Il mio intervento alla Scuola di Eddyburg che si è tenuto ieri, 10 ottobre, a Roma, sul rapporto tra politiche abitative, rigenerazione urbana e diritto alla città (dettagli a questo link di Eddyburg).
Ero indecisa se iniziare, a conclusione di questa lunga giornata di interventi anche molto interessanti, con la parabola della pecorella smarrita, vista la scelta della locandina della Scuola di Eddyburg, o con la citazione sulla speranza di Sant'Agostino, che ha due bellissimi figli, lo sdegno e il coraggio. Sdegno per le cose come sono e coraggio di cambiarle. Lo sdegno c'è tutto, il coraggio non può essere quello di sdegnarsi delle cose che non si sono fatte e se ne pensano di nuove. Forse, sulla Politiche Abitative, bisognerebbe fare ciò che non si è fatto ed era previsto, anche per dare certezza dei diritti.
Abbiamo visto oggi interventi interessanti e forse anche scoraggianti. Tempi decennali (44 anni) perché venga saturata la domanda di housing sociale nell'attesa che 'cambi' il mercato dei valori immobiliari. Ma il mercato dipende dagli operatori e gli enti pubblici o sono opertatori realmente influenti oppure è meglio che utilizzino un altro approccio che non può essere quello, molto in voga, di "dare indirizzi al mercato", di fare cioè "regia pubblica". Sarebbe bello, peccato che in Italia non ci sia alcun controllo e i pochi strumenti di controllo sono inefficaci o inattuati.
A Roma sicuramente c'è un grande "parco" di case sfitte, ma il punto è che mancano le case per i poveri, per i bisognosi. Le case sfitte, che ad ogni piè sospinto vengono citate come la panacea dell'emergenza abitativa, ha un problema di fondo che la mano pubblica dovrebbe affrontare: i costruttori le lasciano sfitte anche 15 anni perché tra agevolazioni, compensazioni, defiscalizzazioni, condoni e quant'altro, che sempre la mano pubblica gli offre, non subiscono alcuna perdita finanziaria. Non sarebbe il caso di partire da qui? Smetterla di agevolarli in ogni modo?
Altro problema: nelle case di Edilizia Sociale spesso, troppo spesso, ci abitano benestanti, cioè famiglie che hanno capacità reddituale. Che controllo viene operato dalla mano pubblica?
Mi domando anche: a Roma è accettabile che le Politiche Abitative siano separate dalla quelle delle Trasformazioni Urbane? Ma soprattutto, è moralmente accettabile che essa si basi sullo strumento dell'assegno di 700 euro? Lo dico perché ho l'impressione che chi "inventa" queste soluzioni, spesso importandole da Paesi nelle quali hanno avuto successo, ma che hanno realtà profondamente diverse, non sia mai uscito dai confini del proprio ufficio. E' quanto sosteneva anche Franca nel suo intervento: la distanza profonda tra i politici, gli amministratori e i Cittadini, di cui evidentemente conoscono poco. Prendiamo un caso che conosco: all'Idroscalo di Ostia Alemanno demolisce 35 case con una illegittima ordinanza di Protezione Civile e porta gli occupanti a marcire per anni, con spese esorbitanti per la collettività, nei residence dei palazzinari. Non ci sono le case per loro e gli vengono dunque offerti, ma non a tutti sia chiaro, 700 euro al mese. Cosa faranno molte di queste persone? Chi è indigente farà una sola cosa: occuperà una casa, magari anche abusiva e troverà il modo di tenersi i 700 euro per le proprie esigenze familiari di sopravvivenza. Insomma, non risolveremo alcun problema, nemmeno quello di colpire il becero mercato dei residence in mano ai palazzinari, che ora contattano queste persone per offrirgli una casa in affitto, mentre sempre la mano pubblica gli regala magari 1 milione di mc come sta accadendo con il progetto, ingiustamente chiamato, dello Stadio della Roma. A prescindere dal fatto che le persone non sono oggetti che si spostano da una parte all'altra della città, ricordo che spesso siamo di fronte a vere e proprie comunità, che sorgono spontaneamente per ragioni di estrema necessità e nelle quali vige la regola della solidarietà, del baratto. Operazioni politiche come quella che si sta portando avanti a Roma rischia dunque di essere solo una bella operazione di marketing politico che non risolverà il problema, al massimo farà risparmiare un po' di soldi, che però non verranno investiti nell'emergenza abitativa. Non solo, sempre la stessa mano pubblica non ci dice se il recupero fiscale, ad esempio sullo scandalo della case della Signora Armellini, sarà impiegato per l'emergenza abitativa. Sempre la stessa mano pubblica, non è in grado di dirci da mesi che fine ha fatto ad esempio il Piano di Zona dell'Idroscalo. Lo dico io: ci hanno costruito un residence di lusso per ricchi, mentre serviva per ospitare le case dei poveri. A Roma accade anche questo, ci si perde anche i Piani di Zona. Non inventiamoci niente, proviamo a fare quello che era previsto, perché ci sono almeno 5 soluzioni già previste dagli strumenti urbanistici del Piano Regolatore Generale vigente che non sono mai state attuate. Dunque il problema è quello dell'attuazione. Tra il primo e il secondo PEEP quanti piani di zona non sono stati fatti? Partiamo da lì.
