lunedì 29 marzo 2010
martedì 23 marzo 2010
De Jesus (PD): di quali fondi per l'Idroscalo della Protezione Civile Regionale parla D'Annibale (PD) ?
In un momento delicatissimo per i residenti dell’Idroscalo, escono dichiarazioni a dir poco sconcertanti da parte di due consiglieri del PD. Tonino D’Annibale e Alessandro Paltoni dichiarano un falso relativamente ai lavori per la scogliera alla foce del Tevere a difesa delle case dell’Idroscalo che non ci sono più. Questa si chiama cattiva politica. Tutti sanno che esiste solo il progetto di una scogliera a mare. Non sono mai esistiti i fondi per una scogliera a fiume. Eventuali ulteriori lavori “alla foce del Tevere” non sono possibili, come ben dovrebbe sapere il consigliere D’Annibale, visto che la Regione Lazio non può deliberare nell’ultimo mese prima delle elezioni. Pertanto si può solo dedurre che il milione e passa di euro di cui parlano, se fosse cosa nuova, si aggiungerebbe ai fondi già stanziati e dovrebbe uscire dalla Protezione Civile Regionale, cosa che sarebbe passibile di denuncia alla Corte dei Conti.
Se invece con la frase “alla foce del Tevere” intendevano il lato mare dell’Idroscalo, perché D’Annibale e Paltoni, invece di ringraziare costantemente gli amministratori di centrodestra, non si sono indignati dell’abuso di potere del Sindaco Alemanno che ha demolito le case dell’Idroscalo versante mare adducendo motivi di pubblica e privata incolumità?
I residenti dell’Idroscalo non hanno bisogno di disinformazione e nemmeno di persone che non essendosi mai occupate prima del problema lo affrontano in modo superficiale solo per fini elettorali. Per fortuna questi sono casi isolati perché nel Pd ci sono state già prese di posizione serie nel recente passato come lo scorso 14 marzo, quando il Vice Presidente del Consiglio Regione Lazio, nonché Coordinatore Provinciale del PD, Carlo Lucherini, ha promosso un evento ad Ostia di vera informazione sulle finte emergenze, le vere speculazioni e la messa in sicurezza del Tevere.
Se invece con la frase “alla foce del Tevere” intendevano il lato mare dell’Idroscalo, perché D’Annibale e Paltoni, invece di ringraziare costantemente gli amministratori di centrodestra, non si sono indignati dell’abuso di potere del Sindaco Alemanno che ha demolito le case dell’Idroscalo versante mare adducendo motivi di pubblica e privata incolumità?
I residenti dell’Idroscalo non hanno bisogno di disinformazione e nemmeno di persone che non essendosi mai occupate prima del problema lo affrontano in modo superficiale solo per fini elettorali. Per fortuna questi sono casi isolati perché nel Pd ci sono state già prese di posizione serie nel recente passato come lo scorso 14 marzo, quando il Vice Presidente del Consiglio Regione Lazio, nonché Coordinatore Provinciale del PD, Carlo Lucherini, ha promosso un evento ad Ostia di vera informazione sulle finte emergenze, le vere speculazioni e la messa in sicurezza del Tevere.
venerdì 19 marzo 2010
Vérité ou Barbarie.
Io intendo combattere. Non sono una centrale di opinionismo. Non sono equidistante. Non seguo il modello «Porta a Porta». Cerco di essere sempre rigorosa e chiara, per poter accampare il diritto di lottare per diffondere un altro, ben più alto diritto: quello alla verità. Ma, in ciò, sono intransigente ed aspra. Irritante e fastidiosa. Ora aggressiva, ora ironica. Mi ispiro, per quanto sono in grado di fare, ad alcune grandi figure, prima fra tutte Antonio Gramsci, al suo insegnamento etico, civile, intellettuale e, oso dirlo, politico. Mi ispiro al suo «sarcasmo appassionato», tento di fornire prima di tutto e me stessa e a chi vorrà accompagnarmi nel cammino, strumenti di conoscenza. Sono stata sempre pronta a lottare, con la modestia delle mie capacità e la pochezza dei miei mezzi, per un obiettivo che semplicemente, senza timore di dire una parola sacra, si chiama verità. Perché questo è ciò che voglio fare. E questo, più in generale, è il dovere di uno studioso, non dimenticando, gramscianamente, che la verità è rivoluzionaria, e che la verità che ci sta a cuore è anche la verità che occorre svelare dietro l’ipocrisia, la menzogna, e, soprattutto, l’oppressione, qualunque essa sia.
