mercoledì 30 settembre 2009
Diffida al Municipio Roma XIII
A: Comune di Roma – Municipio XIII
Sig. Pier Francesco Marchesi
Dott.ssa Adriana Vartolo
Dr. Giacomo Vizzani
Fax: 06/5627648
Da: dott.ssa Paula Filipe de Jesus
Oggetto: Diffida
Con riferimento alla seduta consiliare pubblica del XIII Municipio in data 29 Settembre 2009, la sottoscritta Paula Filipe de Jesus, nata a Montreal (CND) il (omissis), residente in (omissis) Roma (RM),
PREMESSO
1. che era presente in aula, come semplice cittadina, seduta nell’ultima fila del’area destinata al pubblico, in totale silenzio e “inerme”;
2. che attendeva dalle ore 16:00 che si discutesse del tema della Riserva del Litorale Romano, inserito come proposta all’ordine del giorno dopo la questione dei centri anziani;
3. che l’aula era gremita e che era in corso un’accalorata e animata discussione sul tema dei centri anziani;
4. che alle ore 18:00 il consigliere Pier Francesco Marchesi in quota alla maggiorana (PdL), prendendo la parola, si rivolgeva al pubblico in modo denigratorio, indicando nella sottoscritta l’elemento squalificante poiché nota disturbatrice e per questa ragione “denunciata”;
5. che a tali affermazioni, la sottoscritta invitava il consigliere Marchesi a ripetere quanto dichiarato, avvisandolo che sarebbe stato querelato per diffamazione;
6. che la Presidente del Consiglio Municipale, Adriana Vartolo, non interveniva per interrompere tali esternazioni del consigliere Marchesi;
7. che il Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani, presente in aula, mentre tollerava tali esternazioni del consigliere Marchesi, invitava però i Vigili Urbani a sgomberare l’aula se ci fossero state ulteriori interruzioni dei lavori da parte del pubblico;
8. che solo successivamente il Capogruppo della PdL, Salvatore Colloca, interveniva in aula, porgendo le scuse per simile comportamento del consigliere Marchesi;
9. che tale episodio è stato inserito nel verbale della seduta consiliare
DIFFIDA
il consigliere Pier Francesco Marchesi
a ripetere tali e analoghe affermazioni false e tendenziose, nonché diffamatorie, dentro e fuori l’aula Municipale
il Presidente del Consiglio Municipale, Adriana Vartolo
a gestire le sedute consiliari nelle modalità sopra descritte
il Presidente del XIII Municipio, Giacomo Vizzani
a tollerare simili comportamenti dei consiglieri municipali
SIGNIFICA
che se si ripeteranno simili circostanze, la sottoscritta si riterrà libera di adire per vie legali nelle più opportune sedi giudiziarie.
In fede,
domenica 27 settembre 2009
Diritto di cittadinanza agli immigrati
Sono orgogliosa che il territorio nel quale vivo abbia regalato al nostro paese persone come Andrea Sarubbi, che sta facendo una battaglia alla Camera per il diritto di cittadinanza agli immigrati con un sua proposta di legge che è davvero, come dice il Sole 24 Ore, “una buona legge”, sia nel merito, sia nel metodo, perché “i problemi dell’immigrazione richiedono soluzioni, non schemi ideologici. Quando si è di fronte alla nobile politica io plaudo.
Vi invito a leggere il suo blog nella sezione apposita http://andreasarubbi.wordpress.com/category/immigrazione/.
Vi invito a leggere il suo blog nella sezione apposita http://andreasarubbi.wordpress.com/category/immigrazione/.
sabato 26 settembre 2009
giovedì 24 settembre 2009
Verdi: né a destra, né a sinistra. Dritto o in retromarcia ?
“C’è crisi, c’è grossa crisi” soprattutto nei partiti. Mentre il PD cerca un’unione ,che probabilmente può essere risolta solo con l’intervento dei caschi blu dell’ONU, i Verdi escono da Sinistra e Libertà. Riconosco la mia ignoranza circa la logica tutta interna al partito che li ha spinti in questi anni a perdere autorevolezza ed identità. Sono solo una lettrice di quotidiani e non ho mai fatto esperienze dirette di vicinanza ai Verdi. Oggi leggo dell’ennesima scissione con uno slogan che mi ha lasciata basita. “No a Sinistra e Libertà. I Verdi non sono né di sinistra né di destra, ma un movimento ambientalista ecologista che lavora per un mondo migliore. Da soli si può. No ad alleanze inutili”. Devo dire che anche i Verdi, come il centro sinistra in fatto di comunicazione non ne azzeccano una. Mi sono immaginata le possibili reazioni divertite di un cittadino medio che ha un minimo di sensibilità ecologista (cosa per altro abbastanza diffusa). Mi sono ricordata delle false dichiarazione di Pecoraro Scanio circa la gratuità del solare (che ovunque sopravvive unicamente grazie a pesanti incentivi statali e al fatto che il chilowattora prodotto in quel modo viene venduto a un prezzo politico alle società elettriche), delle omissioni sulla durata dei pannelli fotovoltaici e dell problema del loro smaltimento al termine del loro ciclo di vita (non so se sia stato risolto il problema dell’arsenico per la conversione del silicio in pannelli per la produzione di corrente) e del fantasioso nucleare non radioattivo (roba da premio nobel). Insomma, un partito che mi ha sempre ricordato le vecchie lezioni di economia ed ecologia cristianamente ispirata, lezioni dogmatiche e molto messianiche su fantastici mondi paradisiaci senza uno straccio di conto economico.
