lunedì 31 ottobre 2011

Da P.zza Anco Marzio a P.zza San Tommaso: se non vedi non credi.

Qualche settimana fa transitando su Via della Stazione Vecchia ad Ostia insieme ad un gruppo di amici abbiamo dato un'occhiata alla mappa tattile collocata ai margini di piazza Anco Marzio. Ci siamo resi subito conto che un non-vedente dopo esattamente 5 metri avrebbe "infrociato" in sequenza contro: un vaso in plastica, una serie di tavoli con sedie allegate, vasi in cemento con tanto di piante morte, per finire contro una parete. Ebbene, ieri sera lo stesso gruppo di amici ha visto che ...

(foto: la "mappa tattile" fotografata 3 settimane fa e come si è presentata il 30 ottobre)

"Scomparse in Piazza Anco Marzio ad Ostia le 'mappe tattili' per i non vedenti che riportavano in rilievo la planimetria della piazza e sulle quali erano indicati i percorsi e i principali punti di riferimento utili (panchine, bar. etc.). Su una di queste, lato lungomare, risulta addirittura scritto, con un pennarello color fucsia, "mappa in manutenzione". A prescindere dalla veridicità della scritta, ma di quale manutenzione si parla se le mappe sono state installate solo a gennaio 2011? La verità è che le mappe erano sbagliate e che i commercianti della piazza di Ostia avevano invaso i percorsi a terra per i non-vedenti con vasi, tavolini e sedie, rendendo inutile ogni indicazione. Esiste poi un mistero su chi abbia pagato e quanto siano costate queste mappe tattili. La pedonalizzazione di Piazza Anco Marzio ed il suo arredo sono stati ottenuti con due distinte voci di spesa. Una, la pedonalizzazione vera e propria, costata circa 1,2 milioni di euro, sui 1,872 andati in gara. L'altra, quella relativa alla realizzazione del 'Centro Commerciale Naturale', finanziato dalla Regione Lazio, costato 250 mila euro.

Da quel che è dato sapere, sembra che le mappe tattili facciano parte di quest'ultimo progetto il cui direttore dei lavori è stato Giuliano Fausti (malgrado fosse indicato nel precedente bando la voce abbattimento delle barriere architettoniche). Tali mappe tattili dovrebbero allora essere identificate con quelli che in un primo momento erano stati definiti 'totem display touch screen', terminali collegati in wi-fi per dare informazioni utili a cittadini e turisti. Diversamente non potrebbe essere perché ad oggi non c'è nulla di simile in tutta la piazza, il che comporterebbe il decadimento del finanziamento regionale essendo trascorso più di un anno dalla data di pubblicazione della graduatoria sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio. Nascono però altri due problemi. 1) Cinque mappe tattili non possono essere costate 120 mila euro, come risulterebbe dal costo dei 'totem', perché il loro prezzo di mercato è molto inferiore. 2) Le mappe tattili dovevano essere incluse nei costi della pedonalizzazione, così come previsto dal D.P.R. 503 del 1996 che prevede la rimozione delle cosiddette "barriere sensoriali".

Insomma, mappe per esterni che dovrebbero sopportare le intemperie vanno in manutenzione dopo pochi mesi, voci di spesa non trasparenti, indicazioni sbagliate di cui nessuno si è accorto. Questo è l'ulteriore triste episodio di una piazza pedonalizzata senza adeguati parcheggi e che non consente neppure di essere vissuta dai non-vedenti. In compenso, gli incarichi professionali esterni sono stati ben pagati: 142.263,00 euro. Per fare cosa?

E’ certo però che esiste una responsabilità dinanzi alla magistratura contabile per i danni derivanti dai maggiori oneri conseguenti ad una tardiva messa a norma di opere eseguite in violazione della normativa sull’eliminazione delle barriere percettive per i disabili visivi."

fonte: Comunicato Stampa Comitato Civico 2013

mercoledì 26 ottobre 2011

Maltempo, XIII Municipio: la beffa di Montino

Ricordiamo ad Esterino Montino, capogruppo del PD in Regione Lazio, che gli esposti di cui parla per l'Infernetto e Casal Bernocchi (Punta di Malafede) già sono stati fatti 2 anni fa da LabUr proprio contro la Regione Lazio, quando, a fine ottobre 2009, Montino divenne neo governatore provvisorio della Regione. Avremmo avuto piacere di sentire l'indignazione di Montino e del PD al tempo in cui andavano detti i 'no'. Farlo oggi suona come una beffa per tutti i cittadini.

Ma procediamo con ordine, partendo da Casal Bernocchi.

Il Fosso del Fontanile, esondato in questi giorni, di competenza da sempre dell'Agenzia Regionale per la Difesa del Suolo (ARDIS), era già esondato a fine 2008. Successivamente il Comune di Roma, tramite l'UOT del XIII Municipio, è intervenuto impropriamente in 'somma urgenza' intubandolo nel tratto abitato (1.477.846 euro, 28/01/2009) e spendendo altri soldi per un finto ripristino della sicurezza (1.231.938 euro, 29/01/2009) e per il suo spurgo (780.000 euro, 17/02/2009, compreso il Fosso di Ponte Ladrone). Un altro milione di euro è stato poi speso, sempre dal XIII Municipio, per interventi occasionali e ripetuti fino ad oggi. Cosa ha fatto la Regione Lazio per Casal Bernocchi fino alle elezioni della Polverini (29/03/2010)? Nulla, nemmeno Montino. Nessun risarcimento per gli abitanti, nessun intervento da parte dell'ARDIS. Non solo, ma il Comune di Roma sotto Veltroni nel 2008 non si era comportato meglio della giunta di Alemanno stanziando 4,5 milioni di euro per sistemare il Fosso del Fontanile (rientravano nel programma triennale delle oo.pp. 2008-2010), ignorando che il Comune di Roma non aveva su quel fosso alcuna competenza. Che oggi Montino dichiari di voler fare chiarezza sui lavori del Fosso del Fontanile suona come una beffa per i residenti.