Oggi la menzogna ha molti volti: io ho scelto insieme ad altri amici di svolgere il nostro compito usando i nostri strumenti, quelli della ricerca, del metodo, dell’acribia filologica, della scepsi critica. E, con un pizzico di superbia, decidiamo di affrontare un compito che è anche politico, di chi, per dirla con Sartre, «abbraccia interamente la sua epoca». Noi non abbiamo nel nostro ideale la figura dello studioso rinchiuso nel suo studio, ma quella dello studioso che si cimenta con i problemi del suo tempo, che si “sporca le mani”, per citare ancora Sartre; che parteggia.
«Odio gli indifferenti»: il grido di battaglia lanciato dal giovane Gramsci sulle pagine del numero unico «La Città Futura», nel febbraio 1917, è per noi non solo attualissimo, ma indispensabile. La lotta per la verità è sempre politica, e la verità giova a tutti: o meglio, a tutti coloro che non traggono vantaggio dal suo occultamento o dal suo rovesciamento.
La lotta contro le menzogne, contro le false verità, contro le imposizioni di impossibili «memorie condivise», contro i vuoti di memoria, contro le facili tendenze all’oblio, contro mistificazioni e rovesciamenti, contro invenzioni di tradizioni, contro il ricorso alla storia come un grande magazzino ove a basso costo si prendono merci da usare a fini di auto legittimazione politica o di delegittimazione dei propri avversari o nemici …
Contro tutto ciò e molto altro ancora, con tutte le nostre forze, ci batteremo, determinati a rompere un silenzio che ci opprime, e un rumore che ci assorda: mezzi di cui il potere tenta di sedare ogni spirito critico, ogni istanza, appunto, di verità. Saremo pochi? Saremo deboli? Non importa. Noi siamo refrattari alla menzogna.
Fare gli urbanisti, farlo seriamente e appassionatamente, con scienza e con volontà di verità (ossia di giustizia), crediamo sia alzare una buona barricata, prima di dover lanciare il grido d’allarme: Hannibal ad portas.
Vérité ou Barbarie.
(manifesto adattato da me e ispirato da un articolo comparso su Il Manifesto)
martedì 16 marzo 2010
Ostia ponente. Lucherini - de Jesus (PD): ma a Via Fasan non c'era pericolo di crollo ?
Situazione paradossale. Le famiglie rientrate nelle abitazioni ma dopo 7 mesi l’unico intervento il puntellamento del piano interrato.
"Il Sindaco Alemanno il 17 Febbraio 2010 ha firmato le ordinanze di sgombero ai residenti dell'Idroscalo senza però consegnarle agli interessati prima delle demolizioni delle loro case il 23 Febbraio, mentre è stato solerte il 13 Agosto 2009 a consegnare le ordinanze di sgombero previsto per il 19 agosto, ma mai eseguite, agli abitanti della vicina palazzina di Via Marino Fasan 15, dichiarata in pericolo di crollo” – afferma Paula de Jesus, Urbanista ed esponente del PD - "Oggi, 16 Marzo 2010, cioè 7 mesi dopo, in Via Fasan nulla è cambiato in termini di sicurezza. Lo conferma, tramite fax indirizzato a LabUr (prot. 6668), la Direzione Generale del Patrimonio del Comune di Roma, asserendo che è stato eseguito solo il puntellamento dei locali costituenti il piano interrato, cioè quello pilotis. Nel fax, tra l’altro, sono richiamati, gli articoli 56 ("Provvedimenti per costruzioni che minacciano pericolo") e 94 del Regolamento Edilizio del Comune di Roma, che darebbe al Sindaco la facoltà di provvedere d'ufficio ai lavori da eseguire a danno della proprietaria dello stabile, la Larex S.p.A, che è stata diffidata con d.d. rep. nr.1150 del 14.09.2009 dal IX Dipartimento comunale. La situazione è grottesca: il Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani, e l'Assessore all'Urbanistica, Renzo Pallotta, rassicurarono i residenti di Via Marino Fasan il 28 Agosto 2009, al loro rientro nelle abitazioni dichiarate 'pericolanti', con la promessa che sarebbe stato redatto un programma specifico per il risanamento dello stabile e la definitiva messa in sicurezza degli edifici. Nulla è avvenuto in 7 mesi”.
