezzati con chioschi, punti di ristoro, servizi igienici”
(comma 1, lettera d). A tale destinazione corrispondono (comma 2) determinati
parametri e grandezze urbanistico-ecologiche, che si riassumono (per la
realizzazione di tali servizi di livello locale) in un indice di edificabilità
pari a 0,05 mq/mq. Ciò vuol dire che sui 1.700 mq di concessione del MED
sarebbero edificabili solo 85 mq.
Ora, secondo l’elenco delle Concessioni Demaniali Marittime ricadenti nel territorio del Municipio Roma X (pubblicato il 4 gennaio 2016 ed aggiornato recentemente, il 3 agosto 2016) il MED avrebbe 125 mq di opere di facile rimozione (chioschi, cabine, rimessa attrezzi, etc), dunque 40 mq in più. Tale eccedenza esisteva già nella determinazione dirigenziale n.846 del 24 marzo 2014, con cui la concessione dello stabilimento balneare MED è stata dichiarata valida fino al 31 dicembre 2020. Allora cosa è cambiato da quella data ad oggi da determinare la decadenza della concessione? Questa è la domanda che una corretta amministrazione pubblica dovrebbe porsi. In altre parole, per il principio della continuità amministrativa, la prima indagine dovrebbe svolgersi all’interno dei propri uffici per verificare la regolarità della proroga della concessione fino al 2020, avvenuta sotto l’amministrazione di Andrea Tassone, PD, arrestato per Mafia Capitale il 4 giugno 2015. Nulla di questo è stato fatto e la determinazione dirigenziale 846/2014 dal 29 agosto 2016 continua a valere per tutti ad eccezione che per il MED, ledendo un principio fondamentale della legalità e cioè l’applicabilità delle norme e dei regolamenti per tutti e non solo per alcuni.
Questa dislessia amministrativa nella gestione di un bene pubblico, come quello demaniale, pone due questioni: l’interesse pubblico della fascia demaniale e l’attuazione prossima ventura del PUA, cioè del Piano Urbanistico degli Arenili.
Secondo gli studi del Comune di Roma, risulta che su tutto il Litorale romano esiste una capacità insediativa residua che ammonta a ben 17.086,03 mq di SUL (la Superficie Utile Lorda è, in urbanistica, “la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati” comprensive di tutti gli elementi quali, p.es., scale, portici, etc.). Dunque ancora molto è edificabile ed è per questo che occorre disciplinare la fascia demaniale marittima ai fini del rilascio e della regolamentazione delle concessioni. L’obiettivo generale dovrebbe essere il miglioramento dei servizi alla balneazione nel rispetto dei vincoli ambientali e paesistici, cioè in altre parole, riconoscere un interesse pubblico, un interesse collettivo, da tradurre non solo nel diritto di accesso al mare ma, in forma più estesa, nel diritto di fruire del mare e dell’arenile. Potervi accedere, ma non usufruirne non ha alcun senso. Un cattivo esempio, sotto gli occhi di tutti, sono i servizi negati quest’anno sulle spiagge di Castelporziano e di Capocotta, oggetto di un discutibile comportamento amministrativo che ha demolito senza ricostruire, per cui il cittadino trova arenili senza bagnini di salvataggio e relative postazioni, senza servizi igienici, senza presidi sanitari e aree d’ombra assenti o inadeguate, senza alcuna regolamentazione di accesso ai mezzi di trasporto pubblici e privati. Dunque, gli arenili sono stati di fatto sacrificati per una discutibile applicazione della legalità e non si comprende (o forse sì) a favore di chi. Certamente non dei cittadini.
Ora, secondo l’elenco delle Concessioni Demaniali Marittime ricadenti nel territorio del Municipio Roma X (pubblicato il 4 gennaio 2016 ed aggiornato recentemente, il 3 agosto 2016) il MED avrebbe 125 mq di opere di facile rimozione (chioschi, cabine, rimessa attrezzi, etc), dunque 40 mq in più. Tale eccedenza esisteva già nella determinazione dirigenziale n.846 del 24 marzo 2014, con cui la concessione dello stabilimento balneare MED è stata dichiarata valida fino al 31 dicembre 2020. Allora cosa è cambiato da quella data ad oggi da determinare la decadenza della concessione? Questa è la domanda che una corretta amministrazione pubblica dovrebbe porsi. In altre parole, per il principio della continuità amministrativa, la prima indagine dovrebbe svolgersi all’interno dei propri uffici per verificare la regolarità della proroga della concessione fino al 2020, avvenuta sotto l’amministrazione di Andrea Tassone, PD, arrestato per Mafia Capitale il 4 giugno 2015. Nulla di questo è stato fatto e la determinazione dirigenziale 846/2014 dal 29 agosto 2016 continua a valere per tutti ad eccezione che per il MED, ledendo un principio fondamentale della legalità e cioè l’applicabilità delle norme e dei regolamenti per tutti e non solo per alcuni.
