mercoledì 31 ottobre 2012

Pasolini ad Ostia


In occasione dell'anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, due saranno gli appuntamenti per commemorare il grande intellettuale.

Venerdì 2 novembre, alle ore 11.00, presso, piazza dei Piroscafi
Inaugurazione del monumento a Pasolini, realizzato dalla Comunità Foce del Tevere.

Sabato 10 novembre, ore 17, piazza Anco Marzio ad Ostia
Proiezioni di immagini e filmati, letture inedite, accompagneranno la tavola rotonda “Perché il Processo", tratto da il Corriere della Sera, 28 settembre 1975 (*)

Parteciperanno:

Riccardo Corbucci (PD), Vice Presidente del Consiglio del IV Municipio
Stefano Salvemme (PDL), Vice Presidente del Consiglio del XIII Municipio
Leonardo Ragozzino, Responsabile Cultura SEL Roma Area Metropolitana
Paolo Surini, Esecutivo Regionale IDV Lazio e portavoce IDV XIII Municipio
Coordina l’Associazione “Mare in Vista”.

Seguirà proiezione del film “Ostia” di Sergio Citti del 1971

(*) «[...] I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorché nei servizi pubblici di prima necessità [...] I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetta civiltà tecnologica si siano compiuti così selvaggi disastri edilizi, urbanistici, paesaggistici, ecologici [...] I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetto laicismo l'unico discorso laico sia stato quello, laido, della televisione [...]" (da "Perché il Processo" Corriere della Sera, 28 settembre 1975)

Alemanno, l’Idroscalo e Haluvion


Nessun allarme dal mare, nessun allarme dalle piogge, nessun allarme dal fiume. C’è invece all’Idroscalo di Ostia l’allarme Alemanno, un sindaco incapace a non perdere la faccia. Due anni fa cercò di salvare la gente con i manganelli spendendo tre milioni di euro con più di 1.000 uomini in tenuta antisommossa. Ora non ha 1.000 euro per mettere sacchetti di sabbia sulla scogliera a fiume dove aveva scritto che avrebbe messo in piedi un sistema di difesa realizzato con palancole tipo Larssen. La gente dell’idroscalo teme il vento che gonfia il mare e impedisce al fiume di uscire visto anche che la foce é insabbiata. Ma Alemanno non lo sa e chiamerà l’esercito. Intanto i cittadini con 300 euro di spesa si sono realizzati il proprio sistema drenante per le acque meteoriche. New York colpita da Sandy, Roma da Giandy.

Andrea Schiavone e Paula de Jesus per LabUr – Laboratorio di Urbanistica

mercoledì 24 ottobre 2012

XIII Municipio, Infernetto – Il nuovo Piano toglierà 273mila mq di aree pubbliche

Il nuovo Piano Particolareggiato dell'Infernetto, più precisamente quello della Zona 'O' n.51 Infernetto-Macchione, arriva in ritardo a giochi fatti. Non serve per regolamentare quanto ormai è già stato costruito dal 1994 fino ad oggi, ma serve solo per consentire una nuova colata di cemento. Prendiamo i dati forniti da Roma Capitale. Il vecchio piano prevedeva un insediamento di quasi 30mila abitanti, il nuovo di poco più di 20mila. Peccato che nel 2011 all'Infernetto si contavano nella Zona 'O' ben 26.390 abitanti. Dove li mettiamo, nel nuovo piano, i 6mila e passa abitanti in più?

