E' un argomento di cui pochi vogliono parlare per
prudenza e imbarazzo essendo legato alla sfera dell’etica e della morale. Che
cosa c’è di più ripugnante dello schierarsi contro chi si occupa dei poveri,
dei deboli, degli ammalati e dei bambini abbandonati, dove aleggia la retorica del bene
comune, dell’economia solidale, del senza scopo di lucro? Proprio per
questo se ne dovrebbe parlare non solo nel Municipio X, ancora una volta laboratorio
privilegiato purtroppo non per un caso di studio di successo. Perché non esiste solo il business dei migranti.
A seguito della domanda di accesso civico generalizzato
(Rep. n° 8534 prot. CO/90857 del 4 giugno 2019) si scopre che l'operazione
Punto Luce di Save the Children, voluta dalla Presidente del Municipio X,
Giuliana Di Pillo, e dall'Assessore alle Politiche Sociali, Germana Paoletti, e su suggerimento del consigliere comunale del PD, Giovanni Zannola, è
piena di ombre, altro che luce. Attenzione alle date.
1) La concessione è del 19 marzo, data in cui vengono
consegnati i locali dell’ex scuola media statale Guttuso a Nuova Ostia a Save The Children, chiusa, si badi bene, non per mancanza di soldi, ma perché c’erano 12 bambini di prima media e 13 di seconda media in
700 mq!
2) La richiesta di poter fare i lavori è del 9 aprile
(prot. 57666) e il cartello esposto da Save The Children indica l'inizio e la
fine dei lavori dal 10 aprile 2019 al 10 giugno 2019, ma i lavori
vengono autorizzati solo il 15 aprile 2019 (Prot. 61974), cioè 5 giorni dopo!
Nessuno sanziona, nessuno solleva dubbi di trasparenza e legalità.
Nessuno sanziona, nessuno solleva dubbi di trasparenza e legalità.
3) I lavori, che vengono autorizzati in tempi impossibili
per qualunque cristiano senza santi in paradiso, non potevano essere fatti
cambiando la destinazione d'uso dei locali.
4) Sempre nel documento del 15 aprile, il Direttore della
Direzione Tecnica, Marco Simoncini, precisa che Save The Children deve
presentare "idonea e necessaria pratica all'Ufficio Urbanistica e,
pertanto, dovranno essere effettuati tutti gli approfondimenti e le
elaborazioni necessari per garantire il rispetto di tutte le normative".
Dunque, al 15 aprile i documenti non ci sono e nemmeno oggi, 10 agosto.
5) I lavori dovevano essere ultimati il 10 giugno. In
realtà i lavori sono in corso alla data odierna anche all'esterno della
struttura e come specifica sempre il Direttore, Save The Children avrebbe
dovuto consegnare i seguenti documenti: copia collaudo statico, variazione
catastale, certificati di conformità impianti con relativi certificati di
omologazione, presentazione SCIA al Comando Provinciale VV.FF. o rilascio CPI
dallo stesso e i certificati relativi alle opere eseguite.
6) Nella Convenzione di Comodato d'Uso, stipulata
il 19 marzo 2019, a seguito della delibera n° 2 di Giunta del 26 febbraio 2019,
si afferma, falsamente, che l'Amministrazione abbia deciso il 17 ottobre 2018
di predisporre una procedura di evidenza pubblica per un progetto di
prevenzione e contrasto alla povertà educativa in un'immobile di sua proprietà
alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato,
un avviso pubblico (repertorio
2019/2965) che viene pubblicato il
1° febbraio 2019 con fine pubblicazione il 18. Ma sparisce, dopo la mia denuncia, perché
manca la firma dell'allora Direttore Luca Di Maio (LINK) cosa che obbliga la Presidente del Municipio X, Giuliana Di Pillo, per la seconda volta, a rinviare la pomposa conferenza stampa a data da destinarsi (LINK)
7) Il 19 febbraio l'unica proposta ovviamente pervenuta (perché si trattava di un avviso pubblico cucito su misura)
viene valutata idonea con Determinazione Dirigenziale n° 343 e i retroscena politici dell'inciucio M5S e PD nel Municipio X trovano l'ennesima conferma (LINK).