Questa dislessia amministrativa nella gestione di un bene pubblico, come quello demaniale, pone due questioni: l’interesse pubblico della fascia demaniale e l’attuazione prossima ventura del PUA, cioè del Piano Urbanistico degli Arenili.
Secondo gli studi del Comune di Roma, risulta che su tutto il Litorale romano esiste una capacità insediativa residua che ammonta a ben 17.086,03 mq di SUL (la Superficie Utile Lorda è, in urbanistica, “la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati” comprensive di tutti gli elementi quali, p.es., scale, portici, etc.). Dunque ancora molto è edificabile ed è per questo che occorre disciplinare la fascia demaniale marittima ai fini del rilascio e della regolamentazione delle concessioni. L’obiettivo generale dovrebbe essere il miglioramento dei servizi alla balneazione nel rispetto dei vincoli ambientali e paesistici, cioè in altre parole, riconoscere un interesse pubblico, un interesse collettivo, da tradurre non solo nel diritto di accesso al mare ma, in forma più estesa, nel diritto di fruire del mare e dell’arenile. Potervi accedere, ma non usufruirne non ha alcun senso. Un cattivo esempio, sotto gli occhi di tutti, sono i servizi negati quest’anno sulle spiagge di Castelporziano e di Capocotta, oggetto di un discutibile comportamento amministrativo che ha demolito senza ricostruire, per cui il cittadino trova arenili senza bagnini di salvataggio e relative postazioni, senza servizi igienici, senza presidi sanitari e aree d’ombra assenti o inadeguate, senza alcuna regolamentazione di accesso ai mezzi di trasporto pubblici e privati. Dunque, gli arenili sono stati di fatto sacrificati per una discutibile applicazione della legalità e non si comprende (o forse sì) a favore di chi. Certamente non dei cittadini.
In questo confuso contesto si è inserita la nuova Legge
Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno
2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del
demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del
6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico
laziale, e successive modifiche”, di cui recentemente è stato
pubblicato anche il Regolamento attuativo. Vale la pena ricordare che da alcuni
anni gli stabilimenti balneari sono a tutti gli effetti imprese turistiche e
dunque deve esserne ampliato il periodo di apertura delle attività, promuovendo
la destagionalizzazione dell’offerta turistica e “lo
svolgimento di attività collaterali alla balneazione” mediante utilizzo delle
“strutture di facile rimozione utilizzate per finalità turistiche e ricreative,
eventualmente presenti sull’area demaniale marittima assentita in concessione“.
Una rivoluzione, che dovrà passare per ogni Assemblea Comunale di tutti i
comuni marittimi del Lazio, compresa Roma Capitale e dunque Ostia.
Quello a cui si assiste in questi mesi va nella direzione
opposta. Ostia, commissariata per mafia per “salvare Roma Capitale dal
Commissariamento”, senza alcuna pianificazione territoriale che
faccia riferimento ai punti sopra citati, si è caratterizzata durante questa
stagione balneare per la spasmodica ricerca delle irregolarità amministrative
od edilizie all’interno delle singole concessioni marittime, decontestualizzate
da un inquadramento urbanistico che invece doveva avere come riferimento ‘alto’
il raggiungimento dell’interesse pubblico del mare tramite anche l’utilizzo
della nuova legge regionale.
Si assiste dunque a inutili (e costose) prove di forza tra amministrazione e concessionari, finalizzate a rimuovere poche decine di mq, demonizzando un’intera categoria, che divengono così gli unici colpevoli, senza ‘indagare’ l’operato degli amministrativi che hanno firmato le precedenti autorizzazioni e senza alcun rispetto verso gli interessi del Cittadino, primus inter pares.
Si assiste dunque a inutili (e costose) prove di forza tra amministrazione e concessionari, finalizzate a rimuovere poche decine di mq, demonizzando un’intera categoria, che divengono così gli unici colpevoli, senza ‘indagare’ l’operato degli amministrativi che hanno firmato le precedenti autorizzazioni e senza alcun rispetto verso gli interessi del Cittadino, primus inter pares.
Il mare non è frontiera per l’esibizione del machismo
della legalità.
Paula de Jesus
per LabUr
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