Non basta. Con il nuovo piano si perderanno oltre 273mila mq di aree pubbliche, grazie al 'giochino' di ridurre le previsioni di insediamento di quasi 10mila abitanti e di diminuire, per ogni abitante, i mq di aree pubbliche spettanti. Nei 273mila mq, composti da 193mila mq di aree verdi e oltre 80mila mq di servizi pubblici (=scuole), verrano ad insediarsi altre 7mila persone, fino ad arrivare non a 20mila, come dichiarato, ma almeno a 33mila abitanti. Senza contare infine che le strade non potranno essere portate a norma visto che ormai è tutto costruito e che non si possono 'allargare' e dotare di marciapiedi le strade esistenti.
In questo scenario da manicomio urbanistico si inserisce, a peggiorare le cose, quanto gravita intorno al Piano Particolareggiato e cioè convenzioni, lottizzazioni, toponimi, densificazioni, aree di atterraggio di diritti edificatori, cambi di destinazione d'uso tra commerciale e residenziale, piani di zona (le famigerate '167'), case per i Vigili del Fuoco, 3 chiese, il centro commerciale dell'Esselunga, housing sociale e chi più ne ha, più ne metta. Non scordiamoci infatti che l'Infernetto è una zona urbanistica del XIII Municipio (13i) estesa per oltre 1000ha, di cui solo la parte centrale (532 ha) è quella sorta spontaneamente e poi perimetrata nel 1994 (Zona ‘O’), grazie a Pannella. Attorno, negli oltre 500 ha restanti, sta sorgendo da anni di tutto, senza alcun controllo e senza portare nuovi servizi, anzi, barattando qualche scuola (che non si fa nella Zona 'O') per ulteriori aumenti di cubatura. Insomma, da manicomio a inferno urbanistico: sarà questo il motivo per cui si chiama Infernetto?
Vogliamo allora proprio vedere come questa dissennata amministrazione renderà compatibile la finta regolamentazione della Zona 'O' con aree tipo Riserva Verde, una lottizzazione degli anni '70 più volte oggetto delle attenzioni della Procura di Roma. Il caso dell'enorme edificio non residenziale in via Luson, è emblematico. Da anni sotto indagine per presunti abusi edilizi, viene ora considerato dal Comune di Roma indispensabile per risolvere il problema dell'emergenza abitativa. In che modo? Si sana tutto, si trasforma in residenziale l'edificio e il costruttore cede al Comune qualche appartamento come contropartita. Peccato che la vera 'emergenza abitativa' la subiscono tutti i giorni i cittadini dell'Infernetto 
in balìa di amministratori e tecnici comunali troppo spesso preoccupati non della "bene pubblico", ma di quello privato. Ma anche di volenterosi carnefici del territorio annidati contemporaneamente dentro discutibili comitati di quartiere, consorzi e consulenze pubbliche e che vogliono solo trovare posto ai loro sacchetti grigi di cemento. La moneta urbanistica paga bene, molto bene.

Andrea Schiavone e Paula de Jesus per LabUr

(due immagini: una, il confronto tra i due pp, l'altra l'Infernetto con segno della zona 'O')

lunedì 22 ottobre 2012

Ostia, Polo Natatorio – Si celebrano le nozze coi fichi secchi

Il Polo Natatorio di Ostia, sorto per i Mondiali di Nuoto Roma '09 e di proprietà del Comune di Roma, ospiterà una fiera nuziale privata. Si tratta dell'evento 'Ostia Sposa', che si terrà dal 26 al 28 ottobre, dalle 10:00 alle 21:00, nell'area del parcheggio scoperto in concessione alla Federazione Italiana Nuoto (FIN). Cosa abbia a che vedere un centro federale sportivo con le nozze non è dato sapere. Così come non risultano le necessarie delibere e determinazioni dirigenziali di autorizzazione ad un simile evento privato presso l’Albo Pretorio del Comune. Eppure la FIN e il Comune di Roma (patrocinio del XIII Municipio e dell'Assessorato alle Attività Produttive) risultano in bella evidenza sulla locandina di 'Ostia Sposa'. 

I cittadini attendono a distanza di 3 anni che il Polo Natatorio venga terminato e che si concludano le indagini da parte della Procura di Roma per il raddoppio dei costi: 32 milioni contro i 15 previsti in appalto. Per altro il parcheggio non è mai stato utilizzato dai cittadini mentre ne hanno fatto uso i clienti dello stabilimento balneare “Le Dune” del progettista delle piscine dei Mondiali, Renato Papagni, in quanto incluso nel prezzo dell’abbonamento allo stabilimento.
Curioso anche il fatto che solo nel XIII Municipio arrivi il surrogato dell'evento 'Roma Sposa', tenutosi il 27-30 settembre presso il Palazzo dei Congressi all'EUR, grazie al sostegno dell'Assessore comunale alle Attività Produttive, Davide Bordoni, nato a Ostia e amico di Paolo Barelli, presidente della FIN. 


