giovedì 26 novembre 2009

XIII Municipio, perequazione selvaggia: l'IDV XIII è l'unica a dire NO.

Ringrazio pubblicamente l'IDV del XIII Municipio, per aver creduto e fatto con noi questa battaglia e per aver raccolto le firme per l'interrogazione/interpellanza al Sindaco sulle 167. Per tutti gli altri partiti che hanno nicchiato su questa battaglia che (a partire dal centro-destra del Municipio XIII, ai Verdi e al PD anche in Campidoglio), malgrado propagandino di "ascoltare la base e puntare sui talenti", rendiamo pubblica, avendone ricevuta l'autorizzazione, lo scambio con Paolo Berdini, noto urbanista.

Caro Paolo,
secondo quanto convenuto all’incontro sul Piano Casa presso la sede di Carta, ti giro queste note che fanno parte dell’interpellanza rivolta al Sindaco di Roma. Un tuo commento sarebbe graditissimo.

Ciao e grazie in ogni caso per l’attenzione
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Risponde Paolo Berdini - Urbanista

Il ragionamento che mi hai inviato è perfetto e non merita alcun commento che solleciti.
Aggiungo soltanto due brevi considerazioni. La prima riguarda il fatto che si mistifica sui nomi per fare ciò che si vuole. La perequazione (quella vera) è prevista nella legislazione urbanistica dal 1942 (anno di approvazione della legge fondamentele). Ma in quella sede ci si poneva il problema di equiparare tutti i proprietari inseriti all'interno di un'area di trasformazione urbanistica in modo da non premiare alcuni con edificazione privata e penalizzare altri con la previsione di servizi pubblici da realizzare attraverso l'esproprio. Quella del XIII municipio non è perequazione, dunque. E' un premio di cubatura dato ad un unico propietario perche non si hanno le risorse economiche per espropriare i terreni. Basterebbe aprire una vertenza con il governo centrale e chiedere fondi ad hoc, ma non lo fanno le nostre amministrazioni figurati loro. Le città sono in mano alla speculazione. La seconda riflessione riguarda il fatto che le aree "167" sono state utilizzate storicamente per attenuare la carenza di servizi urbane nelle città. Quello che tu scrivi è sacrosanto. Se aumenta la volumetria grazie alla finta perequazione non restano aree da destinare a verde e servizi. Le città si impoveriscono.
Un caro saluto.

Paolo
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Secondo la Legge 22 ottobre 1971, n. 865, le aree comprese nei Piani di Zona approvati, a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi (Art.35, comma 2). Per l'acquisizione di tali aree i comuni, possono utilizzare i fondi di cui dispongono per tali fini o propri fondi di bilancio (Art. 22), ma possono (qualora deficitarii) anche richiedere anticipazioni alla Cassa Depositi e Prestiti (Art. 23).

Il Comune di Roma, per sua stessa ammissione, non ha fondi per eseguire gli espropri: né propri, né ottenuti dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Un fattore di crisi è stata la crescita costante dei costi dell’esproprio: con la legge 865/71 questi erano parametrati sul valore agricolo delle aree, nel 1992 sono saliti a circa la metà del valore di mercato, mentre attualmente fanno riferimento al valore di mercato pieno.

Per sopperire alla mancanza di fondi, il Comune di Roma ha introdotto la perequazione, un concetto urbanistico che consiste in uno scambio fra il proprietario, che cede le aree al Comune, e il Comune che cede diritti edificatori al privato.

Ma poiché la principale caratteristica della perequazione urbanistica riguarda l’individuazione di aree 'cedenti' capacità edificatoria e di aree 'riceventi' capacità edificatoria, risulta anomalo (per le 167 del XIII Municipio) che invece entrambe queste tipologie di aree coincidano con gli stessi Piani di Zona. In altre parole, i diritti edificatori acquisiti dai proprietari dei terreni da espropriare sono stati considerati interni agli stessi Piani di Zona e considerati non trasferibili altrove, con conseguente aumento delle cubature negli stessi Piani di Zona e relativa densificazione abitativa.

In più, si è concesso ai proprietari, mediante atto di impegno, di scegliere la cubatura non residenziale al posto di quella residenziale, stravolgendo di fatto la pianificazione dei Piani di Zona stessi. Non esiste quindi nell'applicazione della perequazione dentro i Piani di Zona del XIII Municipio alcun intento pianificatore ma solo la necessità di sopperire (con tale strumento) a una difficoltà economica relativa ai costi di esproprio.

Poiché tali Piani di Zona sono limitrofi ad aree aventi strumenti urbanistici non ancora attuati (p.es., zona O N.51 Infernetto-Macchione, toponimo 13.8 Infernetto-Via Lotti, toponimo 13.4 Infernetto-Ponte Olivella), l'aumento di cubatura e la maggiore densificazione abitativa dei Piani di Zona finiscono addirittura per non apportare alcuna riqualificazione del contesto, per non sopperire alla mancanza dei servizi e per peggiorare la situazione attuale delle aree a loro limitrofe.

Ricordiamo che la legge 18 aprile 1962, n. 167, Art. 1, impegna il Comune di Roma a dotare i singoli Piani di Zona anche delle "opere e servizi complementari, urbani e sociali". Ci chiediamo come questo sia possibile se le stesse opere e servizi, a causa della mancata attuazione, non sono completati in termini di mobilità, di viabilità, di trasporto pubblico, di assistenza sanitaria, di scuole, di centri culturali, etc. nelle aree limitrofe ai Piani di Zona.

Domandiamo pertanto al Sindaco di Roma di giustificare l'applicazione della perequazione urbanistica all'interno dei Piani di Zona del XIII Municipio, in termini di Legge e sulla base della mancata attuazione degli strumenti urbanistici nelle aree limitrofe ai Piani di Zona stessi, perequazione che non solo non ha alcun intento pianificatore e accomuna impropriamente le aree 'cedenti' capacità edificatoria con le aree 'riceventi' capacità edificatoria, ma che finisce addirittura per non portare vantaggi alle aree limitrofe che proprio dai Piani di Zona dovrebbero riceverne.

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