Montino, oltre alla lunga esperienza in Regione Lazio, è stato dal 1985 al 2001 Consigliere al Comune di Roma, Presidente della Commissione lavori pubblici fino al 1994 e dal 1995 fino a gennaio 2001 Assessore ai Lavori Pubblici e attuazione degli strumenti urbanistici del Comune di Roma. Un persona con così ampia esperienza, può 'non sapere' come stanno le cose e prender tempo prima di agire? Anche perché, spostandoci all'Infernetto, c'è un'altra nota stonata nelle sue dichiarazioni relative sempre ad un fosso dell'Infernetto: si tratta della legalizzazione dell'abuso dell'impianto sportivo Babel, sorto durante i Mondiali di Nuoto Roma '09 (allagatosi in questi giorni) a ridosso della tenuta di Castel Porziano, non rispettando i 150 metri di completa inedificabilità imposti dalla presenza del Fosso del Confine. Montino, nel ruolo di Vice-Presidente ed Assessore all'Urbanistica della Regione Lazio, avrebbe dovuto e potuto far bloccare quello scempio di 'abuso legalizzato', ma a quel tempo non l'ha fatto.

Se oggi l'Infernetto e tutto il XIII Municipio sono nelle condizioni di un diffuso disastro idrogeologico, la colpa è solo di chi ha consentito la sistematica violazione o cancellazione di ogni vincolo. Francamente su questo argomento le ultime giunte rosso-verdi, in Regione, Comune e Provincia lasciano molto a desiderare, per usare un eufemismo.

(scritto per LabUr)

L'impianto Babel all'Infernetto - 21 ottobre 2011

lunedì 24 ottobre 2011

Maltempo, Infernetto: malafede, incompetenza e sciacallaggio

Partiamo da 4 dati di fatto:

1 - esistono opere abusive realizzate dai residenti lungo tutti i canali dell'Infernetto, mai sanzionate dal Comune di Roma e da tempo immemore segnalate dal CBTAR, opere che restringono le sezioni dei canali e riducono le aree di esondazione degli stessi;

2 - la gran parte degli allagamenti nelle case dell'Infernetto sono stati dovuti al reflusso delle fogne nei bagni, cucine, griglie e quant'altro abusivamente collegato nei seminterrati all'impianto fognario;

3- manca l'attuazione del Piano Particolareggiato dell'Infernetto (datato 1994) con la conseguente mancata messa a norma delle strade per la raccolta delle acque meteoriche, strade che hanno portato fiumi d'acqua dentro le rampe di villini che non si sarebbero mai allagati;

4 - la gran parte dei canali di scolo dell'Infernetto sono stati tombati e gli influenti del Canale Palocco sono ormai utilizzati a servizio delle nuove urbanizzazioni, stravolgendone il ruolo originario.

In questo scenario da terzo mondo assistiamo a scandalose dichiarazioni di vero e puro sciacallaggio, purtroppo non solo da parte dei politici ma anche da parte di alcuni comitati di quartiere che spesso e volentieri hanno all'interno dei geometri che lavorano a stretto contatto con l'amministrazione. E' scandaloso che si stia cercando a tutti i costi un capro espiatorio che, per 'magica' concertazione, tutte le parti in causa vorrebbero individuare solo nel Consorzio Bonifica Tevere ed Agro Romano (CBTAR). Per tali motivi, LabUr si dissocia completamente dalle accuse rivolte al Consorzio di Bonifica e diffida chiunque a formulare false ipotesi giustificatorie relative ai drammatici fatti avvenuti. I veri responsabili sono il Comune di Roma, l'ACEA e la Polizia Municipale che avrebbero dovuto rispettivamente rilasciare, autorizzare e controllare negli ultimi 18 anni la corretta edificazione del territorio. Accusare solo il CBTAR è come guardare il dito mentre si indica la luna e la luna, in questo caso, sono tutti gli spregiudicati costruttori che hanno finito per devastare indisturbati i terreni agricoli dell'Infernetto.

Questo per quanto riguarda l'Infernetto perché se dovessimo parlare anche di Punta di Malafede e del Fosso del Fontanile, dovremmo aggiungere all'elenco anche l'Agenzia Regionale per la Difesa del Suolo (ARDIS) che risponde alla Regione e che nessuno chiama in causa.


fonte: LabUr nella foto: una serie di lussuosi villini a ridosso di uno dei canali dell’Infernetto

sabato 22 ottobre 2011

La mala urbanistica: all'Infernetto, in nome della rendita, muore un uomo

Caro Eddy,

E’ arrivata la rata in scadenza da pagare, quello della mala urbanistica degli ultimi 20 anni. L’ha pagata l’Infernetto, un quartiere residenziale di 1.000 ettari della Capitale d’Italia, con la morte in un seminterrato di un giovane uomo di 32 anni (pare che sia importante dire che era cingalese). Lascia la moglie con una bimba di 3 mesi. Dopo due giorni lavorano ancora le pompe per togliere i 3 metri d’acqua, fango e liquami, dai seminterrati di villini tutti uguali, comprati con sacrifici e mutui pesanti.