In effetti l’ambientalismo non dovrebbe essere né di destra, né di sinistra, ma qualcuno dei Verdi mi dovrebbe spiegare come fa a conciliare le sue ragioni anti-capitalistiche in un governo di centro-destra nel caso di un’alleanza. I Verdi mi sembrano un po’ come i pacifisti. Escludendo i guerrafondai, vorrei conoscere il nome di una persona che dichiari di essere favorevole alla guerra. Allo stesso modo vorrei conoscere il nome di una persona che si definisca anti-ecologista, che non sappia, anche solo in modo superficiale, quali siano i danni causati dalle emissioni nocive di qualunque natura. Se la loro ennesima scissione ha come obiettivo quello di fare i controllori di scelte scellerate in ambito industriale o paesaggistico ci può anche stare, ma questa non è una vocazione politica. La vera vocazione, scevra da problemi di rappresentatività a tutti i costi su poltrone di velluto, dovrebbe indurre ad essere presenti in tutti i partiti e sensibilizzare dall’interno in un quadro più ampio e alto della politica, che non è solo un problema ecologico. Di fatto questo nuovo slogan a me fa decisamente sorridere. Qualcuno si deve essere dimenticato della propria storia e delle proprie radici. Poco male, c’è sempre un momento che i figli disconoscono i padri e non è un peccato mortale. Salvo poi da vecchi tornare sui propri passi. Grandi lo sono diventati. Oggi i Verdi in Europa siedono con gli imprenditori per parlare di economia verde di mercato. Insomma, anche loro diventeranno grandi con gli affari. Né a destra, né a sinistra. La terza via sempre dritto o in retromarcia ?
In effetti l’ambientalismo non dovrebbe essere né di destra, né di sinistra, ma qualcuno dei Verdi mi dovrebbe spiegare come fa a conciliare le sue ragioni anti-capitalistiche in un governo di centro-destra nel caso di un’alleanza. I Verdi mi sembrano un po’ come i pacifisti. Escludendo i guerrafondai, vorrei conoscere il nome di una persona che dichiari di essere favorevole alla guerra. Allo stesso modo vorrei conoscere il nome di una persona che si definisca anti-ecologista, che non sappia, anche solo in modo superficiale, quali siano i danni causati dalle emissioni nocive di qualunque natura. Se la loro ennesima scissione ha come obiettivo quello di fare i controllori di scelte scellerate in ambito industriale o paesaggistico ci può anche stare, ma questa non è una vocazione politica. La vera vocazione, scevra da problemi di rappresentatività a tutti i costi su poltrone di velluto, dovrebbe indurre ad essere presenti in tutti i partiti e sensibilizzare dall’interno in un quadro più ampio e alto della politica, che non è solo un problema ecologico. Di fatto questo nuovo slogan a me fa decisamente sorridere. Qualcuno si deve essere dimenticato della propria storia e delle proprie radici. Poco male, c’è sempre un momento che i figli disconoscono i padri e non è un peccato mortale. Salvo poi da vecchi tornare sui propri passi. Grandi lo sono diventati. Oggi i Verdi in Europa siedono con gli imprenditori per parlare di economia verde di mercato. Insomma, anche loro diventeranno grandi con gli affari. Né a destra, né a sinistra. La terza via sempre dritto o in retromarcia ?
Forza PD: un po' di coraggio con Marrazzo
Mi sono stupita della velocità con la quale alcuni dirigenti del PD si siano lanciati nella difesa di Marrazzo dopo le prime notizie apparse sui quotidiani nazionali. Un po' di prudenza sarebbe stata d'obbligo.
E' una grande occasione per il PD per dimostrare il proprio valore etico e morale.
La vicenda di Marrazzo è squallida quanto quella di Berlusconi.
Penalmente non è rilevante se i politici 'se la fanno' con un trans, un uomo o una donna. Lo è invece se li pagano (Marrazzo dichiara di aver pagato 3.000 euro). Lo è se fanno uso di droga (da diimostrare). Lo è eticamente e penalmente se per mesi non denunciano le estorsioni alla magistratura (fatto gravissimo per un uomo dello Stato a maggior ragione se "è tutta una bufala" come dichiara). Lo è eticamente se sono ricattabili. Solo per questo ultimo motivo dovrebbero, a prescindere dalla fine delle indagini, non occupare ruoli istituzionali in cui rappresentano e dovrebbero curare gli interessi della collettività.
