giovedì 30 aprile 2009
Quanto si risparmia con la spettacolarizzazione del dramma dell'Abruzzo ?
Il Presidente del Consiglio ha deciso la scorsa settimana di spostare il G8 di Giugno dall’isola della Madalena all’Aquila, motivando la sua scelta con il fatto che il trasferimento “permetterà di risparmiare soldi, che potranno essere usati per la ricostruzione” delle aree terremotate. Mah, nessuno (nemmeno la protezione civile) fornisce dei dati per valutare i costi del G8 e il suo spostamento. Qualcuno però gi ha fatto qualche conto in tasca. Mancano due mesi all’evento e una parte significativa dei lavori previsti in Sardegna è già stata avviata e Berlusconi ha assicurato che tutte le opere in cantiere saranno concluse. Pertanto per risparmiare è necessario che all’Aquila si spenda meno della differenza fra quanto previsto inizialmente in Sardegna e l’ammontare delle risorse da destinare alle opere già in fase di realizzazione. Supposto quindi che sia in corso di esecuzione il 40% degli interventi previsti, rimarrebbe a disposizione il restante 60% (ad essere buoni, perché Berlusconi è efficiente e a due mesi dall’evento le opere realizzate sono sicuramente molte di più). Poiché si tratta di lavori da fare in regime di urgenza costeranno ovviamente di più. Supponendo di utilizzare tutte le risorse stanziate per la Sardegna, si potranno dunque realizzare meno della metà delle opere inizialmente previste. Quindi per risparmiare gli interventi che verranno attuati dovranno essere ancor più essenziali. Quindi, delle due l’una: o i risparmi non ci saranno oppure la cifra inizialmente stanziata era in buona parte ingiustificata. Se proprio si voleva risparmiare forse bisognava tagliare una parte delle opere superflue previste in Sardegna e non ancora completate. Quella dei risparmi è forse una motivazione di copertura per altre, più sostanziose, questioni: per esempio ragioni di sicurezza che il Governo non vuol lasciar trapelare? O semplice desiderio di spettacolarizzare ancora di più il dramma dell’Abruzzo? Ai posteri l’ardua sentenza.
lunedì 13 aprile 2009
Santoro e i filistei
Ma sì, ho voglia di essere decisamente controcorrente, italiota e qualunquista allo stesso tempo. Perché ho voglia di esser diversa (perché sono diversa) e quindi la più uguale di tutti (perché sono come il maiale di Orwell).
Stucchevole (perché inquietante mi sembra un po’ troppo, visto che non inquieta più nessuno) questa polemica di regime sulla puntata di giovedì scorso di Santoro sul terremoto in Abruzzo. Stucchevoli i commenti di Aldo Grassi su lo Spoon River all’italiana di Vespa sullo stesso tema (ho già commentato su quella puntata), ma anche (come ama intercalare Wally) dei difensori dell’ultima icona televisiva e sbiadita del giornalismo di sinistra, che ormai è diventata una caricatura di se stesso.
Chiedo a questi difensori di un baluardo fatiscente di esprimere con la stessa forza disappunto, ad esempio, per la puntata andata in onda due giovedì addietro. Una puntata scandalosa, a dir poco, dove, a parte i servizi esterni fatti bene (solo perché ci sono le nuove leve che sgomitano per farsi notare), il caro Santoro, come al solito ultimamente, non chiarisce alcun nesso tra quei servizi e l’argomento sul piano casa. Parterre in studio fatto alla carta, su ordinazione si intende dall’’alto’, una pletora di incompetenti, a parte Sansa, o di furbini come Lupi (di cui ho ampiamente scritto su l’FB del Comitato negli ultimi mesi). Non si può pretendere di fare informazione quando si invita un livello così basso di interlocutori solo per far piacere al ‘regime’ della pagnotta e della poltrona. Persino Vendola pareva andare su un binario tutto suo, quello della filosofia politica … si capiva solo lui e i pochi eletti-elettori. Io personalmente non ce la faccio più ad ascoltare una tv urlante, in cui i giornalisti interrompono qualunque discorso dell’intervistato (ma che cazzo lo intervistano a fare allora?), mentre lasciano ampiamente starnazzare oche e paperi poco giulivi. Santoro in quella puntata riesce a non far parlare i giovani di Torino per far sbraitare l’’elegante’ Signora Santaché riducendo il tutto ad una questione di ‘gusto’, rasentando così il ridicolo. Su un tema così importante come quello del piano casa Santoro è riuscito a fare una puntata, con i soldi pubblici, superficiale, mediocre e inconcludente. L’antipatico Travaglio rimane, purtroppo, l’ultima vedetta lombarda di quella trasmissione e non solo (sarà per questo che Santoro l’ha voluto, per scaricarsi della responsabilità delle patate bollenti?). Da umile e ignorante utente Rai mi chiedo dove sono i suoi difensori quando si tratta di dire in faccia a Santoro che ha fatto una pessima puntata (e purtroppo è un andazzo per lui negli ultimi anni).