Una rata in scadenza del lontano (e mai risolto), contratto tra la classe politica romana e i costruttori, che consentiva di costruire praticamente ovunque, anche in zone a rischio idrogeologico, come l’Infernetto, dove le norme su carta stabiliscono che su tre piani una famiglia media di quatto persone abiti in 25 mq (!), così da contenere il carico antropico. Tutto nella legalità perché riportato sulle pubblicità delle riviste patinate della agenzie immobiliari, controllato dagli uffici tecnici, validato dagli studi notarili, ignorato dalla polizia municipale e per ultimo consentito implicitamente dal Comune di Roma. Villini tutti uguali costituiti da seminterrato, piano terra e mansarda, venduti dai costruttori con i bagni nei seminterrati, dove ogni metro calpestabile, a prescindere dall’abitabilità, costa dai 3.000 ai 3.500 euro al mq. Dal notaio si dichiara solo una parte del prezzo, convenendo a nero la restante e con 500 euro gli uffici tecnici rilasciano l’abitabilità. Un Comune, come quello di Roma, la Capitale d’Italia, che sa perfettamente quanti sono i residenti in un’area che dovrebbe averne la metà, così come sa che gli abitanti sono il quadruplo. Infernetto (nomen est omen?), 1.000 ettari che fino al 1994 erano agricoli e serviti da un reticolo di canali di bonifica, su cui è intervenuta la mala urbanistica, che ha dotato la metà degli ettari di un piano particolareggiato, mai attuato dopo 18 anni, che prevedeva anche la sistemazione di strade, canali e fogne, e ha consentito negli altri 500 ettari lottizzazioni, convenzioni, accordi di programma, edifici pubblici, demolizioni di casali storici, toponimi, programmi intergrati, densificazioni di piani di zona e compensazioni edificatorie. 40 mila abitanti, ad oggi, sulle infrastrutture di quel piano particolareggiato mai attuato. Il risultato finale è che il reticolo dei canali è scomparso, alcuni sono stati tombati e di altri se ne è ridotta la sezione, senza che le strade, tutte private e senza manutenzione, venissero dotate di caditoie o canalette di raccolta di acque meteoriche. Parlare oggi di eventi inattesi, nubifragi eccezionali o calamità naturali, significa nascondersi dietro ad un dito, ignorando (non so più dire se per incapacità o malafede) problematiche quotidiane che il territorio soffre. A guadagnarci solo la rendita fondiaria, il cui ultimo esempio più eclatante è l’impianto privato sorto per i Mondiali di Nuoto sempre all’Infernetto, a ridosso di un fosso che in questi giorni di pioggia ne ha causato l’allagamento e la chiusura temporanea.

Non esistono soluzioni straordinarie da adottare, servirebbe soltanto l’applicazione delle leggi e delle norme esistenti che nessuno fa più rispettare. Cose che si invocano solo dopo la disgrazia, per dimenticarsene subito dopo.

In nome della rendita fondiara muore un uomo a pochi metri da casa mia. Un cingalese, pare che faccia la differenza.


venerdì 21 ottobre 2011

giovedì 20 ottobre 2011

Sciacallaggio politico

Oggi all'Infernetto per il nubifragio è morto un uomo di 32 anni. Non si sa se ci sia anche un secondo morto ad Acilia e che fine abbia fatto il disperso di CastelPorziano. Comunicati stampa politici si sono susseguiti per ore, un vero e proprio sciacallaggio. Il Municipio XIII non ha rilasciato alle agenzie di stampa alcuna dichiarazione, mentre lo ha fatto l'opposizione, in particolare il PD del XIII Municipio, come al solito in modo raffazzonato e strumentale. Così come l'Assessore ai LL. PP del Comune di Roma, Fabrizio Ghera, che ha dichiarato: "Stiamo lavorando per potenziare la rete fognaria della città e soprattutto in quelle zone periferiche laddove è maggiore la carenza di tali infrastrutture per un importo complessivo di oltre 70 mln di euro. In corso lo Studio di bacino relativo agli interventi infrastrutturali finalizzati al risanamento idraulico del XIII Municipio". La notizia, riportata su una bacheca di Facebook ha ricevuto la pronta risposta del Segretario del PD XIII Municipio, Andrea Storri, il quale, come spesso gli capita, fa un po' di confusione (per usare un eufemismo).

Scrive Storri:
"Quelli cui si riferisce Ghera sono 10 mln di euro finanziati nell'anno 2008 per la raccolta acque piovane municipio XIII. Furono fortemente voluti da me e Orneli nell'ultimo bilancio di Veltroni. In questi 3 anni e passa non hanno nemmeno fatto i progetti. Qualche riunione tra tecnici e basta!!!! I soldi di Bonelli cui fai riferimento tu riguardavano i canali di bonifica. In parte i lavori sono stati realizzati (Ricalibratura canale dragoncello, rifacimento alcuni ponticelli) in parte devono ancora cominciare (es allargamento del dragoncello sotto via del mare cd occhialoni)".