Ricordo ai dirigenti del PD, che negli Stati Uniti, a cui il PD si ispira, Clinton subì l'impeachment per aver MENTITO su un pompino di una stagista.
Chiederne le dimissioni e non ricandidarlo è l'unica scelta possibile. Altrimenti è il suicidio.
E' una grande occasione per il PD per dimostrare il proprio valore etico e morale.
La vicenda di Marrazzo è squallida quanto quella di Berlusconi.
Penalmente non è rilevante se i politici 'se la fanno' con un trans, un uomo o una donna. Lo è invece se li pagano (Marrazzo dichiara di aver pagato 3.000 euro). Lo è se fanno uso di droga (da diimostrare). Lo è eticamente e penalmente se per mesi non denunciano le estorsioni alla magistratura (fatto gravissimo per un uomo dello Stato a maggior ragione se "è tutta una bufala" come dichiara). Lo è eticamente se sono ricattabili. Solo per questo ultimo motivo dovrebbero, a prescindere dalla fine delle indagini, non occupare ruoli istituzionali in cui rappresentano e dovrebbero curare gli interessi della collettività.
Ricordo ai dirigenti del PD, che negli Stati Uniti, a cui il PD si ispira, Clinton subì l'impeachment per aver MENTITO su un pompino di una stagista.
Chiederne le dimissioni e non ricandidarlo è l'unica scelta possibile. Altrimenti è il suicidio.
mercoledì 23 settembre 2009
Piano Casa: no ai Casa-li.
E il Casale non c’è più. Cancellato. Trasformato in tante villette a schiera come ne è pieno l’entroterra del XIII Municipio. Ci troviamo in Via Antifonte di Ramnunte, nella zona Nuova Palocco, di fronte alla scuola elementare Palocco ’84. All’angolo con Vicolo Canale della Lingua, uno splendido casale si erge solitario a ricordo della vocazione agricola del XIII Municipio. Ma quanti ne esistono in tutto il nostro territorio ? Almeno 53, da una prima stima. Infatti la Carta dell’Agro Romano, che dovrebbe tutelare le presenza storiche, archeologiche e paesistiche presenti appunto nell’Agro Romano, non li censisce tutti (come il caso del Casale del Porro, all’Infernetto, nei cui pressi non solo è presente un acquedotto romano, ma esiste numeroso materiale archeologico in superficie). Scompare la storia del territorio, scompaiono gli spazi verdi ex-agricoli, ma soprattutto scompaiono gli spazi pubblici. Di recente, il 6 agosto, il Consiglio della Regione Lazio ha approvato il Piano Casa con 36 voti a favore e 9 contrari, consentendo (inizialmente) ai proprietari di
ristrutturare i casali oppure di trasformarli in piccole abitazioni da affittare a prezzo concordato, consentendo così un cambio di destinazione d’uso. Addirittura si è parlato di aprire sul posto asili nido. Si utilizzano, in questo modo, strutture oggi abbandonate, come stalle e vecchi magazzini, per farne, grazie alle loro cubature, alberghi, ristoranti, discoteche e finti agri-turismo, distruggendo l’unico elemento conservativo della campagna così com’era fino a 50 anni fa. Per fortuna, sempre il 6 Agosto, è stato votato l’emendamento all’articolo 2 della proposta di Legge Regionale che tutela i casali storici dell’Agro Romano e del territorio laziale. Potrebbe sembrare apparentemente una conquista e sulla carta effettivamente lo è. Ma se un casale come quello di Nuova Palocco (censito nel foglio 30S della Carta dell’Agro al numero 63) è comunque destinato a sparire, cosa ne sarà degli altri? E soprattutto cosa ne sarà di questi potenziali spazi pubblici a servizio dei quartieri dell’entroterra ostiense, nati come una città diffusa che hanno consumato ormai quasi tutto il territorio con le loro villette tutte uguali? Niente strade, piazze e giardini. Adesso neanche più gli spazi verdi agricoli.
Il suolo, su cui si sviluppa una città, è patrimonio della collettività anche se di proprietà di un singolo. E’ necessario dunque recuperare la memoria storica, ma soprattutto dare risposte alle nuove richieste di spazi pubblici che non possono tradursi in un aumento artificioso di ‘consumo di merci’. La politica deve ridurre il peso della rendita immobiliare che è in stretto rapporto con la rendita finanziaria e dunque con la speculazione, che non è imprenditoria.
