Si continua a parlare di privatizzazione dell’acqua. Falso. Non c’è alcuna privatizzazione bensì l’obbligo per gli enti locali di indire una gara, alla quale potranno partecipare anche le aziende pubbliche. Quindi non è la proprietà a cambiare bensì solo il meccanismo di affidamento. La proprietà già oggi può essere pubblica, privata o mista. Il problema reale è un altro e riguarda il sistema di regolazione del settore idrico. E’ dal 1994 che stiamo aspettando che si facciano gli investimenti stabiliti. Nel frattempo l’Europa ha aperto le procedure di infrazione nei confronti dell'Italia e i nostri fiumi e laghi soffrono per l’inadeguatezza di un sistema di depurazione fatiscente. Altro che acquedotti: sono le fogne e i depuratori le vere emergenze idriche di questo paese, figuriamoci nel XIII Municipio.
Con il nuovo decreto sarà sempre il pubblico a stabilire le condizioni dell’affidamento e fissare le tariffe. Il privato si limiterà a prendere i servizi in affidamento, operando in nome e per conto del pubblico e alle condizioni stabilite dal pubblico. Il decreto non impedisce affatto alle aziende pubbliche di vincere le gare, visto che sono i Sindaci a decidere chi vince. I comuni virtuosi dunque continueranno a vincere, mentre i privati vinceranno solo in quei casi in cui la gestione pubblica sia impossibile già da ora.
Inoltre, non c’è alcuna obbligatorietà per i Comuni di vendita delle quote societarie, possibilità per altro che esisteva ben prima del decreto, tant’è che ci sono da anni diverse aziende pubbliche che hanno perso le quote di maggioranza relativa e nessuno se n’è scandalizzato. Sono anni infatti che le aziende pubbliche si comportano come imprese private per effetto della loro capitalizzazione di borsa.
Quello che invece accadrà sicuramente è l'ulteriore perdita di anni in bandi di gara, carte da bollo, ricorsi al Tar, colpi bassi, alleanze ecc. ecc. in un settore che ha urgenza di investimenti. Tra l’altro la stima di 60 miliardi di euro nei prossimi dieci anni è da considerarsi sottostimata. E chi invoca l'authority come la panacea di tutti i mali è miope. Il problema cruciale è la regolamentazione del settore che attualmente è schizofrenica: troppi regolatori che si intralciano l’un l’altro, regolatori che sono anche controllori, Sindaci in palese conflitto di interesse. Insomma, nebbia fitta su chi abbia diritti, doveri, chi deve fare, chi paga e chi ha la responsabilità soggettiva e oggettiva.
Mentre si continua a perdere tempo in dibattiti populisti basati su un falso, il debito cresce sulle spalle delle generazioni future semplicemente perché non si fa l’unica cosa che si dovrebbe fare: investire. Non esiste un “diritto all’acqua” se non ci accolliamo il dovere di caricarci oggi i costi degli investimenti che per altro, in media, sono dell’ordine di poche decine di euro all’anno per famiglia. Non potremmo parlare di questo ?
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