Storri è un po' distratto. Ghera si riferisce a quanto già dichiarato il 19 settembre durante la cerimonia di inizio dei lavori per la costruzione della piazza antistante la chiesa di San Tommaso Apostolo all'Infernetto. "Partiranno entro fine anno i lavori di risanamento idraulico, fogne bianche e sistemazione dei marciapiedi nelle aree del Municipio XIII dell'Infernetto, Bagnoletto e Saline. L'intervento avrà un costo di oltre un milione di euro". Quindi Ghera non si riferisce 'a 10 milioni di euro'. L'area interessata secondo il progetto del Comune è di 8 mila ettari. Dopo le approvazioni del Piano in Conferenza di Servizi con i diversi soggetti istituzionali interessati, verrà redatto il progetto preliminare degli interventi prioritari per un investimento di circa 23 milioni di euro (non 10). Dentro c'è tutto, sembra anche parte dei soldi di Bonelli, ma non i 10 milioni di cui parla Storri, che non sono mai partiti (rientravano nel programma triennale delle oo.pp. 2008-2010, così suddivisi: 320 mila nel 2008, 4.09 milioni nel 2009, 5.59 nel 2010). Peccato che Veltroni si sia dimesso il 14 febbraio 2008 senza che nulla di tutto ciò si potesse realizzare. A dire il vero anche i soldi di Bonelli risalgono al 2005... Insomma, non basta mettere dei numeri dentro una tabella, a volte anche sbagliati (Storri dimentica che c'erano pure 4,5 milioni per il Fosso del Fontanile, oggi esondato, ma che è di competenza della Regione Lazio). Qui la confusione regna sovrana, come sull'art.11 Acilia-Dragona di cui però Storri non parla mai. E fa bene ...

Però un uomo è morto in nome della rendita e a nessuno interessa.

Nel frattempo sono giunte dichiarazioni, questa volta del Municipio XIII: "L'assessore all'Urbanistica del XIII municipio, Amerigo Olive, a tentare un primo bilancio dei danni:''Bisognerà vedere quante di queste case saranno dichiarate inagibili nelle prossime ore''. "Se il nubifragio ci fosse stato durante la notte sarebbe potuto succedere anche di peggio perché nella zona si sono allagati tutti i seminterrati che spesso vengono utilizzati in maniera impropria come abitazioni - ha detto il presidente del municipio XIII, Giacomo Vizzani - L'Infernetto e Casal Palocco sono state duramente colpite, abbiamo attivato l'unità di crisi del municipio e in coordinamento con protezione civile, la polizia municipale e le forze dell'ordine stanno presidiando le zone, anche in vista della possibile nuova ondata nel pomeriggio. All'Infernetto - ha spiegato Vizzani - il problema è che non esiste una rete fognaria per acque reflue e le responsabilità sono ataviche''. (da La Repubblica).

A parte il fatto che
Amerigo Olive non è Assessore all'Urbanistica ma ai LL.PP. , le dichiarazione di Vizzani fanno paio con quelle di Storri: un altro che parla e non sa di cosa parla. Solo l'AXA ha le reti separate tra chiare e scure. Che gentaglia!

(foto scattata oggi a Punta di Malafede - Fosso del Fontanile)

sabato 15 ottobre 2011

Renato Papagni espulso da Confindustria

Una buona notizia: qualcuno ogni tanto si ricorda di avere un codice etico.

Da Il Messaggero di oggi: "Volano stracci tra la Federturismo, organo della Confindustria, e Renato Papagni, storico presidente dell’Assobalneari. Martedì scorso Papagni ha annunciato di essersi separato dalla federazione confindustriale e di aver costituito un nuovo sindacato inserito nella Confapi. Ieri la replica: è stato espulso per «ripetute violazioni... dei regolamenti statutari e del codice etico». La nota parla chiaro e durissimo. «L’allontanamento di Renato Papagni da Assobalneari Italia e dal sistema Federturismo Confindustria si è reso necessario poiché durante la sua gestione, in qualità di Presidente, sono state riscontrate ripetute violazioni dei regolamenti statutari e del codice etico di Confindustria. Papagni, convocato più volte dai probiviri di Confindustria e Federturismo, si è sempre rifiutato di rispondere alle richieste di chiarimento disertando gli incontri programmati. Le sue dimissioni precedono di 24 ore la lettera di espulsione che Confindustria aveva già provveduto ad emanare nei suoi confronti». Federturismo Confindustria, viene sottolineato, «ha sempre riposto la massima attenzione verso il comparto balneare italiano, seguendo fin dalle prime fasi l’annosa questione della procedura di infrazione e Assobalneari Italia mantiene ancora oggi, a seguito dell’uscita solitaria di Papagni, la rappresentanza maggioritaria del settore a livello nazionale ed è interlocutore riconosciuto e accreditato presso tutte le sedi istituzionali nazionali ed europee, grazie al costante supporto di Federturismo e di Confindustria». «L’82 per cento degli associati baleari di Federturismo non la pensa così, visto che mi ha seguito nel nuovo sindacato replica Papagni Il punto è che Confindustria non ha la sensibilità e la cultura per venire incontro alle esigenze delle piccole imprese balneari. Attua un sistema rigido che ho tentato di rendere più flessibile con le elezioni di marzo, quando invece di convocare per tre volte l’assemblea attraverso raccomandate postali, ho semplificato via email. Non è un problema: mi ritrovo in buona compagnia fuori di Confindustria, quella dell’ad di Fiat Sergio Marchionne». Intanto Balnearia di Fregene ha fatto sapere che resterà all’interno di Federturismo della Confindustria".

