In tutte le epoche storiche le città sono sempre state i luoghi in cui si manifestano con la massima radicalità tutte le conseguenze delle grandi trasformazioni della società. Ebbene, basta andare ad Ostia per rendersi conto in cosa, non in chi, ci siamo trasformati. La realtà che ci circonda è orribile, cui non reagisce quel potere pubblico cui spetterebbe governare il territorio. Ostia è sempre più luogo esemplare di degrado urbano e culturale, un ambiente urbano che non può più definirsi civile. Non c’è decoro, né godimento delle sue parti, ma solo l’assalto al consumo in gabbia. Come un circo, pieno di gabbie e baracconi, dove le belve e i fenomeni però siamo noi. Recinti ovunque, pagodismo da concessionario d’auto, dove si esibiscono bambini, adulti ed anziani dentro a minicircuiti per animali fintamente feroci.
Dovrebbe essere pane quotidiano non solo della discussione politica, ma delle sue attuazioni. Invece tutti tacciono, anche gli architetti paesaggisti di questo territorio. Quando ci si arrende al brutto, perché di questo si tratta, si smette di ragionare sulla propria vita quotidiana. La qualità ambientale è qualità della vita, di cui sono responsabili i costruttori, gli architetti, le istituzioni. E’ il modo come viene socialmente vissuto l’ambiente fisico che è importante.
Siamo sotto assedio, sotto l’attacco costante alla cultura e alla bellezza. Mai raggiunti livelli così bassi. Questa amministrazione, che da più di due anni invoca un nuovo volto per il mare della Capitale con progetti speculativi cafoni, invece di trarre forza dalla bellezza per produrre ricchezza, di capitalizzare l'immaginario positivo che i luoghi evocano, li svilisce con fenomeni da baraccone.
Camion bar, esercizi abusivi, installazioni di ogni tipo, che degradano e congestionano i pochi luoghi belli di Ostia, sono il chiaro sintomo di modificazioni dell’uso urbano che l’amministrazione ha incentivate senza una chiara analisi delle conseguenze. A Ostia è impossibile “godere” del panorama del mare. Il Lungomare è davvero ora un Lungomuro, come lo hanno battezzato da anni gli ostiensi. Da quando anche il pontile è occupato dagli ingombri sempre più invadenti di dehors e ‘allestimenti’ in plastica, più o meno gonfiabili, il mare è divenuto un miraggio. Siamo all’esproprio de facto dello spazio pubblico. Si regalano alle attività commerciali quei spazi pubblici che sono stati pensati per i cittadini, stravolgendone la loro natura e il loro destino. Ogni centimetro viene offerto e assegnato con procedure discutibili e mai ad eventi di qualità, ma per paccottiglia spacciata per intrattenimento culturale. Girare per Ostia significa vedere alla luce del sole la volgarità di amministratori cafoni e senza scrupoli. Il circo Barnum è servito. Ai cittadini tocca esibirsi in gabbia e pagare, senza nemmeno un pubblico che applauda, nel silenzio di tutti, nessuno escluso.
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