giovedì 27 giugno 2013

Waterfront Roma: da Dubai alla Norvegia attraverso gli 'Ossi di persica"




Cosa c'entra Ostia con Dubai o con le microscopiche cittadine di Kirkenes e Bodo in Norvegia? C'entra come la cicoria al Grand Hotel. Siamo infatti passati dalle isole portoghesi di Rutelli e Veltroni, alle piste da sci sul lungomare, modello estate-inverno Ski Dubai di Alemanno, al concorso internazionale del neo sindaco Ignazio Marino. Di concorsi internazionali, per altro costosissimi, i romani ne hanno piene le tasche.
Cosa accumuna questi amministratori? La visione turistica di Ostia, che poco ha a che fare con una visione urbanistica. Ostia e il suo entroterra sono quartieri di Roma, non città balneari.
La musica non sembra essere cambiata nemmeno con la nomina ad Assessore all’Urbanistica nel Municipio X  di un’ 'esperta' di zone sismiche e appartenente a uno studio di Architettura che si è avventurato in terra scandinava per parlare di 'Waterfront'. Al suo esordio ha dichiarato: “Mi impegnerò a riqualificare tutto ciò che già esiste per migliorare il territorio anche come meta turistica … Il progetto del Waterfront è l'occasione di sviluppo del territorio”. Da una nomina definita 'tecnica' ci si aspettavano commenti 'tecnici', che però non abbiamo potuto apprezzare nemmeno in questi ultimi 20 anni, che hanno visto il nostro Municipio eletto a “pattumiera romana del cemento”, dalle densificazioni all’assenza di standard, dagli abusi urbanistici come le Terrazze del Presidente al PUA. Infatti, nel Municipio X dal 2004 al 2011 sono stati accettati 2.093 permessi di costruire su 11.068 totali di tutta Roma, vale a dire il 19%. Per abusi edilizi commessi, nello stesso periodo, il X Municipio è secondo soltanto all’ex XIX Municipio (che però ha solo 788 permessi accettati).
Per il Turismo c’è un Assessorato apposito che poco ha a che fare con l’Urbanistica, a meno che, contrariamente a quanto un ‘tecnico’ dovrebbe sapere, sia l’economia a governare l’Urbanistica e non viceversa.
Tutto cambia perché nulla cambi. Il 4 luglio prossimo, infatti, a cura della Federbalneari, si presenterà ad Ostia un bel libro su come un tempo la città sul mare era stata concepita: gli 'ossi di persica', il nome che i romani danno alle spiagge invase dai noccioli di pesca ('persica'). Insomma, di mobilità, servizi pubblici, recupero dell'edilizia, contrasto all'erosione, standard urbanistici non ne parla nessuno, nemmeno il neo Assessore competente. Eppure si tratta di 'riqualificare' un litorale romano indegno di una Capitale europea, figuriamoci mondiale.
Ad ogni tornata elettorale si spera che la musica cambi e invece è sempre la stessa, nella totale assenza di una visione urbanistica degna di questo nome. Per fortuna che i cittadini sono più maturi dei loro amministratori e si sono organizzati con il Tavolo Partecipato del Waterfront, che procede senza sosta a ricucire le idee smagliate di chi il territorio non lo conosce e che ne vuole fare, consapevolmente o inconsapevolmente, carne da macello per becera speculazione. Sono loro, numerosissimi, ad aver capito che se governa il turismo in campo urbanistico si appiattisce, inesorabilmente, la funzione dei beni culturali e del paesaggio a quella di strumento al servizio delle rendite economiche derivate dai flussi turistici. Ed è esattamente l’idea di città che non vogliono.

paula de jesus per LabUr - Laboratorio di Urbanistica

Nessun commento:

Posta un commento