“La situazione è paradossale” – dichiara Carlo Lucherini, Vice Presidente del Consiglio Regione Lazio e segretario provinciale del PD– o si trattava di un finto allarme di crollo o siamo di fronte ad una pericolosa negligenza da parte dell'Amministrazione comunale. Stupefacente poi che questo accada a solo 3 settimane dallo sgombero forzoso dell'Idroscalo, motivato da ragioni di incolumità pubblica e privata. Attendiamo che il Sindaco Alemanno intervenga con urgenza a chiarire la questione rassicurando così i cittadini di Via Fasan”.
“Forse in Via Fasan si trattava solo di una manovra speculativa per far liberare gli alloggi per speculazioni private ?” – prosegue la de Jesus - "Nessuna perizia analitica degli interventi di manutenzione straordinaria è stata fatta sullo stabile che ricade, proprio nei locali interrati, in zona a rischio idrogeologico R4, il più alto previsto dalla Legge”.
“In effetti è anomalo che anche il Municipio XIII di fronte ad una situazione di pericolo da loro stessi denunciata, si comporti con tanta superficialità. Il presidente Vizzani addirittura si è recentemente rifiutato di rispondere ad una interrogazione cittadina proprio sulla mancata messa in sicurezza idraulica dell'area. Nel frattempo però il progetto del raddoppio del prospiciente porto turistico di Ostia, situato nella stessa area a rischio R4, procede senza sosta. Chissà se un decreto interpretativo andrà in soccorso di questa amministrazione che usa due pesi e due misure” – conclude la de Jesus.
"Il Sindaco Alemanno il 17 Febbraio 2010 ha firmato le ordinanze di sgombero ai residenti dell'Idroscalo senza però consegnarle agli interessati prima delle demolizioni delle loro case il 23 Febbraio, mentre è stato solerte il 13 Agosto 2009 a consegnare le ordinanze di sgombero previsto per il 19 agosto, ma mai eseguite, agli abitanti della vicina palazzina di Via Marino Fasan 15, dichiarata in pericolo di crollo” – afferma Paula de Jesus, Urbanista ed esponente del PD - "Oggi, 16 Marzo 2010, cioè 7 mesi dopo, in Via Fasan nulla è cambiato in termini di sicurezza. Lo conferma, tramite fax indirizzato a LabUr (prot. 6668), la Direzione Generale del Patrimonio del Comune di Roma, asserendo che è stato eseguito solo il puntellamento dei locali costituenti il piano interrato, cioè quello pilotis. Nel fax, tra l’altro, sono richiamati, gli articoli 56 ("Provvedimenti per costruzioni che minacciano pericolo") e 94 del Regolamento Edilizio del Comune di Roma, che darebbe al Sindaco la facoltà di provvedere d'ufficio ai lavori da eseguire a danno della proprietaria dello stabile, la Larex S.p.A, che è stata diffidata con d.d. rep. nr.1150 del 14.09.2009 dal IX Dipartimento comunale. La situazione è grottesca: il Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani, e l'Assessore all'Urbanistica, Renzo Pallotta, rassicurarono i residenti di Via Marino Fasan il 28 Agosto 2009, al loro rientro nelle abitazioni dichiarate 'pericolanti', con la promessa che sarebbe stato redatto un programma specifico per il risanamento dello stabile e la definitiva messa in sicurezza degli edifici. Nulla è avvenuto in 7 mesi”.