8) Sempre nella convenzione si afferma che lo studio di
fattibilità presentato da Save The Children relativo alle opere di adeguamento
da eseguire con l'indicazione dei lavori da svolgere e del relativo
investimento è stato valutato adeguato, ma non v'è traccia nei documenti inviati.
9) A Save The Children sono stati consegnati l'aula magna, la palestra, 3 aule polivalenti, 3 aule standard, 2
blocchi sanitari ... per un totale di 2.500 mq, cioè più dei 700 che occupavano i bambini delle medie.
10) Save The Children è stata persino esonerata dall'obbligo di ripristino dello stato dei
locali al momento del rilascio, per cui se servirà riutilizzare la scuola sarà
a spese dei cittadini.
11) Save the Children potrà dare in comodato o in concessione a chi gli
pare una porzione dell'immobile. Alla luce delle parole dell'Assessore Germana Paoletti, che ad aprile aveva dichiarato che "la scuola è occupata da abusivi", ci si troverà con buona probabilità ad una sanatoria di questi abusivi che escono dalla porta per rientrare dalla finestra, in totale assenza di trasparenza. 12) Una scuola (che è stata chiusa costringendo i bambini ad andare in un plesso molto più lontano da casa, senza servizio navetta) non sarà dunque utilizzabile per i fini per cui è nata per almeno 4 anni (+4). Mentre gli Uffici dei Servizi Sociali di Via Passeroni versano in una struttura fatiscente e in diverse parti inagibile, si concede un immobile pubblico alla più potenete ONG del mondo.
Dunque lo Stato perde il suo ruolo di mano pubblica e consegna i suoi gioielli al privato senza nemmeno chiedere garanzia sui risultati, fuori da ogni programmazione, senza rendicontazione o monitoraggio secondo criteri di qualità. Siamo cioè alla resa totale dei servizi sociali ai privati, un privato che però non è come gli altri, ma un privilegiato.
Nella convezione Save The Children afferma che erogherà decine di servizi, persino il supporto negli sfratti, distaccamento utenze, diritto al lavoro e all'immigrazione. Insomma un tutto fare, un parastato, fino ad arrivare a impegnarsi a divenire il "punto di riferimento che metterà in rete i servizi sociali, socio-sanitari, consultari, ASL, associazionismo, volontariato per far crescere una comunità educante". Cioè, si sostituisce totalmente allo Stato e agli enti pubblici di prossimità, in un quartiere popolare come Nuova Ostia con un "hub di servizi". "A corollario" ci sarà da parte loro l'erogazione di una "dote educativa" solo per gli iscritti che sono in condizioni economiche disagiate e che dovranno sottoscrivere un "patto educativo individuale". Per questi bambini e le loro famiglie ci sarà un costante controllo qualitativo, quello che il Municipio X non ha chiesto a Save The Children. La metodologia che è stata dettagliata nel documento allegato alla convenzione ha un sapore amaro e vagamente orwelliano.
E' lo stile Save The Children: non importa se chi mi sovvenziona produca armi di distruzione di massa. Poi andrò a salvare i sopravvissuti, mostrerò le immagini dei bambini e tanti donatori mi daranno bei soldini. E il cerchio economico si chiude. Roba da fuoriclasse. Come le nostre due docenti in foto, oggi rispettivamente Presidente e Assessore, al Municipio X.
Insomma, il "mercato" in Italia è in crisi, lo "Stato" anche, ma il "terzo settore" va alla grande, tra agevolazioni fiscali, social bonus, detrazioni, deduzioni, sgravi, poca trasparenza, infiltrazioni della criminalità organizzata e molto altro ancora. Sarebbe ora di denunciare questa deriva.
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Per chi volesse saperne di più.