giovedì 13 ottobre 2011

Piani di Zona, quando il PD farebbe meglio a tacere

Dei Piani di Zona del II P.E.E.P. a Roma scriverò nei prossimi giorni un editoriale prettamente urbanistico. Nel frattempo però godetevi questo comunicato stampa del Comitato Civico 2013. Scoprirete che (anche) per il PD esistono cittadini di serie A e di serie B e quartieri di serie A e di serie B.



XIII Municipio, Piani di Zona: il PD locale taccia.

Il 12 ottobre, presso il XIII Municipio, si è tenuto il secondo incontro del processo partecipativo sui Piani di Zona C10-Malafede (dietro le Terrazze del Presidente, sulla via di Acilia) e B36-Acilia/Saline (su via A.Chigi, zona Stagni). Entrambi fanno parte dei 20 Piani di Zona scelti tra i 36 del II P.E.E.P. (l'edilizia economico popolare, nota come '167'), aree del Comune di Roma edificate sotto le giunte di centro-sinistra e da completare. Ebbene, ancora oggi nessuno dei due ha le opere di urbanizzazione previste (strade, scuole, etc.). Al contrario, tutti gli edifici residenziali sono stati completati. Nessuno però spiega dove sono finiti quasi 10 milioni di euro previsti per tali opere né partecipano alle riunioni i vecchi comitati di quartiere che a quei tempi fiancheggiarono le cooperative nel promuoverne l'attività edilizia. Assistiamo invece allo sfogatoio di cittadini arrabbiati che forse non si accorgono della presenza dei vecchi politici locali di allora, anch'essi schierati ad inveire contro l'amministrazione Alemanno, in un processo partecipativo riservato ai cittadini. Premesso che esisterebbero altri modi per finanziare le opere mancanti (oltre quello oggi proposto di costruire nuovi comparti residenziali dentro quelle aree), siamo allibiti che personaggi come ad esempio Andrea Storri, attuale segretario del PD XIII, contestino tale manovra, dopo che hanno vantato come un loro successo un’operazione analoga all’Infernetto pochi mesi fa, con tanto di manifesti. Parliamo delle densificazioni di ben tre 167 in un quartiere a cul-de-sac come l’Infernetto e con problemi di viabilità ben più gravi del quadrante Malafede.

Storri, dal 2006 al 2008 Presidente della Commissione Urbanistica e capogruppo del PD del XIII Municipio, dovrebbe infatti sapere che ogni 167 ha un costo per l’intera comunità dovuto essenzialmente a 3 voci: esproprio dei terreni (nei casi in oggetto, completato), opere di urbanizzazione primaria (ca. 740 €/mq) e secondaria (ca. 6.700 €/abitante). Ci spiegasse allora Storri che fino hanno fatto la decina di milioni di euro dei due Piani di Zona del XIII Municipio durante le due giunte comunali di Veltroni. Di fronte alla contestazione dei cittadini che lamentavano la carenza di servizi pubblici Storri ha gridato in aula municipale: "I servizi non funzionano, ma sono stati realizzati! Che volete!" oppure "Il verde pubblico c'è, ma è mantenuto male". Una difesa che non regge, visto che oltretutto Storri è uomo di Esterino Montino, attuale capogruppo del PD in Regione Lazio, che dal 1985 al 2001 è stato Consigliere al Comune di Roma, Presidente della Commissione lavori pubblici fino al 1994 e dal 1995 fino a gennaio 2001 Assessore ai Lavori Pubblici e attuazione degli strumenti urbanistici del Comune di Roma.

I politici hanno la memoria corta, il Comitato Civico 2013 no.

A quando la Commissione Catacombe ?


Istituita due giorni fa la Commissione Piazze e la Commissione Grattacieli dal Sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno.
A quando la Commissione Catacombe, l'unica parte edilizia ancora da 'sanare' ? In fondo le catacombe sono i primi abusi edilizi realizzati nella Roma cristiana. Ormai hanno costruito quasi ovunque in superficie, mancano solo i 'formicai'.

mercoledì 12 ottobre 2011

No ad Olimpiadi bene comune

Se è poco comprensibile che i paesi di tutto il mondo si azzuffino per ospitare le Olimpiadi lo è ancora di più sentire parlare di “Olimpiadi bene comune”.

Tutti sanno che i vantaggi economici per un paese che ospita le Olimpiadi sono raramente positivi e quelli non economici sono difficili da misurare. L’unico ricaduta positiva e misurabile è quella sull’esportazioni commerciali, che prescinde dal fatto che la candidatura venga bocciata e dunque non ha nulla a che vedere con l’aumento dei flussi turistici, come invece sostiene il comitato promotore.
Le Olimpiadi sono utilizzate dalla politica per dare un ‘segnale’, che viene pagato quasi sempre a caro prezzo dalla collettività. Non a caso “Olimpiadi bene comune” nasce dalla volontà di alcuni amministratori comunali, provinciali e regionali, e precede due appuntamenti importanti: l’assegnazione delle Olimpiadi 2020 (il 7 settembre 2013 a Buenos Aires) e l’elezione del Sindaco di Roma (a maggio 2013). Le Olimpiadi dunque sono oggetto della campagna elettorale di tutti gli schieramenti.