L’azione che Italia Nostra sta portando avanti a sostegno della battaglia della Sovrintendenza Archeologica per la difesa e tutela dell’Agro romano ci auguriamo che non sia limitata solo ad alcuni municipi, ma estesa anche a tutti gli altri, compreso il XIII Municipio che ha conservato, meglio di altri, il patrimonio paesaggistico e storico di quella parte dell’Agro conosciuta come Marittima e che presto vedrà una delle cementificazioni più pesanti di Roma. Il Litorale infatti ha ricevuto premi di cubatura nel nuovo piano casa fino al 60% e il rischio fondato che si attui la visione fascista di espandere Roma “sopra altri colli lungo le rive del fiume sacro sino alle spiagge del Tirreno” diventerà una promessa mantenuta.
ristrutturare i casali oppure di trasformarli in piccole abitazioni da affittare a prezzo concordato, consentendo così un cambio di destinazione d’uso. Addirittura si è parlato di aprire sul posto asili nido. Si utilizzano, in questo modo, strutture oggi abbandonate, come stalle e vecchi magazzini, per farne, grazie alle loro cubature, alberghi, ristoranti, discoteche e finti agri-turismo, distruggendo l’unico elemento conservativo della campagna così com’era fino a 50 anni fa. Per fortuna, sempre il 6 Agosto, è stato votato l’emendamento all’articolo 2 della proposta di Legge Regionale che tutela i casali storici dell’Agro Romano e del territorio laziale. Potrebbe sembrare apparentemente una conquista e sulla carta effettivamente lo è. Ma se un casale come quello di Nuova Palocco (censito nel foglio 30S della Carta dell’Agro al numero 63) è comunque destinato a sparire, cosa ne sarà degli altri? E soprattutto cosa ne sarà di questi potenziali spazi pubblici a servizio dei quartieri dell’entroterra ostiense, nati come una città diffusa che hanno consumato ormai quasi tutto il territorio con le loro villette tutte uguali? Niente strade, piazze e giardini. Adesso neanche più gli spazi verdi agricoli.
Il suolo, su cui si sviluppa una città, è patrimonio della collettività anche se di proprietà di un singolo. E’ necessario dunque recuperare la memoria storica, ma soprattutto dare risposte alle nuove richieste di spazi pubblici che non possono tradursi in un aumento artificioso di ‘consumo di merci’. La politica deve ridurre il peso della rendita immobiliare che è in stretto rapporto con la rendita finanziaria e dunque con la speculazione, che non è imprenditoria.
L’azione che Italia Nostra sta portando avanti a sostegno della battaglia della Sovrintendenza Archeologica per la difesa e tutela dell’Agro romano ci auguriamo che non sia limitata solo ad alcuni municipi, ma estesa anche a tutti gli altri, compreso il XIII Municipio che ha conservato, meglio di altri, il patrimonio paesaggistico e storico di quella parte dell’Agro conosciuta come Marittima e che presto vedrà una delle cementificazioni più pesanti di Roma. Il Litorale infatti ha ricevuto premi di cubatura nel nuovo piano casa fino al 60% e il rischio fondato che si attui la visione fascista di espandere Roma “sopra altri colli lungo le rive del fiume sacro sino alle spiagge del Tirreno” diventerà una promessa mantenuta.
giovedì 17 settembre 2009
Di quali morti parli seduto sul divano ?
L’Italia ripudia la guerra, così cita l’art. 11 della costituzione. Davvero ? Allora perché non facciamo come gli svizzeri ? Semplice, noi facciamo gli evasori. Noi non andiamo nei nostri paradisi paesaggistici culturali a fare le vacanze, noi andiamo nei paradisi fiscali a portare i soldi. Questi pacifisti che sbandierano l’arcobaleno mi fanno ridere. Voglio uno, un nome solo, di una persona che affermi di non essere pacifista. Voglio sapere chi cazzo dice che ama la guerra. Ridicoli, non siete detentori di nessuna battaglia. I nostri culi si riscaldano tutti i giorni con il gas e il petrolio che arriva da paesi a cui vendiamo le armi per occupare nazioni che hanno le risorse che ci servono per vivere ogni fottuto istante della nostra fottuta vita nel benessere. Per non parlare dei diamanti che comprate, pieni di sangue. Solo un coglione poteva scrivermi la frase che io non piango i morti italiani solo perché non sono miei concittadini. A prescindere dal fatto che io sono italiana, non decido se piangere solo dopo aver visto il passaporto. Ogni giorno muoiono giovani, i nostri figli, per droga e alcol nell’indifferenza più totale. Ogni giorno muoiono extra-comunitari nei cantieri assoldati da bianchi evasori che costruiscono le nostre case. Ogni giorno, ogni fottutissimo giorno di merda. La guerra è sporca e va chiamata con il suo fottuto nome. Chiamarle missioni di pace quando sono solo affari che consentono la sopravvivenza della nostra nazione