domenica 14 giugno 2020

LA PUNTASACRA DELL'IDROSCALO DI OSTIA



I post lunghi non sono più alla portata del nostro cervello. Spiegare cose complesse in poche righe è estremamente difficile e spesso impossibile e forse nemmeno giusto.
Forse alcuni dei miei contatti vedranno il film di Francesca Mazzoleni, "Punta Sacra". Nutro la speranza che qualcuno abbia voglia di saperne di più e magari conoscere cosa ci sia al di là della storia narrata. Voglio sperare che non ci si limiti a vivere sempre e solo come spettatori il mondo che ci circonda. Sono 10 anni che lotto con loro, senza alcun pregiudizio, una battaglia per il diritto all'abitare, che non è il diritto alla casa.
La città, che è un sistema complesso, è stato ridotto negli anni a città della paura, in nome della quale si può sospendere il diritto ad una città giusta, che è un principio giuridico, addirittura costituzionale della “pari dignità sociale”. Il sistema sociale - di cui tutti noi facciamo parte, costituito da una cittadinanza attiva e partecipe messa in moto dal basso (e imprescindibile dai principi costituzionali, in quanto espressione dei diritti fondamentali degli individui e della società), è stato smantellato con la retorica securitaria e legalitaria. Il diritto all’abitare ridotto al dovere di costruire un’abitazione.
Gli abitanti dell’Idroscalo di Ostia possono e devono essere i custodi di una “punta sacra” (come lo sono stati i “curatores” nell’antica Roma o i Custodia di Terrasanta del 1342). Un luogo mai tutelato dallo Stato che avrebbe avuto l’obbligo di farlo, così come prescritto dalla stessa Costituzione (“tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione”). Anzi, in 60 anni della sua storia, quello Stato (in tutte le sue declinazioni) ha scientemente e volutamente aggravato i suoi problemi ambientali, compromettendo quel paesaggio definitivamente, oltre ad aver alimentato i problemi degli esclusi, dei diversi, degli ultimi, agendo sempre in modo ostile, e dopo aver causato, con le sue scelte, l’esclusione sociale, conseguenza della crescente sperequazione economica di politiche liberiste sulla città.
L’obiettivo di questa amministrazione, l'ultima in ordine di tempo, è quello di rendere più agile la propria (di)gestione amministrativa, cancellando l’identità (comune) attraverso la cancellazione della sua storia e delle sue tracce a favore di una confortevole “nuova narrazione” (parole testuali ad es. dell’Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale). La realtà dunque scompare in favore di una narrazione, che è quella del diverso (per ceto, censo, razza, religione ecc.) che diventa automaticamente socialmente escluso, generando un sentimento di insicurezza per chi lo osserva, e che viene alimentato perché si trasformi almeno in paura strisciante.
Investimenti copiosi sono stati portati avanti negli anni (bieche operazioni spacciate per salvifiche - si pensi al punto luce di Save the Children, al mercato sociale, alla distribuzione dei pacchi alimentari, sgomberi selettivi, residence ecc). E ora, che la crisi economica si farà sempre più recrudescente, si farà sempre più potente una forma di welfare della crisi o welfare dell'emergenza, che servirà a compensare la crescente abdicazione dello Stato (sono centinaia di migliaia le istituzioni e organizzazioni che hanno almeno 1 milione di lavoratori, 5 milioni di volontari, con fatturati che superano il 3% del PIL nazionale). Questo serve in modo perverso a dichiarare la perenne emergenza della povertà.
La dignità che dovrebbe essere la premessa fondamentale (e lo è anche di tutto il sistema costituzionale) viene cancellata grazie da una comunicazione martellante da parte di 'donne e uomini dello Stato' nel solco (esarcebandolo) dello scontro bipolare (e perciò violento) tra posizioni “Legalitarie e securitarie” vs “il diritto ad avere diritti” di arentdiana memoria.