Il nuovo codice nasce dalla massiccia crescita, negli
ultimi anni, del numero di organizzazioni definite senza scopo di lucro,
nell’ottica di incoraggiare la produzione dei servizi collettivi di imprese
sociali a cui lo Stato ha abdicato a tavolino. Un settore che ha avuto da
sempre poche regole di trasparenza con l’obiettivo di non costruire impalcature
normative troppo rigide a tal punto che non si erano definite nemmeno le
finalità. Tra le novità di rilievo spiccano, ancora una volta, le agevolazioni
in materia fiscale, che non solo è particolarmente favorevole, ma prevede social
bonus e importanti detrazioni e deduzioni per i donatori (persone fisiche o a
loro volta enti), nonché rilevanti sgravi fiscali per i ricavi provenienti
dall’attività svolta dalle organizzazioni.
E’ evidente a chiunque che il problema è il rapporto tra
“terzo settore” (quindi privato) e settore pubblico, che entrano in
“concorrenza” su un mercato delicatissimo che attiene al welfare, sulla base di
una parolina magica: “sussidiarietà”. Al pubblico spetta naturalmente il
dovere di “coprire i buchi” lasciati dalle attività private, oltre che di
agevolarne le attività attraverso lo sgravio da lacci burocratici e fiscali. Il terzo settore dunque si sovrappone a quello pubblico, in particolare agli enti
territoriali nei servizi alla persona (le Regioni per quello che concerne la
spesa sanitaria, i Comuni per quanto riguarda l’assistenza sociale), causando
conflittualità in un momento in cui diverse Regioni chiedono maggiore
autonomia.
Quello che statisticamente si può dire è che i c.d.
‘volontari’ (termine fuorviante) del “terzo settore” sono cresciuti in maniera
inversamente proporzionale al calo dell’occupazione. Più aumenta la crisi, più
si sviluppa una forma di welfare della crisi o welfare delle risorse umane che compensa la crescente abdicazione dello Stato. Si tratta di centinaia di
migliaia di istituzioni e organizzazioni che hanno almeno 1 milione di
lavoratori, 5 milioni di volontari, con fatturati che superano il 3% del PIL
nazionale. Un mondo eterogeneo e ambivalente, un magma di 300.000 enti che
comprende anche bar, ristoranti, sindacati, Confindustria, cliniche religiose,
scuole e università non statali, enti previdenziali come quello dei giornalisti
e molto altro ancora.
A prescindere dal fatto che la definizione di non profit è
così lasca che finisce per favorire l’inserimento di attività, che solo
formalmente si possono fregiare di tale titolo senza poi esserlo nella
sostanza, esistono delle criticità relative al rischio, in ambito operativo, di confusione e sovrapposizione tra soggetti, campi di attività e modalità di
azione.
Se appare evidente che l’espansione del settore non profit come sussidiario dei
servizi sociali in conseguenza allo smantellamento del welfare pubblico è stata voluta
dal potere finanziario, meno chiaro è il ruolo che lo stesso settore sta
assumendo nel processo di valorizzazione, mercificazione e sussunzione
capitalistica della stessa vita umana. Il lavoro impiegato nel terzo settore
infatti va sotto la veste di lavoro volontario. L’economia diventa amabile, giusta ed
equa, in contrapposizione agli egoismi di mercato. Questo impiego biopolitico
della vita, apertamente mercantile ma tuttavia basato sull’infingimento
dell’immagine del lavoratore ispirato, libero, appassionato, porta alla
salvezza oppure alla svalutazione e alla disumanizzazione del lavoro? Il fatto
di dare lavoro a persone in difficoltà non può giustificare nessun rapporto
abnorme con la pubblica amministrazione, cosa che invece avviene. Attorno alla etichetta “non profit” o “terzo settore” è
stato costruito, grazie al supporto decisivo dei media e di politici, un alone
di benemerenza a partire da iniziative indiscutibilmente meritorie la cui
benemerenza, appunto, è stata proiettata su tutto l’insieme. Chi era “non
profit” o di “terzo settore” era buono a prescindere. Questa situazione, benché
fosse evidente che premiava anche chi non lo meritava e metteva i migliori
sullo stesso piano degli altri, in fondo è andata bene a tutti.