“La situazione è paradossale” – dichiara Carlo Lucherini, Vice Presidente del Consiglio Regione Lazio e segretario provinciale del PD– o si trattava di un finto allarme di crollo o siamo di fronte ad una pericolosa negligenza da parte dell'Amministrazione comunale. Stupefacente poi che questo accada a solo 3 settimane dallo sgombero forzoso dell'Idroscalo, motivato da ragioni di incolumità pubblica e privata. Attendiamo che il Sindaco Alemanno intervenga con urgenza a chiarire la questione rassicurando così i cittadini di Via Fasan”.
“Forse in Via Fasan si trattava solo di una manovra speculativa per far liberare gli alloggi per speculazioni private ?” – prosegue la de Jesus - "Nessuna perizia analitica degli interventi di manutenzione straordinaria è stata fatta sullo stabile che ricade, proprio nei locali interrati, in zona a rischio idrogeologico R4, il più alto previsto dalla Legge”.
“In effetti è anomalo che anche il Municipio XIII di fronte ad una situazione di pericolo da loro stessi denunciata, si comporti con tanta superficialità. Il presidente Vizzani addirittura si è recentemente rifiutato di rispondere ad una interrogazione cittadina proprio sulla mancata messa in sicurezza idraulica dell'area. Nel frattempo però il progetto del raddoppio del prospiciente porto turistico di Ostia, situato nella stessa area a rischio R4, procede senza sosta. Chissà se un decreto interpretativo andrà in soccorso di questa amministrazione che usa due pesi e due misure” – conclude la de Jesus.
domenica 14 marzo 2010
venerdì 12 marzo 2010
Condono edilizio: Corbucci - de Jesus (PD), “Si premia l’illegalità uccidendo l’ambiente”
Nel decreto milleproroghe il Pdl infila l’ennesimo condono edilizio. Ancora una volta il centro-destra premia l’illegalità.
“Incredibile. Nel decreto milleproroghe spunta un emendamento del Pdl che prevede il riconoscimento di forme di incentivazione volumetrica e di semplificazione, anche in deroga alle norme e agli strumenti di pianificazione vigenti in materia territoriale e urbanistica” – afferma Riccardo Corbucci, Vice Presidente del Consiglio IV Municipio – “Come se non bastasse il Pdl infila il condono edilizio anche per abusi commessi ai danni dei beni ambientali e paesistici prima del 2003. Addirittura vengono sospesi tutti i procedimenti sanzionatori, di natura penale ed amministrativa, già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato, fino alla definizione delle predette istanze”.
“Dopo l’operazione di antiabusivismo all’Idroscalo di Ostia, spacciata per ‘umanitaria’, per far posto al nuovo porto, dopo il fallimento dell’USCE (Ufficio Speciale Condono Edilizio) di Roma e della Gemma S.p.A, dopo aver già previsto il condono per gli impianti abusivi sorti per i Mondiali di Nuoto ’09 come il Salaria Sport Village, con questo ennesimo regalo all’illegalità il centro-destra potrà sanare le Terrazze del Presidente e le ville sull’Appia Antica” – dichiara Paula de Jesus, urbanista ed esponente del PD – “ Chissà cosa ne pensa l’ACER. A quando un decreto salva-stabilimenti balneari su cui già pendono sentenze di abbattimento mai eseguite ? E dire che a Roma abbiamo un Assessore all’Urbanistica che vanta la sua appartenenza all’Avvocatura Generale dello Stato”.
“Così si assassina il territorio a colpi di leggi canaglia. Domenica pomeriggio, in occasione del seminario “Il ‘grande regno’ dell’ emergenza del Tevere che si terrà ad Ostia presso l’Aran Blu Hotel, incentrato sull’utilizzo criminale delle aree golenali da parte del Comune di Roma, lanceremo la prima azione di mobilitazione attiva di una vera battaglia ambientalista.” – conclude Corbucci.
martedì 9 marzo 2010
Il Circo di Mosca Cieca
Il portavoce porta la voce in teatro. Ma di chi la porta ? Da Porta a Porta ? O da Porta con sé la sporta ? Ma no, "porta accanto" ... l'amico. Luigi sì, Adriana no. La maestrina sì, Walter no. Luigi sì, Roberto no. Dario sì, Giulio no. Salvatore sì, ma accompagnato anche se è da solo .. Signore e Signori, sul palco del teatro va in onda il circo di Montecarlo ... già che c'ero portavo Carlo da Monterotondo, meno chic dei monegaschi, ma più verace con la porchetta e i fiaschi.