è una ipocrisia. I soldati che muoiono lo sanno benissimo. Nessuno gli punta una pistola alla tempia per andare in missione all’estero. Nessuno. Ci vanno per scelta. Fanno quello che gli viene ordinato e ci credono. E’ un lavoro sporco come molti altri, meno sporco di tantissimi altri. Non sono eroi. Sono lavoratori dipendenti. I pacifisti scenderanno in piazza indignati solo perché oggi sono morti sei militari con passaporto italiano, ma non scendono in piazza indignandosi perché ogni giorno soldati con passaporto non italiano muoiono ad esempio in medio-oriente. Nessuno piange le migliaia di soldati americani, perché gli americani per i comunisti e quelli di sinistra sono simbolo dell’imperialismo. Invece forse meriterebbero la nostra indignazione più dei morti italiani. Vengono reclutati adolescenti, non adulti, nei suburbi poveri della profonda america, nei centri commerciali dove bivaccano ragazzi senza istruzione che vivono con 3 dollari al giorno, che hanno famiglie numerose che vivono sotto il livello di sussistenza e senza occupazione. Ma di che cazzo andate parlando ? Nessuno vuole la guerra. Nessuno di voi però dice che Obama (perché fa fico avere un finto mito negro istruito vincente della serie 'se ce l'ha fatta lui ce la posso fare anch'io' ...) esce dall’Iraq per presidiare ancor meglio in Afganistan. Che l’Italia è lì perché ci sono accordi di spartizione di business per il nostro governo e le società italiane. In ogni momento della vostra fottuta giornata sappiate che tutto quello che toccate e che vi circonda è possibile grazie al sangue di sei italiani e di migliaia di uomini, donne e bambini con passaporto non italiano che vengono uccisi perché voi possiate vivere, non sopravvivere, ma forse loro puzzano di spezie, il colore della pelle non è il vostro, non capite la loro lingua, rifiutate le loro tradizioni, condannate le loro religioni. Voi siete conniventi con i governi ogni volta che vi unite al finto cordoglio messo in piedi sulla passerella a favore di telecamera.
Voi non piangete per la morte del vicino con cui magari avete litigato ogni sacrosanto giorno. Ma piangete i soldati in un’orgia collettiva di finto cordoglio. A me dispiace per tutti i morti con qualunque passaporto, ma i morti non sono tutti uguali e i soldati sono "meno morti" di altri.
Io non ho bisogno del passaporto per dimostrare che sono italiana. Io sono cittadina del mondo. E me ne vanto. E soprattutto evito ipocrisie.
Oggi qualcuno al governo festeggia. La posta si alza. Con i morti si batte cassa. Si chiede di più ai partner commerciali. Fottuta cruda verità.
Voi non piangete per la morte del vicino con cui magari avete litigato ogni sacrosanto giorno. Ma piangete i soldati in un’orgia collettiva di finto cordoglio. A me dispiace per tutti i morti con qualunque passaporto, ma i morti non sono tutti uguali e i soldati sono "meno morti" di altri.
Io non ho bisogno del passaporto per dimostrare che sono italiana. Io sono cittadina del mondo. E me ne vanto. E soprattutto evito ipocrisie.
Oggi qualcuno al governo festeggia. La posta si alza. Con i morti si batte cassa. Si chiede di più ai partner commerciali. Fottuta cruda verità.
lunedì 14 settembre 2009
W i tortellini !
Le primarie del PD ad Ottobre non le “sento in pancia”. Mi limito a fare l’osservatore poco simpatizzante. Non tanto per lo strumento in sé quanto per la sua applicazione in un momento in cui i tempi per gli esercizi di democrazia non sono ancora maturi per la classe politica italiana, mentre ho il sospetto che lo siano per molti italiani.
Ho appoggiato e contribuito alla nascita del PD. Non ho mai preso la tessera. La mia storia, che è legata alla cultura nord americana, mi inclina al partito a vocazione maggioritaria. Non sono però certa che l’Italia, specificatamente la sua classe politica, sia e sarà mai pronta a questo. Mi piacerebbe che ci fosse una sinistra radicale e un partito di sinistra non comunista. Faccio parte della miriade di cani sciolti che si collocano a sinistra, ma non si identificano con le proposte politiche che vengono offerte. Quando vado in cabina elettorale chiudo tutti gli orifizi per il terrore di fare sulla scheda elettorale un atto inconsulto proveniente dal sistema simpatico. Mai una volta che abbia segnato la croce con convinzione. Non mi ci identifico, che volete farci e sono in ottima compagnia. Siamo in tanti, tantissimi. E’ il ricatto del senso del dovere. Voto perché penso che se non lo faccio è peggio per il paese. Ma la sfiducia ogni volta aumenta e comincio ad avere seri problemi di identità politica.
Ma a me non manca il coraggio e dunque vado a fare un esempio molto chiaro e banale di ciò che intendo.