E' l’ennesimo grottesco episodio sul Polo Natatorio di Ostia, che si aggiunge all'ultimo scandalo della costosa convenzione con il ristorante “Al Pescatore”, per un servizio mensa nei confronti di atleti e dirigenti che lo frequentano. Anche il bar all'interno dell'impianto sportivo è in concessione allo stesso ristorante. Perché non celebrare allora, durante 'Ostia Sposa' anche le “Banali 10 nozze con i fichi secchi” o sarebbe meglio dire “sposa bagnata sposa fortunata”?

giovedì 18 ottobre 2012

Piano Particolareggiato Infernetto: l'ennesimo colpo di mano


La
Ieri pomeriggio, in aula Massimo di Somma, si è parlato dell’imminente adozione del piano particolareggiato dell’Infernetto. A prescindere dalle molteplici false affermazioni di alcuni tecnici (aumento del verde, risoluzione dei problemi idrogeologici, canali in contropendenza, su cui evidentemente l’ing. Renato Papagni ha fatto scuola anche tra gli architetti), è giunta la notizia che “finalmente sarà tolta la fascia di rispetto dalla tenuta di Castel Porziano, consentendo a questa fascia di divenire edificabile.
Ricordiamo che togliere la fascia di rispetto peggiorerà il rischio idrogeologico dell’area data la presenza del Fosso del Confine. I recenti allagamenti del circolo Babel, finito sotto l’inchiesta sui Mondiali di Nuoto Roma ‘09, lo provano. Analogamente per la fascia di Via Merano. Si tratta dell’ultimo colpo di mano urbanistico di questa pessima amministrazione comunale.


mercoledì 17 ottobre 2012

Gli abusi morali di Profeta

Dopo il fuori onda di Tommaso Profeta, capo della Protezione Civile della Capitale, secondo il quale all'Infernetto "sono tutte case abusive ... qui è tutto abusivo, Roma è stata costruita abusivamente" (v. video a questo link) si susseguono comunicati strampalati sopratutto da parte dei partiti. Evidentemente non conoscono il significato dei termini "abusivo" e "abusivismo".

Politica, amministratori e tecnici comunali a servizio dei costruttori non possono far ricadere sui cittadini il fallimento in fase attuativa del nuovo Piano Regolatore. L'impiego della moneta urbanistica con cui il Comune di Roma risana da anni il suo bilancio, usando i soldi destinati alle opere di urbanizzazione per garantire la copertura delle spese ordinarie, deve terminare. Zone residenziali di pregio come l'Infernetto, regolarmente costruite, a dispetto di quanto afferma Profeta, sono diventate a rischio idraulico per l'assoluta carenza di opere pubbliche attese da 20 anni. Non ci sono cantieri sequestrati o case senza licenza edilizia. Se un abuso c'è è urbanistico. I sermoni di partiti non vergini o le dichiarazioni in libertà del capo della protezione civile sono invece dei veri e propri abusi morali. Dove sono finiti i 640 milioni di euro previsti da Alemanno un anno fa per il risanamento idrogeologico del XIII Municipio?

lunedì 15 ottobre 2012

Il mio intervento al tavolo del "waterfront" del 9 ottobre 2012


INTRODUZIONE
Gli errori nello sviluppo urbano si pagano per secoli. Per questa ragione è fondamentale che chi progetta le città abbia come scopo principale quello di “far stare bene la gente”, e non lasciare semplicemente un segno o la propria griffe su un luogo. I cittadini devono provare un senso di gioia nel vivere la loro città, che invece tendono ad intristirsi sempre di più. L´uso dei materiali, dei colori, delle trasparenze è fondamentale per renderle appunto più gioiose. L´acqua, in particolare, rende le città più belle, ne raddoppia le immagini. Venezia è bella non solo perché è unica ma soprattutto perché c´è l´acqua. La cosa più importante però non è il fattore estetico, piuttosto quello etico. Bisogna costruire per far incontrare e non per dividere. La felicità di un luogo, di una città, sta nel creare incontri, nell´aprirsi agli altri. Quello che ha intristito le città e la società in generale è l´uso politico della paura, anche in Italia, il Paese che ha inventato la piazza, la città aperta. 

PARTECIPAZIONE
Ralph DiBart ha detto, la partecipazione “è come dirigere un’orchestra. C’è l’aspetto di concepire una sinfonia. Ma poi bisogna prestare attenzione a tutte le partiture, capire il contributo di ciascuno strumento, e orchestrare attentamente il tutto per costruire una musica grandiosa”. Ecco cosa dobbiamo fare a questo tavolo.