Salut, prosit e cin cin!
(Non mi divertivo così ad uno spettacolo da tempo immemorabile ! ahahahhahahahah)
Salut, prosit e cin cin!
(Non mi divertivo così ad uno spettacolo da tempo immemorabile ! ahahahhahahahah)
sabato 6 marzo 2010
martedì 2 marzo 2010
Teatro del Lido: lettera aperta a Filippo Lange.
Caro Filippo,
Mi permetto di fare alcune considerazioni su quanto sta accadendo al Teatro del Lido. Abbiamo fatto diverse riunioni che hanno avuto come nodo centrale la questione dell’occupazione del teatro come gesto inevitabile. Per molti di noi non è stato facile accettarlo perché di fatto si tratta di una estrema 'ratio' che fonda le sue radici in un gesto di illegalità.
Abbiamo stabilito tre obiettivi comuni (oggi vedo che sono diventati solo due) e soprattutto la necessità di costituire un movimento non ‘minuto’ o semplicemente resistenziale per poter fare davvero la differenza.
Credo che siamo tutti consapevoli che l’azione collettiva è oggi ancora più difficile di un tempo perché la sovrapposizione fra spazio e classi sociali si è storicamente indebolita per cui è sempre più difficile dar vita a una nuova base sociale per i movimenti urbani, ma soprattutto è molto difficile tenere alta la tensione politica.
Abbiamo ragionato su ciò che era possibile fare. Su quali fossero i punti di partenza su cui basarsi per uscire positivamente dallo stallo in cui versa una spazio pubblico come quello del Teatro del Lido, che è di tutti. Il periodo che viviamo, di forte crisi, non è facile per alcuno. Non ho personalmente però mai dato alla parola crisi il significato di sconfitta, arretramento, regressione, catastrofe, ma semplicemente rottura d’una situazione apparentemente stabile, rottura, quindi, dalla quale si può uscire regredendo o progredendo, dirigendosi verso una situazione peggiore o una migliore.
Non ho mai ritenuto sufficiente correggere, migliorare, depeggiorare, mitigare meccanismi in sé perversi, ma sono convinta che la svolta necessaria sia radicale, che debba tendere a un assetto nettamente diverso e alternativo rispetto a quello esistente. Un assetto da costruire gradualmente e pazientemente, ma verso il quale orientare ciascuno dei passi che si compiono, delle azioni che si promuovono o alle quali si concorre. E poiché sono convinta anche dell’intrinseca positività dell’uomo ho anche fiducia nel fatto che gli elementi positivi, quindi i germi di un possibile futuro, esistano nel presente se guardiamo con sufficiente attenzione a ciò che accade nella società. Naturalmente, togliendoci i paraocchi del pensiero corrente, del “pensiero unico”, utilizzando invece le lenti del nostro buonsenso, nutrito dei principi e delle convinzioni che liberamente ci siamo formati.
Da urbanista mi permetto di ricordare che nella nozione di spazio pubblico della città c’è non solo l’affermazione della sua necessità, ma vi sono anche le regole che lo governano, regole democratiche, non l’anarchia.
Ho ritenuto che volessimo fare un’esperienza nuova, più alta, che non si limitava all’occupazione di uno spazio come obiettivo finale, né tanto meno all’autogestione dello stesso. Questa è una forma di protesta fragile, abbarbicata al “locale”. Il “civis”, quello vero, riconosce il ruolo insostituibile della presenza pubblica, che vede come interlocutore essenziale le istituzioni che hanno il dovere di farsi carico della gestione dei beni pubblici e di rappresentarne il pensiero condiviso. Questo punto è scomparso dagli obiettivi.