L’obbligo per il terzo settore di trasparenza e di pubblicità dei bilanci aiuta ma non risolve come ci insegnano molti crack finanziari. Per altro, Mafia Capitale lo ha mostrato chiaramente, i rischi di infiltrazioni della criminalità organizzata nel terzo settore sono all’ordine del giorno, perché girano molti soldi pubblici, in particolare quello dei servizi di welfare. Anche le pulizie, la cura dei giardini o l’emergenza neve possono diventare un buon affare allo stesso titolo degli immigrati che, come diceva il capo della banda romana, rendono più del traffico di droga. Dal punto di vista del tipo di organizzazione, le cooperative sociali sono sicuramente il soggetto più a rischio, in quanto favorito in molti modi per accedere a fondi pubblici. Lo abbiamo visto non solo a Roma, ma ovunque la criminalità organizzata abbia i suoi business. E questi appalti vengono deliberati da amministratori, cioè dalla classe politica. Ma il vero problema, a mio parere, sono le patologie che non costituiscono violazioni di legge: situazioni ingiuste ma perfettamente legittime, come l’accesso al 5 per mille ad esempio di fondazioni di proprietà delle imprese private, o il fatto che a Roma 2.800 enti non paghino l’IMU e tra questi enti ci siano circoli sportivi esclusivi o alberghi a cinque stelle che magari erano conventi; concorrenza sleale, perché se un bar o una palestra sono un’associazione culturale o sportiva hanno meno costi dei loro concorrenti, senza contare le associazioni che accedono al 5 per mille, ma nello stesso tempo gestiscono un centro di assistenza fiscale dove i cittadini compilano la dichiarazione dei redditi; costi inaccessibili per i più come ad esempio quelli di servizi sanitari o scuole e università di fronte alle quali è giusto chiedersi “non profit per chi?”; e infine fenomeni di “mercatizzazione”, perché il non profit è diventato un grosso business e genera concorrenza per la raccolta fondi, privilegia le relazioni e la comunicazione sulla importanza dei progetti così come le organizzazioni grandi rispetto a quelle piccole, favorisce la creazione di servizi a scapito del dare voce e fare valere esigenze e bisogni dei cittadini; e naturalmente favorisce anche rapporti di subordinazione alle pubbliche amministrazioni desiderose di togliersi la responsabilità dei servizi pagandoli di meno. Questo è il motivo per cui la "periferia" è la frontiera classica del "non profit". E' il motivo per cui abbiamo nel Municipio X di Roma realtà come la "palestra della legalità" e presto il "Punto Luce" di Save The Children.
Dunque, se prima esisteva un modello bipolare (Stato e mercato) ora siamo in presenza di un modello tripolare. Il terzo settore, per sua stessa ammissione, è contro il liberismo e lo statalismo, violando di fatto il principio di sussidiarietà costituzionale. Non hanno bisogno più di un partito (che nella storia ha avuto la sua funzione, si pensi alla DC), come ha affermato a Giugno di quest'anno Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Tradotto, la mediazione tra Società e Stato non viene più operata dalla rappresentanza politica. Ha bisogno di mediatori, una realtà indistinta ma efficace che si chiama appunto "terzo settore", tant'è che sempre Zamagni, in buona compagnia con Ferruccio De Bortoli, ribadisce come siano necessarie "forme concrete di governance territoriale perché i partiti nazionali non hanno una buona classe dirigente soprattutto a livello locale". Si tratta dei c.d. "corpi intermedi" che sono stati fatti crescere appositamente affinché divenissero necessari e il cui ruolo avrà una grande rilevanza come mai nella storia per la sostenibilità del welfare, picconato da scelte scellerate di decenni. E' sempre il terzo settore ad affermare che il welfare "gestito solo dallo Stato non è sostenibile" e pretendono che lo Stato gli consenta di partecipare a tutti i processi decisionali, anche a livello europeo, che riguardano questioni vitali per i cittadini come ad esempio la Sanità. Dunque non hanno più bisogno di un partito. E spaziano nelle loro richieste di alleggerimento se non cancellazione della normativa disciplinare e ricostruzione del vecchio ceto medio a cui i corpi intermedi sono connessi.
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