In uno dei nostri incontri la giornalista Alessandra Sozio ha detto con tono accorato “Ma ce l’avete un sogno? Siete ancora capaci di sognare che una città migliore sia possibile”. Ebbene, sono partita dalle sue parole e rispondo “Sì, è possibile e voglio parlarvi di un sogno divenuto realtà in soli 8 anni e solo alla fine vi dirò di chi e di cosa si tratta”.

SPERANZE

“Se dovessimo valutare i nostri successi o fallimenti in termini di reddito, dovremmo considerarci sconfitti sino alla fine dei tempi. Con le nostre scarse risorse, dobbiamo inventarci altri criteri per misurare i successi. Magari che tutti i ragazzi possono accedere a strutture sportive, biblioteche, parchi, scuole, asili. Considerare le città dal punto di vista della costruzione del benessere di chi le abita. Si deve promuovere la felicità umana. I sogni non costano nulla. E allora sogniamo. Iniziamo a immaginare come vorremmo la casa. Come vorremmo che stessero i nostri figli. É meglio guidare o camminare per andarsi a comprare il pane? È quella la base da cui partire per pensare alle città. Non abbiamo riflettuto a sufficienza su come viviamo. Abbiamo delegato troppe decisioni ad altri.  Non odio le auto, semplicemente amo molto gli spazi pubblici vissuti, dove si raduna gente di tutti i tipi per stare insieme: posti che spesso non esistono dove impera l’automobile. Posti che sono più che mai importanti nelle città povere, rispetto a quelle ricche, perché i poveri non hanno altri posti dove andare. Tutti abbiamo bisogno di vedere gente. Tutti vogliamo vedere il verde. I ricchi magari lo possono fare al loro circolo o in un’altra struttura privata. La gran parte delle persone però lo può fare solo in spazi pubblici, piazze, parchi, marciapiedi, greenway, trasporti pubblici. La prima cosa che deve fare una società democratica, è di mettere a disposizione i migliori spazi pubblici. Non sono affatto una cosa frivola. Sono altrettanto importanti di ospedali o scuole. Creano senso di appartenenza. Contribuiscono a creare un tipo di società diversa, dove si incontrano persone di tutti i ceti, una società più integrata e sana. Il mio obiettivo è stato di costruire una città per tutti i bambini. Il criterio di valutazione deve essere che una città buona è quella dove un bambino in bicicletta o in triciclo può girare dappertutto. Se va bene per i bambini, andrà bene per tutti. Invece negli ultimi ottant’anni abbiamo costruito città per muovere le auto, non per fare felici i bambini”.

In 8 anni ha realizzato 52 nuove scuole, 150 rinnovate, introdotti 14.000 computer negli istituti pubblici, aumentato le iscrizioni di studenti del 34%. Creato o restaurato 1.200 parchi e campi gioco in tutta la città.  Realizzato tre biblioteche centrali e 10 di quartiere.  Costruito 100 asili per bambini sotto i cinque anni, con una fonte assicurata permanente di finanziamento. Migliorato la qualità di vita negli “slum” portando l’acqua corrente al 100% delle famiglie, acquisendo terreni edificabili in periferia per prevenire la speculazione immobiliare e preparare edilizia economica con tutti i servizi oltre a verde, scuole, greenway.  Ridotto di due terzi il tasso di omicidi. Liberato i marciapiedi dai veicoli a motore , i cui conducenti li consideravano come una qualunque corsia di passaggio o di parcheggio. “I borghesi automobilisti sono quasi riusciti a farmi destituire, ma la cosa piaceva molto a tutti gli altri”. Realizzato 300 chilometri di piste ciclabili dedicate. Creato la più lunga via pedonale del mondo, con 17 chilometri che tagliano gran parte della città, e 45 chilometri di greenway su un percorso originariamente destinato a un’autostrada a otto corsie. Ridotto il traffico del 40% e introdotto un sistema che obbliga a lasciare a casa l’auto due giorni la settimana nell’ora di punta. Aumentate le tariffe dei parcheggi e le imposte locali sui carburanti, il cui gettito va per la metà a finanziare il sistema degli autobus. Introdotto la giornata annuale senza auto, in cui tutti, dai direttori generali ai portinai devono trovare un modo diverso per andare al lavoro. Piantato 100.000 alberi.  Il sistema di autobus veloci sposta oggi mezzo milione di passeggeri al giorno su corsie dedicate, un servizio da metropolitana per un costo di gran lunga inferiore. Il sistema di autobus veloci è di particolare interesse per gli amministratori dei paesi in via di sviluppo che vogliono evitare la congestione da traffico ma non hanno risorse sufficienti per le reti tranviarie o metropolitane. Il suo modello è stato esportato a Giacarta, Indonesia. Si devono a lui in qualche modo anche I progetti simili per Pechino, Delhi, Cape Town, Lima e Dar es Salaam in Tanzania, oltre agli ambiziosi progetti di reti ciclabili a Città del Messico, Cape Town, e Dakar, Senegal. 