Sono razzista? Sabato ero a Padova per un convegno della CGIL sugli spazi pubblici. Buffet etnico in omaggio ai partecipanti. Arriva un ducato da cui scendono 4 senegalesi e un bambino di 3 anni vestiti all’ultima moda che portano le pietanze autoctone. Iniziano a servire il cous-cous. La donna prepara i piatti prendendo carne, riso e verdure con le mani, mentre il bambino infila le sue manine dentro tutti i piatti che la madre sta preparando.
Queste cose mi mandano in bestia. Lo dico chiaro e tondo e me ne cacafotto di essere tacciata di razzismo. Giocare al politically correct a tutti i costi è roba da intellettualoidi di sinistra sfigati. Non capisco perché la ASL vada applicata solo ai bianchi non africani. Se sei cittadino e il colore della pelle non conta, usi le posate come tutti gli altri, i guanti e la cavolo di cuffietta. Chiaro ?
Altrimenti, quando vado in Germania, pretendo di andare i giro con la coppola, lo scaccia pensieri e il mandolino e suonare al ristorante mentre esigo una pizza che non è nel menu magari anche armata di lupara. Non basta gridare al razzismo contro la destra a sinistra per dire che si ha una politica sull’immigrazione. Così si regalano i voti alla Lega.
E’ un dato di fatto che in tutto il mondo in cui esistono democrazie mature i partiti hanno crisi di identità. Quindi non mi scompone più di tanto ciò che accade in Italia. La sinistra in particolare non è in grado di rispondere con proposte convincenti alle domande della società civile. Il discorso è molto complesso e richiederebbe un’articolazione enciclopedica. Per cui mi limiterò ad osservare solo alcuni aspetti. C’è un problema tutto europeo particolarmente forte tra leadership, iscritti ed elettori. Che i partiti se ne facciano una ragione. Il partito di massa è anacronistico, per cui la vostra legittimità la dovete trovare fuori dal numero degli iscritti. Quello che conta è la vostra capacità di contrattare per il bene pubblico sulla base di valori condivisi. Dunque non vi resta che aprirvi alla società civile, ai simpatizzanti e agli elettori, penalizzando l’iscritto con il rischio di svuotare ulteriormente il numero dei tesserati. Duro, ma è così. Si tratta di scegliere e cercare un equilibrio del sistema. La soluzione poi del leader carismatico è assolutamente una ‘cacata pazzesca’ come direbbe Fantozzi, perché l’Italia è un paese con bassa cultura liberal-democratica (Berlusconi docet). Per cui, cari i miei partiti di sinistra, a partire dal PD, dovete cercare un giusto mix, una strategia in grado di invogliare i cittadini ad un rapporto diretto con voi senza svilire troppo il ruolo dell’iscritto.
Dunque, chi vince la patacca del segretario del PD non me ne può fregare di meno. Però tatticamente voterei Franceschini, a prescindere dalle differenze di programma con Bersani, che poi non ci sono (a parte la presenza del ‘baffetto’ che sarebbe ora che salpasse in mare definitivamente, e Marino non lo calcolo perché non ha i numeri). Nel PD sono confluiti molti ex comunisti. Che i catto-comunisti rimangano nel PD e che gli ex-comunisti tornino a sinistra, perché questo paese potrà essere veramente democratico se garantiamo la vita alla sinistra radicale, evitando al contempo che la massa degli elettori di centro finisca nelle mani di Casini.
Viva i tortellini, viva gli '-ini' !
Ho appoggiato e contribuito alla nascita del PD. Non ho mai preso la tessera. La mia storia, che è legata alla cultura nord americana, mi inclina al partito a vocazione maggioritaria. Non sono però certa che l’Italia, specificatamente la sua classe politica, sia e sarà mai pronta a questo. Mi piacerebbe che ci fosse una sinistra radicale e un partito di sinistra non comunista. Faccio parte della miriade di cani sciolti che si collocano a sinistra, ma non si identificano con le proposte politiche che vengono offerte. Quando vado in cabina elettorale chiudo tutti gli orifizi per il terrore di fare sulla scheda elettorale un atto inconsulto proveniente dal sistema simpatico. Mai una volta che abbia segnato la croce con convinzione. Non mi ci identifico, che volete farci e sono in ottima compagnia. Siamo in tanti, tantissimi. E’ il ricatto del senso del dovere. Voto perché penso che se non lo faccio è peggio per il paese. Ma la sfiducia ogni volta aumenta e comincio ad avere seri problemi di identità politica.
Ma a me non manca il coraggio e dunque vado a fare un esempio molto chiaro e banale di ciò che intendo.
Sono razzista? Sabato ero a Padova per un convegno della CGIL sugli spazi pubblici. Buffet etnico in omaggio ai partecipanti. Arriva un ducato da cui scendono 4 senegalesi e un bambino di 3 anni vestiti all’ultima moda che portano le pietanze autoctone. Iniziano a servire il cous-cous. La donna prepara i piatti prendendo carne, riso e verdure con le mani, mentre il bambino infila le sue manine dentro tutti i piatti che la madre sta preparando.
