giovedì 11 luglio 2013
Ostia e i Rom: nasce con la Droghei l'Urbanistica del disprezzo
Grazie al PD dell'attuale X Municipio si apre un nuovo capitolo dell'emergenza abitativa a Roma: l'edilizia per i Rom. In poche parole, casa e lavoro diventano i due elementi base per risolvere un annoso problema sociale e di integrazione, ingigantito dalle scelte sbagliate della sinistra e affrontato con inutili e costosi sgomberi da parte della destra. Così, dopo il fallimento di Alemanno con i campi Rom, si parla in questi giorni di trovare aree "per realizzare villaggi temporanei", cioè campi Rom che poi diventano definitivi, e si portano avanti 'soluzioni alternative'. Come i programmi di autocostruzione: dare ai Rom case e cascine da ristrutturare.
Il pretesto è la sistemazione di poche decine di famiglie insediatesi nella modesta pineta delle Acque Rosse ad Ostia e minacciate da una serie di microincendi estivi. Una pineta, quella delle Acque Rosse, da sempre sede di insediamenti abusivi e non solo Rom. La decisione politica è quella di Emanuela Droghei (PD), Assessore alle Politiche Sociali del X Municipio e moglie del capogruppo PD in Campidoglio, Francesco D'Ausilio. Inquietante la sua dichiarazione: "opereremo in tempi strettissimi". La Droghei non solo ignora problemi urbanistici, igienico-sanitari e legati al turismo, ma ancor peggio ignora realtà locali come quella della Caritas che, sponsorizzata da SeL, PD e in collaborazione con la facoltà di Architettura di Roma Tre, sta portando avanti per i Rom un progetto di autocostruzione e di formazione professionale ad Acilia. Eppure non più di un anno fa l'attuale capogruppo PD del X Municipio, Giuseppe Sesa, in qualità di 'esperto' PD per le politiche sociali sosteneva: "non c’è alcuna volontà di risolvere il problema dell'emarginazione alla radice", contestando le scelte di Alemanno. Oggi al governo del Municipio, Sesa dimentica quello che aveva detto, il problema dell'emarginazione rimane e la Droghei si adopera per consumare ulteriore suolo. Non ci sono strumenti urbanistici che contemplino la bizzarra soluzione della Droghei del 'villaggio temporaneo' a meno che la Droghei non voglia risolvere in forma illegittima il problema realizzando il solito ghetto moderno con cui si accompagna in Italia la figura del Rom, del Sinto o del Camminante. Premesso che un censimento vero e proprio non c'è e che dunque il dimensionamento del 'villaggio temporaneo' è fittizio, premesso che i progetti di autocostruzione in Italia sono pochissimi, come si fa a pensare a campi Rom o 'villaggi temporanei' nel X Municipio, destinato, a detta di tutti, allo sviluppo del turismo e al recupero urbanistico del territorio? Non è solo colpa del PD e della poco illuminata Droghei, ma anche del neo Assessore all'Urbanistica del X municipio, Giacomina Di Salvo, che evidentemente non ha suggerito alla collega Droghei che i campi nomadi non possono ricadere né in zone residenziali né vengono considerati insediamenti abitativi, ma rientrano nella categoria (ormai di accezione comune) di "area per allestimenti pubblici sovracomunali". In altre parole, i campi nomadi costituiscono quella che è definita l'urbanistica del disprezzo, che impiega aree prive di valore e che presto diventano nuovi luoghi di emarginazione. Gestire l'emergenza abitativa è una cosa, gestire i nomadi un'altra. La prima è una pianificazione urbanistica ed edilizia, la seconda una pianificazione sociale che deve comprendere servizi, assistenza e politiche di integrazione, quelle vere. Reperire "un’area pubblica nella quale poter montare unità abitative per una ventina di nuclei familiari", come sostiene invece la Droghei, è solo il parto di chi ignora e che non conoscendo le regole ordinarie per gestire un problema si inventa regole straordinarie che ti sbattono in prima pagina.
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