Questo signore è l’ex sindaco di Bogotá, Enrique Peñalosa, che il Project for Public Spaces (PPS) ha inserito nell’elenco dei grandi “costruttori di spazi" insieme a veri giganti.

Quali sono gli errori più frequenti che si commettono nella progettazione dei “waterfront”, la serie di comuni inciampi da evitare, se si vuole che il recupero dei waterfront abbia un valore pubblico.  La prossima volta vedremo quali sono le regole per una buona progettazione.

Secondo Ethan Kent sono:

Errore n. 1: Interventi monofunzionali, nessuno spazio a multiuso
Prevedibilmente, qualunque progettazione delle sponde che si concentri su un grande progetto isolato, monofunzionale, di solito molto costoso. Quando un solo uso predomina in una zona, le altre attività vengono respinte all’esterno.

Errore n. 2: Dominio delle automobili
Il waterfront deve essere una delle molte mete in una città, non uno spazio da attraversare in auto. E pure molte città – come New York, Seattle, Barcellona o Parigi – hanno fortemente ostacolato l’accessibilità delle proprie sponde capitolando di fronte all’automobile. Multicorsie sopraelevate, larghe strade, parcheggi a dominare il panorama e ad escludere la gente da quella che dovrebbe essere una magnifica risorsa pubblica.

Errore n. 3: Troppi spazi a uso passivo o per il tempo libero
Le aree dove le persone si siedono o passeggiano funzionano quando collegano destinazioni/sedi di altre attività, a comporre un tutto diversificato. Quando però il waterfront è solo area naturale, spesso considerata sano contrasto agli spazi della città, l’ambiente perde le qualità vitali che attirano la gente verso l’acqua. Nello stesso modo le attività per il tempo libero che utilizzano grandi superfici, come campi da gioco (v. Golf), sono particolarmente difficili da integrare in una sponda se si vuole realizzare uno spazio vivo nelle varie ore della giornata e nelle varie stagioni. Zone naturali e per il tempo libero funzionano meglio se mescolate ad altri usi e destinazioni.

Errore n. 4: Spazi controllati da un privato, nessun accesso pubblico
La privatizzazione dei waterfront può assumere molte forme, come le residenze di lusso o insediamenti commerciali di alto profilo. Ce ne sono altre meno evidenti, che spesso passano inosservati. Recinzioni, mancanza di attraversamenti, ingressi mal segnalati, percorsi che finiscono in una proprietà privata: tutte queste caratteristiche rendono le sponde realmente non pubbliche.

Errore n. 5: Mancanza di destinazioni
Anche le zone meglio progettate e realizzate, con ottimi accessi pubblici, possono non riuscire a svolgere in pieno il proprio ruolo di luoghi di incontro. Se non esistono spazi particolari in grado di attirare le persone, l’intrinseca vitalità di un waterfront va sprecata. Creare spazi del genere non richiede grandi interventi. Comporta invece prevedere piccole attrazioni in grado di agire insieme: un approdo per barche, un ristorante, un campo da gioco, accostati in modo adeguato, possono ravvivarsi l’uno con l’altro e animare le sponde molto più di qualunque grande intervento.

Errore n. 6: Intervento di iniziativa privata senza partecipazione della comunità
Molti interventi sono gestiti da una “ development corporation”, ma quando l’obiettivo è solo realizzare un progetto, si lasciano ai margini obiettivi e partecipazione pubblica. Come accade per qualunque spazio pubblico, è la conoscenza dei desideri della cittadinanza a dover costituire la cornice generale dell’azione sui waterfront. Quando una città affida completamente il futuro di questi spazi a un costruttore, ne viene compromesso lo spirito essenziale. L’intervento edilizio privato è una componente necessaria del processo, ma non l’unica. Si deve inserire in una visione generale, non sostituirla.