Queste cose mi mandano in bestia. Lo dico chiaro e tondo e me ne cacafotto di essere tacciata di razzismo. Giocare al politically correct a tutti i costi è roba da intellettualoidi di sinistra sfigati. Non capisco perché la ASL vada applicata solo ai bianchi non africani. Se sei cittadino e il colore della pelle non conta, usi le posate come tutti gli altri, i guanti e la cavolo di cuffietta. Chiaro ?
Altrimenti, quando vado in Germania, pretendo di andare i giro con la coppola, lo scaccia pensieri e il mandolino e suonare al ristorante mentre esigo una pizza che non è nel menu magari anche armata di lupara. Non basta gridare al razzismo contro la destra a sinistra per dire che si ha una politica sull’immigrazione. Così si regalano i voti alla Lega.
E’ un dato di fatto che in tutto il mondo in cui esistono democrazie mature i partiti hanno crisi di identità. Quindi non mi scompone più di tanto ciò che accade in Italia. La sinistra in particolare non è in grado di rispondere con proposte convincenti alle domande della società civile. Il discorso è molto complesso e richiederebbe un’articolazione enciclopedica. Per cui mi limiterò ad osservare solo alcuni aspetti. C’è un problema tutto europeo particolarmente forte tra leadership, iscritti ed elettori. Che i partiti se ne facciano una ragione. Il partito di massa è anacronistico, per cui la vostra legittimità la dovete trovare fuori dal numero degli iscritti. Quello che conta è la vostra capacità di contrattare per il bene pubblico sulla base di valori condivisi. Dunque non vi resta che aprirvi alla società civile, ai simpatizzanti e agli elettori, penalizzando l’iscritto con il rischio di svuotare ulteriormente il numero dei tesserati. Duro, ma è così. Si tratta di scegliere e cercare un equilibrio del sistema. La soluzione poi del leader carismatico è assolutamente una ‘cacata pazzesca’ come direbbe Fantozzi, perché l’Italia è un paese con bassa cultura liberal-democratica (Berlusconi docet). Per cui, cari i miei partiti di sinistra, a partire dal PD, dovete cercare un giusto mix, una strategia in grado di invogliare i cittadini ad un rapporto diretto con voi senza svilire troppo il ruolo dell’iscritto.
Dunque, chi vince la patacca del segretario del PD non me ne può fregare di meno. Però tatticamente voterei Franceschini, a prescindere dalle differenze di programma con Bersani, che poi non ci sono (a parte la presenza del ‘baffetto’ che sarebbe ora che salpasse in mare definitivamente, e Marino non lo calcolo perché non ha i numeri). Nel PD sono confluiti molti ex comunisti. Che i catto-comunisti rimangano nel PD e che gli ex-comunisti tornino a sinistra, perché questo paese potrà essere veramente democratico se garantiamo la vita alla sinistra radicale, evitando al contempo che la massa degli elettori di centro finisca nelle mani di Casini.
Viva i tortellini, viva gli '-ini' !
mercoledì 2 settembre 2009
Omologazione e genocidio culturale.
“La cultura non è né di destra, né di sinistra, ma o è cultura o non lo è”. Giusto, bravo Bondi. Peccato che sia diventata omologazione e genocidio culturale.
Se è superfluo commentare il curriculum di Sandro Bondi, che non si capisce quali competenze abbia per occupare la poltrona del Ministero dei Beni Culturali, vale invece la pena di dire almeno “due paroline” sul lesto supermanager Mario Resca, neo sovrintendente del Comune di Roma di un'indefinita Direzione Generale per la valorizzazione dei beni culturali, che non solo è Re Mida Mc Donald, ma è anche presidente del Casinò di Campione, da cui non si è dimesso. Per il XIII Municipio la presenza di questo supermanager è una garanzia di continuità dell’offerta culturale tristissima che questo Municipio ha prodotto nell'ultimo anno (feste di borgata, tornei di poker Hod’em sul pontile, Amici di Maria de Filippi, Erotica Tour, premio della poesia a Licio Gelli, concerto di Fidenco, Tozzi e Masini … senza parlare della chiusura del Teatro del Lido, il problema della Casa della Cultura, il conflitto di interessi della famiglia Colloca, un Presidente della Commissione Cultura che scambia per degrado la sabbia messa sui mosaici per la loro conservazione … a cui si aggiunge la visione di Alemanno per il Litorale romano che prevede apertura di parco a tema della Roma imperiale, Casinò ... insomma un bordello culturale).
Forse adesso si capisce la nomina di Resca all’interno di un ministero che potrebbe essere la gallina dalle uova d'oro del Bel Paese.
Ma la gallina non mangia e le uova non riesce più a farle. Per quelle d’oro ci vuole un miracolo.