Si è parlato oggi delle leggi al vaglio del Governo e mi domando se è possibile fare buone leggi non solo senza prevedere appunto strumenti di controllo, ma se possano essere buone, visto che chi le dovrà votare alla Camera e al Senato sono gli stessi che per anni hanno governato città, regioni e province lasciandoci questa pesantissima eredità storica. Politici e amministratori che hanno selezionato il peggio del 'parco case' dei costruttori per l'emergenza abitativa, case come quelle Armellini costruite con la sabbia di mare. E mentre a Bologna ci si impegna a ridurre del 15% gli affitti passivi, a Roma cosa fa la mano pubblica? Semplice, va a rinegoziare l'affito passivo dell'evasora Armellini portando l'affitto passivo da 7,2 milioni di euro a 8 milioni di euro e sbandierandola come un successo perché la Signora ne ha chiesti 9, senza contare che da decenni non spende nemmeno un euro per le opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, tant'è che le case stanno crollando o versano in uno stato di pesantissimo degrado.
Ci avete mostrato molti dati oggi sull'emergenza abitativa. Per vostra stessa ammissione dati che ritenete molto sottodimensionati. Come si fa dunque a stabilire delle Politiche Abitative sulla base di dati che non sono certi? Il problema dell'edilizia sociale, delle politiche abitative, dei centri di accoglienza devono partire dalla definizione di reddito e di soglia di povertà su valori reali, non approssimativi, ricordando che l'edilizia non è una politica abitativa e che personalmente sono stanca di vedere presentazioni che parlano di Politiche Abitative incentrare sul mercato immobiliare.
A Roma è una condizione necessaria risolvere tre problemi: 1) la questione degli affitti passivi 2) la questione dei subentri che crea inequità e ingiustizie sociali e 3) la questione dello stato comatoso nel quale versa la manutenzione del "parco case". Un numero sempre più crescente di popolazione a Roma vive nelle roulotte e non sono solo i ROM o Sinti. La mano pubblica li vede? Quella stessa mano pubblica che si appoggia ai dati di una fondazione, come quella di De Benedetti, per contare i senza tetto con modalità assai discutibili e che non hanno fotografato la realtà. Sempre la stessa mano pubblica che paga operatori che ogni giorno sono sul campo e che conoscono la realtà territoriale nella quale operano.
Lancio questa sfida per tornare al coraggio di Sant'Agostino: dire la verità e cioè fare un calcolo reale del guadagno che si ha sui poveri: a guadagnare non sono solo i palazzinari. Abbiamo il coraggio di quantificare il guadagno anche della classe politica, dei movimenti per la casa, della criminalità organizzata che spesso controlla le assegnazioni, delle finte associazioni di volontariato, delle scuole di formazione per operatori sociali, dei bandi pubblici per progetti inutili sui poveri e di tutto quanto l'indotto che gira attorno a loro?
Concludo ricordando che chi fa il soldato non si meraviglia più dell'uccisione di un uomo e perde il senso della parola pace.
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