La battaglia del Teatro del Lido non è la battaglia dei centri sociali, ma avrebbe dovuto essere la battaglia della cittadinanza tutta, una battagia che non va confusa con quella del Polo Natatorio, con quella dell’Idroscalo, né con quella di Via Senofane o di Via Luson (per citarne alcune). Affermare che quello spazio è di chi lo occupa fisicamente e che ritiene di acquisirne così tutti i diritti, anche di rappresentatività, compreso quelli di esclusione degli altri, significa non aver maturato come “civites” il significato più alto di spazio pubblico. E per me è una sconfitta intellettuale.
Mi permetto di fare alcune considerazioni su quanto sta accadendo al Teatro del Lido. Abbiamo fatto diverse riunioni che hanno avuto come nodo centrale la questione dell’occupazione del teatro come gesto inevitabile. Per molti di noi non è stato facile accettarlo perché di fatto si tratta di una estrema 'ratio' che fonda le sue radici in un gesto di illegalità.
Abbiamo stabilito tre obiettivi comuni (oggi vedo che sono diventati solo due) e soprattutto la necessità di costituire un movimento non ‘minuto’ o semplicemente resistenziale per poter fare davvero la differenza.
Credo che siamo tutti consapevoli che l’azione collettiva è oggi ancora più difficile di un tempo perché la sovrapposizione fra spazio e classi sociali si è storicamente indebolita per cui è sempre più difficile dar vita a una nuova base sociale per i movimenti urbani, ma soprattutto è molto difficile tenere alta la tensione politica.
Abbiamo ragionato su ciò che era possibile fare. Su quali fossero i punti di partenza su cui basarsi per uscire positivamente dallo stallo in cui versa una spazio pubblico come quello del Teatro del Lido, che è di tutti. Il periodo che viviamo, di forte crisi, non è facile per alcuno. Non ho personalmente però mai dato alla parola crisi il significato di sconfitta, arretramento, regressione, catastrofe, ma semplicemente rottura d’una situazione apparentemente stabile, rottura, quindi, dalla quale si può uscire regredendo o progredendo, dirigendosi verso una situazione peggiore o una migliore.
Non ho mai ritenuto sufficiente correggere, migliorare, depeggiorare, mitigare meccanismi in sé perversi, ma sono convinta che la svolta necessaria sia radicale, che debba tendere a un assetto nettamente diverso e alternativo rispetto a quello esistente. Un assetto da costruire gradualmente e pazientemente, ma verso il quale orientare ciascuno dei passi che si compiono, delle azioni che si promuovono o alle quali si concorre. E poiché sono convinta anche dell’intrinseca positività dell’uomo ho anche fiducia nel fatto che gli elementi positivi, quindi i germi di un possibile futuro, esistano nel presente se guardiamo con sufficiente attenzione a ciò che accade nella società. Naturalmente, togliendoci i paraocchi del pensiero corrente, del “pensiero unico”, utilizzando invece le lenti del nostro buonsenso, nutrito dei principi e delle convinzioni che liberamente ci siamo formati.
Da urbanista mi permetto di ricordare che nella nozione di spazio pubblico della città c’è non solo l’affermazione della sua necessità, ma vi sono anche le regole che lo governano, regole democratiche, non l’anarchia.
Ho ritenuto che volessimo fare un’esperienza nuova, più alta, che non si limitava all’occupazione di uno spazio come obiettivo finale, né tanto meno all’autogestione dello stesso. Questa è una forma di protesta fragile, abbarbicata al “locale”. Il “civis”, quello vero, riconosce il ruolo insostituibile della presenza pubblica, che vede come interlocutore essenziale le istituzioni che hanno il dovere di farsi carico della gestione dei beni pubblici e di rappresentarne il pensiero condiviso. Questo punto è scomparso dagli obiettivi.
La battaglia del Teatro del Lido non è la battaglia dei centri sociali, ma avrebbe dovuto essere la battaglia della cittadinanza tutta, una battagia che non va confusa con quella del Polo Natatorio, con quella dell’Idroscalo, né con quella di Via Senofane o di Via Luson (per citarne alcune). Affermare che quello spazio è di chi lo occupa fisicamente e che ritiene di acquisirne così tutti i diritti, anche di rappresentatività, compreso quelli di esclusione degli altri, significa non aver maturato come “civites” il significato più alto di spazio pubblico. E per me è una sconfitta intellettuale.