Nessuno che presenti mai un’analisi costi-benefici. Le Olimpiadi invernali di Torino 2006, ad esempio, hanno lasciato la città sommersa dai debiti. Le Olimpiadi di Atene 2004 hanno lasciato 20 miliardi di euro di debito per le grandi opere, dove hanno speculato banche e grandi imprese di costruzione, mentre allo Stato è rimasto da pagare un conto salatissimo. Senza parlare dei Mondiali di Calcio ’90 e di quelli del Nuoto Roma ’09.
Tutti vogliono sedersi al tavolo, magari in nome del ‘bene comune’. Nessuno però che chieda di sedersi nella cabina di controllo, quella dei costi-benefici.
Le Olimpiadi saranno l’ennesimo appuntamento con la logica del grande evento, poteri commissariali, deroghe e quant’altro, senza alcuna garanzia di trasparenza dei processi decisionali sulla città e sul suo funzionamento. Le trasformazioni che le Olimpiadi comporteranno per Roma, in termini di opere e di cambi d’uso e di proprietà, devono avvenire sulla base di regole chiare, definite in modo trasparente, applicate senza deroghe e favoritismi, condivise con la cittadinanza tutta e non solo con l’associazionismo di base o quello ambientalista. Nella logica del grande evento infatti si perde sempre il controllo sull’uso del suolo, delle urbanizzazioni, del loro uso, che deve servire tutti i cittadini, non solo alcune categorie.

Ricorrere poi alla retorica suggestiva della “mobilità alternativa intermodale con il trasporto pubblico … che porti ad un 10% in meno di auto circolanti”, come sostiene “Olimpiadi bene comune” significa non conoscere, in qualità di amministratori, la grave situazione in cui versa la mobilità della Capitale e che pone la rete di Roma tra le più sottosviluppate in Europa, sia in termini di numero di veicoli circolanti, sia per la percentuale degli spostamenti su trasporto pubblico. Ancora oggi non esiste un PUM (piano urbano della mobilità).

Far passare l’idea, anche questa suggestiva, che le Olimpiadi siano un ‘bene comune’ significa soprattutto rafforzare il concetto, fino ad oggi utilizzato nei grandi eventi, che le opere da realizzare siano di ‘pubblica utilità‘, ma la storia, anche recente dei Mondiali di Nuoto Roma ’09, ci dice che non è così. Nel caso specifico dell’Olimpiadi a Roma significa consentire, da qui al 2020, la costruzione di impianti (pubblici e privati) in deroga al Nuovo Piano Regolatore e al PS5, cioè il piano ‘regolatore’ del fiume Tevere. In particolare il PS5 (Piano di Stralcio 5, da Castel Giubileo alla foce del Tevere) impone vincoli sulla fascia fluviale del PRG, ma paradossalmente le Olimpiadi 2020 sono state pensate lungo tutta la fascia del fiume Tevere.

A prescindere che il processo per i Mondiali di Nuoto Roma ’09, previsto ad ottobre, possa andare in prescrizione e che si tenga quello ad Aprile 2012 contro la ‘cricca’, rimane un fatto: il coinvolgimento di tutti i partiti (a diverso titolo e peso) in queste vicende, gli stessi che oggi si schierano a favore delle Olimpiadi, ma che non hanno mai fatto chiarezza al proprio interno su questi avvenimenti. E’ una questione di credibilità. Per altro risulta ancor meno credibile il Comitato Promotore per le Olimpiadi Roma 2020 che vede al suo interno soggetti inquisiti o condannati o rinviati a giudizio anche per scandali legati ai grandi eventi più recenti. Come ci si può sedere ad un tavolo simile ?
Lo sport di base è sicuramente in sofferenza ma ciò non deve giustificare compromessi con gli speculatori che vogliono distruggere il piano regolatore del Tevere, come nell’ipotesi de villaggio olimpico a Tor di Quinto.
Mentre su Roma va in tour “Olimpiadi bene comune”, nessuno chiede e pretende che venga realizzato il Piano Regolatore dello Sport, sempre annunciato e mai fatto. Occorre serietà e coerenza, è ora di abbandonare finti slogan quali il “rilancio della città“. Le Olimpiadi 2020 non sono un ‘bene comune’, sono solo l’incontro tra politica e affari, soprattutto quello delle multinazionali e dei costruttori, in una città come Roma che da 20 anni fallisce la programmazione sugli impianti sportivi. Un esempio su tutti, il fallimento delle piste ciclabili, realizzate in base alla mobilità alternativa quando invece dal 2006, per la mobilità, esiste un’ordinanza commissariale che assegna al Sindaco di Roma poteri speciali con cui però si stanno compiendo i disastri delle metropolitane, da Veltroni ad Alemanno.
Proporre per il nuovo villaggio olimpico realtà come la Fiera di Roma, Commercity, Tor Vergata (tre fallimenti di Veltroni, tre incapacità di Alemanno) non ha senso a livello urbanistico perché un Villaggio Olimpico deve essere vicino agli impianti sportivi. Parlare poi di impianti diffusi ha senso quando esiste una rete di mobilità degna di questo nome e che Roma non possiede.
Per altro il cuore delle Olimpiadi è l’atletica leggera che si svolgerà nello Stadio Olimpico. Se ci sono aree alternative a quella improponibile di Tor di Quinto per il villaggio olimpico, una vera provocazione sarebbe quella di impiegare le vecchie caserme dismesse di Roma, distribuite in più municipi, e immaginare poi di convertirle, a fine Olimpiadi, in un piano di valorizzazione degli immobili, con servizi per la città come biblioteche, asili, scuole e parchi e una forte quota di edilizia residenziale pubblica. Ciò potrebbe servire anche ad eliminare il rischio della speculazione su aree analoghe da parte dei costruttori, che invece la delibera comunale n° 60 del 2010 favorisce.
Rimaniamo assolutamente contrari, senza se e senza ma, ad ogni utilizzo delle fasce golenali o delle aree di esondazione del Tevere, compreso il riuso del Salaria Sport Village, che va abbattuto.