Non capisco perché la maggior parte delle persone invecchiando, soprattutto quando non hanno il problema della pagnotta, ma solo quello della fama e del potere, diventino meno libere e più schiave delle altre.
Anche la sinistra è piena di furbetti e di finti moralisti, purtroppo. Io me ne vergogno.
Stucchevole (perché inquietante mi sembra un po’ troppo, visto che non inquieta più nessuno) questa polemica di regime sulla puntata di giovedì scorso di Santoro sul terremoto in Abruzzo. Stucchevoli i commenti di Aldo Grassi su lo Spoon River all’italiana di Vespa sullo stesso tema (ho già commentato su quella puntata), ma anche (come ama intercalare Wally) dei difensori dell’ultima icona televisiva e sbiadita del giornalismo di sinistra, che ormai è diventata una caricatura di se stesso.
Chiedo a questi difensori di un baluardo fatiscente di esprimere con la stessa forza disappunto, ad esempio, per la puntata andata in onda due giovedì addietro. Una puntata scandalosa, a dir poco, dove, a parte i servizi esterni fatti bene (solo perché ci sono le nuove leve che sgomitano per farsi notare), il caro Santoro, come al solito ultimamente, non chiarisce alcun nesso tra quei servizi e l’argomento sul piano casa. Parterre in studio fatto alla carta, su ordinazione si intende dall’’alto’, una pletora di incompetenti, a parte Sansa, o di furbini come Lupi (di cui ho ampiamente scritto su l’FB del Comitato negli ultimi mesi). Non si può pretendere di fare informazione quando si invita un livello così basso di interlocutori solo per far piacere al ‘regime’ della pagnotta e della poltrona. Persino Vendola pareva andare su un binario tutto suo, quello della filosofia politica … si capiva solo lui e i pochi eletti-elettori. Io personalmente non ce la faccio più ad ascoltare una tv urlante, in cui i giornalisti interrompono qualunque discorso dell’intervistato (ma che cazzo lo intervistano a fare allora?), mentre lasciano ampiamente starnazzare oche e paperi poco giulivi. Santoro in quella puntata riesce a non far parlare i giovani di Torino per far sbraitare l’’elegante’ Signora Santaché riducendo il tutto ad una questione di ‘gusto’, rasentando così il ridicolo. Su un tema così importante come quello del piano casa Santoro è riuscito a fare una puntata, con i soldi pubblici, superficiale, mediocre e inconcludente. L’antipatico Travaglio rimane, purtroppo, l’ultima vedetta lombarda di quella trasmissione e non solo (sarà per questo che Santoro l’ha voluto, per scaricarsi della responsabilità delle patate bollenti?). Da umile e ignorante utente Rai mi chiedo dove sono i suoi difensori quando si tratta di dire in faccia a Santoro che ha fatto una pessima puntata (e purtroppo è un andazzo per lui negli ultimi anni).
Non capisco perché la maggior parte delle persone invecchiando, soprattutto quando non hanno il problema della pagnotta, ma solo quello della fama e del potere, diventino meno libere e più schiave delle altre.
Anche la sinistra è piena di furbetti e di finti moralisti, purtroppo. Io me ne vergogno.
venerdì 10 aprile 2009
I disoccupati invisibili di cui nessuno parla
Aumenta la disoccupazione. I dati parlano chiaro: c’è una crescita della sotto-occupazione e del tasso di inattività, soprattutto al Sud e anche fra gli uomini. Un fenomeno destinato a peggiorare nei prossimi mesi, ma nessuno ne parla. Il rischio è che l'abbassamento ulteriore del tasso di attività marginalizzi ancora di più proprio le regioni più povere e con più basso tasso di occupazione.Non è solo aumentata la disoccupazione. È aumentata la sotto-occupazione, nella forma di part-time involontario.
L’aumento del lavoro a tempo parziale è cresciuto del 2,4 per cento e riguarda esclusivamente donne, che dichiarano che non si tratta di una loro scelta. Soprattutto, nel Mezzogiorno è poi aumentato il tasso di inattività, tra le donne, ma anche tra gli uomini.
Il tasso di attività complessivo nel Mezzogiorno si è ulteriormente ridotto rispetto a quello delle altre regioni, attestandosi al 52 per cento cioè 11 punti in meno del tasso nazionale e 17,8 in meno di quello del Nord. Nel caso delle donne la distanza è molto più consistente: quasi 15 punti in meno del tasso nazionale e 24 in meno rispetto al Nord .
L’aumento del tasso di inattività nel Mezzogiorno, tra le donne, ma ora anche tra gli uomini, per certi versi segnala una situazione ancor più grave dell’aumento del tasso di disoccupazione. Si tratta di forza lavoro scoraggiata, fuori da ogni circuito di “attivazione” e persino fuori da ogni interesse e preoccupazione pubblica. Si tratta sia di uomini sia di donne che, secondo quanto dichiarano, non cercano (più) un’occupazione perché pensano di non trovarla. Ma il loro ritirarsi dalle forze di lavoro li rende invisibili come problema da affrontare. E infatti di loro non si parla in questi giorni, in cui tutta l’attenzione, nazionale e internazionale, è concentrata sulla contabilità, pure drammatica, dei disoccupati.