I proclami deliranti del Berlusca: “il FUS sarà reintegrato nel prossimo decreto legge attraverso lo spostamento di qualche risparmio sulla spesa.” Già questa sarebbe una battuta comica visto che solo negli ultimi otto mesi i conti pubblici hanno subito un aumento di 33,1 miliardi (una super-finanziaria) che non ci è dato sapere come siano stati spesi.
Insomma, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una valanga di sciocchezze e banalità dal peso politico drammatico.
In sintesi potremmo dire che il nostro patrimonio è stato relegato a merce, che ha bisogno solo di “pubblicità” affinché il “visitatore-cliente” allunghi la mano, come la massaia, per afferrarla sullo scaffale dell’offerta turistica. Ma non basta. Il centro destra rispolvera le peggiori soluzioni del centro sinistra: l’apertura serale dei musei (sperimentata dal 2001 e annullata per mancanza di fondi), l’iniziativa privata e la defiscalizzazione, che in tempi di evasione fiscale è la seconda battuta tragico-comica.
I beni culturali non sono una merce e per questo vanno sottratti al mercato ed alla politica. Sono patrimonio di tutti e devono autogovernarsi attraverso organi tecnici con il massimo di autonomia e di libertà possibile per liberarla dal cancro della cattiva managerialità e politica.
Un tempo l'Italia aveva uno straordinario sistema policentrico di Sopraintendenze, sorrette da Istituti Centrali, che esaltavano il potere del sapere. Il mondo ce l'invidiava, e l'abbiamo distrutto, riducendo alla metà i bilanci, non bandendo più concorsi per rinnovare gli organici, non adeguando le retribuzioni, subordinandolo sistematicamente a controlli burocratici, pretenziosità manageriali e politiche, umiliandolo con immotivati commissariamenti (che finora non hanno risolto, come a Pompei, nessuno dei problemi per cui sono stati istituiti).
L'opposizione non è senza gravi responsabilità. È stato Rutelli a sottrarre al Consiglio nazionale dei Beni culturali la nomina del proprio presidente riservandola al ministro. Sono stati Bettini e Veltroni a calcare la mano (il modello Roma) sull'uso della cultura come vetrina pubblicitaria per la politica (il tappeto rosso alla Festa del Cinema). È stato Veltroni ministro a varare in pochi giorni la trasformazione dello stato giuridico degli enti lirici in fondazioni private, svendendo così al privato potere, ma ottenendo in cambio un aumento di risorse inferiore al 10%.
Dovremmo ragionare sul perché l'Italia spende per la cultura (scuola e università comprese) le briciole residuali del proprio bilancio, anziché contribuire a presentarla come «uno spreco» da tagliare. Qualche numero.
I tagli: un miliardo 276 milioni nel triennio 2009-2011. Un terzo delle cifre tagliate è stato amputato alla voce Tutela e valorizzazione. Per cui il Mibac e le Soprintendenze si limiteranno a pagare gli stipendi e poco più, secondo la logica dell’ente inutile “perfetto” che si mangia in costo del personale tutto ciò che incassa e/o riceve. Non basta: i tagli hanno spazzato via i 45 milioni preventivati in tre annualità dal ministro Rutelli per l’abbattimento di altri “ecomostri”. Peccato che, guardando meglio, si scopre che viene ridotta pure la spesa ordinaria destinata al comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio: ladri e rapinatori dell’arte e dell’archeologia festeggiano. Cosa potranno fare le Soprintendenze che già a metà anno non avevano più fondi per i telefoni, per i francobolli, per pagare le imprese di pulizia (bagni dei musei inclusi)? Ogni tecnico si ritrova alle prese con un migliaio di pratiche delicate all’anno. Le amputazioni vanno a minare l’attuazione stessa del Codice per il paesaggio, reso ben più stringente e severo, dalla gestione Rutelli-Settis, ragion per cui il saccheggio del nostro paesaggio sta riprendendo con grande vigore. Insomma, cultura come optional.
Senza parlare del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus). Il taglio per le Fondazioni lirico-sinfoniche parte dai 51,7 milioni dell’anno prossimo e arriva, in progressione, agli oltre 101 del 2011. Il fondo per le attività musicali perde inizialmente 15,2 milioni e arriva a 29,8 milioni, mentre l’altro per le attività teatrali di prosa da va da 17,7 a ben 34,6 milioni. Ma ci saranno riduzioni di contributi anche per la già deperente danza classica. Va detto che ci sono Enti che registrano incidenze assurde del personale sui costi totali: l’Opera di Roma col record del 70,9 per cento.
Roma, con il progetto pilota di decentramento proprio nel XIII Municipio, che dovrebbe essere il centro della cultura in Italia (e nel mondo aggiungiamo) in realtà esalta proprio questo meccanismo di visione ipometrica della cultura, cioè delega una realtà storica-archeologia e culturale come Ostia ad un Municipio la cui competenza e conoscenza è nulla.
La cultura come stand fieristico, dove reperire cornetti porta fortuna.