L’unica vera sfida non è “Olimpiadi bene comune” ma “città bene comune”.

martedì 11 ottobre 2011

Salaria Sport Village: non risulta alcun ricorso al Consiglio di Stato

Nessun ricorso al Consiglio di Stato è mai stato presentato dal Salaria Sport Village contro la sentenza del TAR. Il processo per i Mondiali di Nuoto rischia di cadere in prescrizione. Intanto per le Olimpiadi 2020 si propone il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, che ha analoghi problemi idraulici.

Nessun ricorso al Consiglio di Stato è mai stato presentato dal Salaria Sport Village contro la sentenza del TAR che l’ha definito un’opera “non di pubblico interesse”. Così risulta dall’analisi dei 7.909 ricorsi resi pubblici su internet. Scaduti anche i termini di presentazione del ricorso contro la sentenza (60 giorni dalla notifica, art. 28, comma 2, L. 1034/1971). Se non c’è alcun ricorso perché l’impianto sportivo non viene demolito ? Lo dichiarò il 6 maggio Marco Corsini, Assessore all’Urbanistica del Comune di Roma: «La demolizione spetta a loro [IV Municipio] e in queste settimane ci sono stati colloqui tra i tecnici del municipio e quelli dei miei uffici. A fine giugno il Consiglio di Stato si esprimerà sulla sentenza del Tar: di fronte ad una conferma della mancanza di titolo per costruire non ci sottrarremo ai nostri doveri. Potremo demolire il Salaria Village oppure acquisirlo come patrimonio comunale». Sono passati invece 8 mesi dalla sentenza del TAR e nulla accade. Su quali basi Corsini parla dell’intervento del Consiglio di Stato ? Una cosa è certa: per il Salaria Sport Village non si può ritenere valido il necessario nulla osta idraulico rilasciato il 31 marzo 2008 dall’Autorità di Bacino del Fiume Tevere (ABT), proprio in virtù del fatto che l’opera, a suo tempo, fu dichiarata di ‘pubblico interesse’. Cosa impedisce, ai sensi dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, di demolire le opere abusive e di ripristinare lo stato dei luoghi ? Sul Salaria Sport Village tutto tace, tutto è fermo, compreso il processo iniziato il 5 aprile presso l’Aula 7 dell’edificio B del Tribunale di Roma, relativo agli abusi edilizi degli impianti per i Mondiali di Nuoto Roma ‘09. Un processo che secondo il giudice, Maria Luisa Paolicelli, doveva arrivare a sentenza entro luglio 2011 e in cui Alemanno ha deciso «di non costituire l’Amministrazione comunale parte civile». Non solo, ma nel frattempo il “massimo accusatore dei Mondiali di Nuoto”, come è stato definito il PM Sergio Colaiocco, è stato destinato, con il suo consenso, all’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia con funzioni di Ispettore Generale (DD.MM. 13-5-2011 – V° U.C.B. 20-6-2011). Non si abbatte il Salaria Sport Village e si rallenta il processo, forse per portarlo nei termini della prescrizione dei reati. Intanto Malagò, uno dei rinviati a giudizio, siede nel Comitato Promotore per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 che dovrà sciogliere ogni dubbio sulla scelta delle aree degli impianti lungo le sponde del Tevere, come ad esempio il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, che guarda caso, ha un analogo problema del Salaria Sport Village.

(fonte LabUr)

venerdì 7 ottobre 2011

Mondiali di Nuoto '09. Labur:"Forniremo a Cochi tutte le spese del Polo Natatorio di Ostia"