Esistono delle conseguenze perverse dell’utilizzo del solo tasso di disoccupazione, in particolare femminile, come indicatore di area svantaggiata.Ad esempio la Calabria, che ha un basso tasso di disoccupazione femminile solo perché le donne hanno un bassissimo tasso di attività, è stata esclusa dagli incentivi dell’Unione Europea destinati alle imprese che assumono donne nelle “aree svantaggiate”.
C’è ora il rischio che l’abbassamento ulteriore del tasso di attività, e il coinvolgimento nel fenomeno di una quota di uomini, marginalizzi ulteriormente proprio le regioni più povere e a più basso tasso di occupazione rispetto a politiche orientate esclusivamente a contrastare la disoccupazione e sostenere il reddito dei disoccupati (e neppure di tutti).
Nel nostro paese il problema del lavoro, con le sue conseguenze per la vita dei singoli e delle famiglie, non riguarda solo la disoccupazione, ma anche la sotto-occupazione e soprattutto l’inattività – delle donne, ma anche degli uomini, almeno al Sud.
L’aumento del lavoro a tempo parziale è cresciuto del 2,4 per cento e riguarda esclusivamente donne, che dichiarano che non si tratta di una loro scelta. Soprattutto, nel Mezzogiorno è poi aumentato il tasso di inattività, tra le donne, ma anche tra gli uomini.
Il tasso di attività complessivo nel Mezzogiorno si è ulteriormente ridotto rispetto a quello delle altre regioni, attestandosi al 52 per cento cioè 11 punti in meno del tasso nazionale e 17,8 in meno di quello del Nord. Nel caso delle donne la distanza è molto più consistente: quasi 15 punti in meno del tasso nazionale e 24 in meno rispetto al Nord .
L’aumento del tasso di inattività nel Mezzogiorno, tra le donne, ma ora anche tra gli uomini, per certi versi segnala una situazione ancor più grave dell’aumento del tasso di disoccupazione. Si tratta di forza lavoro scoraggiata, fuori da ogni circuito di “attivazione” e persino fuori da ogni interesse e preoccupazione pubblica. Si tratta sia di uomini sia di donne che, secondo quanto dichiarano, non cercano (più) un’occupazione perché pensano di non trovarla. Ma il loro ritirarsi dalle forze di lavoro li rende invisibili come problema da affrontare. E infatti di loro non si parla in questi giorni, in cui tutta l’attenzione, nazionale e internazionale, è concentrata sulla contabilità, pure drammatica, dei disoccupati.
Esistono delle conseguenze perverse dell’utilizzo del solo tasso di disoccupazione, in particolare femminile, come indicatore di area svantaggiata.Ad esempio la Calabria, che ha un basso tasso di disoccupazione femminile solo perché le donne hanno un bassissimo tasso di attività, è stata esclusa dagli incentivi dell’Unione Europea destinati alle imprese che assumono donne nelle “aree svantaggiate”.
C’è ora il rischio che l’abbassamento ulteriore del tasso di attività, e il coinvolgimento nel fenomeno di una quota di uomini, marginalizzi ulteriormente proprio le regioni più povere e a più basso tasso di occupazione rispetto a politiche orientate esclusivamente a contrastare la disoccupazione e sostenere il reddito dei disoccupati (e neppure di tutti).
Nel nostro paese il problema del lavoro, con le sue conseguenze per la vita dei singoli e delle famiglie, non riguarda solo la disoccupazione, ma anche la sotto-occupazione e soprattutto l’inattività – delle donne, ma anche degli uomini, almeno al Sud.
martedì 7 aprile 2009
Imbecilli sismici
Non mi interessa entrare nella "querelle" tra Giampaolo Giuliani e Guido Bertolaso, che ha definito il geofisico 'un imbecille' denunciandolo per procurato allarme. Non ne ho le competenze. Ma una considerazione invece la faccio: sarebbe ora che la Protezione Civile ritorni a fare il suo mestiere invece di occuparsi degli "affari del governo" (come i beni archeologici di Roma o il Polo Natatorio di Ostia o il G8 in Sardegna o la monnezza in Campania ... la lista è lunghissima). Sono stanca di vedere questa Italia in mano a pochi in nome dell'emergenza (neanche fossimo nel dopoguerra), o finta tale, non perché teoricamente incapace di fare prevenzione, bensì perché la ricostruzione, il dopo, l'allarmismo, serve alla mediocre, cafona e lassiva classe dirigente di questo paese a fare soldi. Tutto è diventato emergenza e in nome di essa si va in deroga a tutto, anche ai prinicipi costituzionali, al diritto, alle regole, al buon senso ... pur di speculare. E' una sconfitta dello Stato. Pochi, come ad esempio Bertolaso, poggiano le loro chiappe d'oro, in un numero di poltrone come se avessero un culo largo come la corazzata Potionkin. Solo 'un vero imbecille' può pensare di poter gestire bene così tante cose contemporaneamente.
"Una cagata pazzesca!"
"Una cagata pazzesca!"