Errore n. 7: Centralità della sola estetica architettonica
Molti spazi sulle sponde oggi diventano lo sfondo per edifici simbolo isolati. Edifici icone architettoniche che non facilitano un uso pubblico, né collegano l’attività del proprio livello terra con quella degli ambienti pubblici circostanti. In realtà, diluiscono il valore pubblico e sottraggono identità spaziale. Il Guggenheim Museum di Frank Gehry a Bilbao, Spagna, il Quadracci Pavilion di Santiago Calatrava al Milwaukee Art Museum, o la Bibliotheque Nationale di Parigi di Dominique Perrault, sono tutti sintomi della medesima malattia.
La riuscita della rivitalizzazione di un waterfront basata su un progetto che attira tutta l’attenzione è di breve durata, nei casi migliori. Una volta finito l’effetto novità, ci deve essere qualcosa altro per far tornare regolarmente nel tempo le persone. 

La prossima volta vedremo anche la questione della mobilità e della viabilità.



"Mare in Vista" - III Ed.

Ecco come è andata ieri ... Questo è "Mare in Vista"

giovedì 11 ottobre 2012

Caos nelle concessioni demaniali marittime nel XIII Municipio

I conti non tornano ma arrivano i calci


Caos nelle concessioni demaniali marittime nel XIII Municipio. Un inesistente decentramento amministrativo sta consentendo al presidente Vizzani e al dirigente UOAL e UOT, Ing. Aldo Papalini, di intromettersi all’interno dell’annosa querelle di:
-         pertinenze demaniali
-         testimoniali di stato
-         aree scoperte
-         aree coperte di facile e difficile rimozione
-         pertinenze commerciali
-         parcheggi

tutte insistenti su aree demaniali marittime.

Sentenze scandalose emesse dal Tribunale di Ostia, competente in materia, e recenti espressioni del Consiglio di Stato, hanno cristallizzato da almeno 15 anni una situazione unica non solo in Italia, ma anche in Europa. E’ di oggi la notizia della sospensione della conferenza stampa convocata urgentemente dal Presidente Vizzani, che avrebbe dovuto vertere sulla revoca di concessioni commerciali su aree demaniali in relazione all’articolo 45bis del Cod. di Navigazione. In particolare sembra che la revoca riguardasse lo stabilimento Le Dune di Paolo Papagni (protagonista, poco prima della conferenza stampa annunciata, di una scena di violenza in Municipio nei confronti di un attonito consigliere del PdL).
Paolo Papagni, fratello del più noto Ing. Renato Papagni, gode di un’unica concessione demaniale insieme all’adiacente stabilimento Tibidabo. Lo stabilimento Tibidabo risulta in concessione alla A.E.B. Esercizi Bagni r.l. per una superficie scoperta di 19.120 mq, contro i 22.500 mq totali dichiarati, un fronte mare di 450 mq, ma una superficie coperta di soli 3.400 mq, che secondo altre fonti documentali, risalenti addirittura al 2005, risultano essere invece così composte:
-         788 mq di facile rimozione
-         4.313 mq di pertinenze
La prima voce si riferisce a cabine e parcheggi, la seconda a strutture come centri benessere, ristoranti, bar ecc., non inclusi nei testimoniali di stato e dunque di proprietà privata.
E’ nota, anche dalle cronache dei giornali, l’esistenza e la diffusione sul litorale romano della pratica dell'acquisto delle società alle quali sono state rilasciate le concessioni. Sono infatti sempre gli stessi imprenditori a rimanere concessionari. Cambiano in continuazione invece i nomi delle società intestatarie, consentendo così a equivoci giri di denaro di accedere a beni statali come le aree demaniali.

Secondo voci di corridoio oltre al Tibidabo (Le Dune in particolare) sarebbero inclusi nella revoca di concessioni commerciali su aree demaniali altri famosi stabilimenti quali Med, Urbinati, Don Pepe, il Capanno e altri.

Rimane ancora aperta, per conto della Regione Lazio, tutta la regolarizzazione dei parcheggi su aree demaniali del Lungomare A. Vespucci, la gran parte sprovvisti delle necessarie autorizzazioni comunali e delle conseguenti valutazioni di impatto ambientale con conseguenti danni a tutto il patrimonio arboreo, boschivo e dunale, oltre all’inquinamento del sottosuolo.