A breve LabUr invierà ad Alessandro Cochi, Consigliere Delegato alle Politiche per lo Sport del Comune di Roma, tutti i consuntivi di spesa dei Mondiali di Nuoto Roma '09 relativi al Polo Natatorio di Ostia, compreso il dettaglio dell'importo di 1 milione e 260 mila euro spesi dal Comune di Roma per il completamento di Via delle Quinqueremi, strada principale di accesso al Polo, stranamente contemplata nelle spese dei Mondiali. Purtroppo altri milioni di euro servirebbero per completare, dopo più di 2 anni, l'impianto di Ostia, costato fino ad oggi 36 milioni di euro contro i 15 previsti, che nel frattempo perde i pezzi. Infatti, durante il collegiale della Nazionale maschile nati '91 e seguenti (22-25 maggio) presso il polo di Ostia si è sfiorata la tragedia. Mentre erano in corso le gare di nuoto, è caduto dall'alto un pezzo di mattonella che ricopre le colonne della struttura della piscina coperta, per fortuna in un'area dove in quel momento non c'era nessuno. Sul lato opposto, invece, erano presenti centinaia di ragazzi che attendevano di essere chiamati, ognuno per la propria gara. Questa la triste situazione del Polo Natatorio di Ostia, dove, da pochi giorni, è comparso un cartello all'ingresso, con la seguente scritta: "Impianto sportivo di proprietà di Roma Capitale. Centro Federale di Ostia. Concessione: Federazione Italiana Nuoto". Chi farà allora i restanti ed urgenti lavori ? Secondo l'Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (OPCM) 3854 del 03.03.2010, "ogni residuale attività amministrativa e tecnico-gestionale inerente lo svolgimento del grande evento Mondiali di Nuoto Roma '09" (art.1, c.3) compete all'Unità Tecnica di Missione istituita presso il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Cosa accadrà dunque nel 2012 ? Rinnoveranno l'ordinanza 'per il 151° anniversario dell'Unità Nazionale' ? Chiediamo dunque a Cochi di dire cosa intende fare visto che l'impianto di Ostia è comunale e che la delibera n.85 del 21.05.2007 recitava chiaramente che l'ultimazione dei lavori e il collaudo degli stessi dovevano concludersi entro il 31 marzo 2009. Siamo fiduciosi che Cochi apprezzerà la nostra collaborazione di rendere pubbliche le spese, visto che fino ad oggi il Comune di Roma non c'è riuscito. Non vorremmo che diventasse famoso anche lui come Renato Papagni per le "4 mattonelle mancanti".

paula de jesus per LabUr

Mondiali di Nuoto ’09: impianto privato Babel, un abuso autorizzato

Discutibile la relazione del consulente tecnico della Procura sull’impianto Babel all’Infernetto sorto per i Mondiali di Nuoto Roma ’09. Il conto, salato, lo pagheranno i cittadini, mentre il privato ha già decuplicato il valore del suo terreno. Da il sito di LabUr l'analisi dettagliata di un malcostume, avendo sempre presente che c'è differenza tra verità e giustizia.

L’impianto sportivo Babel all’Infernetto (Roma), è uno di quelli impianti natatori sorti per i Mondiali di Nuoto, sequestrato ad ottobre 2009, poi riaperto e lasciato da 2 anni indisturbato alle sue fortune senza che ne sia stata chiarita la situazione processuale.
Ex-impianto sportivo abusivo e fatiscente, a ridosso della tenuta presidenziale di Castel Porziano, rinasce in 10 mesi in un’area senza infrastrutture e servizi, dov’è in corso da 20 anni un complicato recupero urbanistico. Perché è stata scelta quest’area? Primo tra tutti, un motivo c’è: la rendita fondiaria. A qualcuno infatti ha fatto gola che un terreno agricolo di 4 ettari, che negli anni ’90 valeva sì e no 25 euro al mq, potesse valerne almeno 1.500, grazie ai Mondiali di Nuoto.
Varianti di destinazione d’uso, riduzioni della fascia di inedificabilità, aumenti esagerati delle cubature consentite, mancati controlli, interessi politici e una totale indifferenza per l’integrità della tenuta presidenziale di Castel Porziano, hanno regalato alla comunità un altro abuso edilizio autorizzato, non del tutto illegale, ma sicuramente illegittimo.
L’impianto sportivo di Babel oggi ospita asili nido convenzionati, un ristorante, locali per corsi di ballo e di decoupage, campi da calcetto e molto altro, nulla a che vedere con l’iniziale esigenza funzionale di un impianto natatorio per i Mondiali di Nuoto (visto che non c’è più neanche la foresteria). Si tratta dunque dell’ennesimo uso degli strumenti urbanistici per fini privati senza alcun vantaggio per la collettività.
L’impianto neppure viene utilizzato dalla Federazione Italiana Nuoto (FIN), ma l’affare economico per i privati è stato enorme.
Le fasi decisionali per l’approvazione del’impianto sono avvenute dalla data in cui il Sindaco Veltroni ha rassegnato le dimissioni (lo stesso giorno in cui il PTPR è stato pubblicato) fino alla istituzione della nuova Giunta Comunale (nominata il 16.05.2008) e delle nuove Commissioni Consiliari (16.06.2008). In tale frangente il Commissario Delegato ha agito indisturbato. Ciò che lascia però sconcertati è che non ci sia stato alcun sequestro definitivo almeno delle aree riconosciute dalla Procura di Roma come “inedificabili”; e che il consulente tecnico nominato dalla Procura abbia consegnato una relazione molto discutibile nelle sue conclusioni e cioè che “l’opera è compatibile con il sistema di tutela paesistico”, per altro omettendo completamente dall’analisi la fascia di rispetto della tenuta presidenziale di Castel Porziano.
LabUr pertanto ha ritenuto opportuno svolgere un’analisi tecnica approfondita, augurandosi che possa fare chiarezza su una vicenda che è l’ennesimo esempio di malcostume urbanistico, quanto di più lontano dagli interessi della collettività che alla fine sarà l’unica a pagare il conto, salato. La relazione tecnica completa a questo LINK