Invece di impedire derive nell’evoluzione della società (che lo ribadisco è un sistema complesso) la 'politica' prosegue a concentrare il disagio in un dato luogo (in questo caso a Nuova Ostia), lo stressa e poi cala dall'alto operazioni spacciate per riqualificazione con valore salvifico, come appunto lo Skate-Park o il Punto Luce. Le noccioline.
E' un'operazione facile sul piano mediatico: si ripetono come un mantra alcune parole d'ordine, gli si dà una parvenza di logica che la pancia riconosce, per poi arrivare al punto di dire che l' "abusivismo di necessità è un'invenzione" e che si tratta semplicemente di abusivismo criminale, che va dunque estirpato alla radice. La parolina magica è la "resilienza", che significa tacere, obbedire, non opporre resistenza. E’ la parola più abusata negli ultimi anni e contiene un paradosso, perché se c’è qualcuno che è resiliente è proprio il povero, il diverso, l'emarginato.
Il bene comune (come previsto dalla Costituzione) include il paesaggio, ma anche l'identità storica in opposizione all’appropriazione privata e allo sfruttamento economico di stampo neoliberista, con logiche di mercato e di profitto privato. Lo Stato-comunità, non è Stato-persona che vive di asservimento a finalità politiche di immediato e breve periodo. Lo Stato è una comunità di cittadini liberi, consapevoli e partecipi e non stato come istituzione a sé, entità imposta ai cittadini dall’alto e a cui si devono conformare. L’art. 2 della Costituzione su questo punto è chiarissimo e parla di formazioni sociali, che vanno intese come luoghi e strumenti nei quali (e attraverso i quali) l’individuo realizza la sua personalità, e che va difeso da prevaricazioni e offese. Per questo la formazione sociale, fra le più significative, è un bene comune e riguarda ciascuno di noi. Lo spazio urbano è uno spazio di relazioni, quindi bene comune, spazio antropologico, fatto di tattiche del quotidiano, dunque “voce dei passi perduti” (Certeau - e all'Idroscalo di Ostia c'è un cancello della vergogna dello sgombero del 2010 a ricordarlo).
La coesistenza civile non è mai, dico mai, securitaria o legalitaria.
La dimensione pubblica è la socialità, cioè la sfera pubblica è cittadinanza e appartenenza e non esistono sudditi, ma persone attive e partecipi al sistema stato, quindi pubblico (perché rimanda alla discussione, al dibattito, alla produzione collettiva delle decisioni, quindi partecipazione attiva alla società urbana).
Il "progresso democratico", di cui troppi si riempiono la bocca, non è un dialogo con gli specialisti, ma con un pubblico costituito da cittadini, perché la città non è un’impresa economica, non sono scatole inanimate. Il diritto alla città è un diritto alla città giusta. Non è una cornice soltanto tecnica e/o estetica, quindi va salvata anche e soprattutto la sua forma sociale.
Qualunque sradicamento dal proprio ambiente incide negativamente sulla sua identità, inducendo insicurezza, intolleranza e tendenza all’isolamento, aggressività ed esasperazione. Ma questo è esattamente l'obiettivo che si vuole ottenere. Un progetto che riguardi una comunità deve, costituzionalmente, tenere conto delle relazioni, esigenze, umanità, fragilità, storia, spirito e gioco di forze. Ma non è ciò che sta avvenendo.
Grazie se siete arrivati fin qui a leggere. Buona visione del film. Spero che le mie parole vi aiutino a guardarlo non come guardereste gli animali di uno zoo, un corpo estraneo a voi, magari vagamente nostalgico delle vite violente di pasoliniana memoria e dunque inesorabilmente perse.
Se penserete che loro sono dalla parte sbagliata della storia e voi quelli fortunati, il problema siete voi.
Io sono qui affianco a loro. Se ne avrete voglia e soprattutto coraggio sedetevi accanto a loro. Non sarà una poltrona confortevole come quella di un cinema, ma la realtà è più bella del film, una realtà di protagonisti pricipali e non di comparse.